Devianza minorile e sicurezza pubblica
La recente aggressione ad un vigile urbano, a Milano, da parte di tre ragazzi, e alcune dichiarazioni fatte da altri giovani coinvolti in risse (“ci danno forza e ci sentiamo meno soli”) offrono lo spunto per tornare sul delicato tema della devianza minorile e, delle svariate forme di condotte antisociali, anche penalmente rilevanti, da parte di soggetti minori di età, spesso in forma aggregata, e anche on line.
Un prezioso contributo sulla comprensione di tale fenomeno ci viene fornito dal Servizio Analisi Criminale (Dipartimento della Pubblica Sicurezza) con il documento “I minori nel periodo della pandemia” che sottolinea subito come “le restrizioni determinate dall’emergenza sanitaria hanno causato ai giovani la perdita dei ritmi della quotidianità nonché della socialità (a scuola come nello sport), con un maggior ricorso alla rete. I ragazzi hanno sperimentato un senso di smarrimento che li ha indotti, talvolta, ad assumere atteggiamenti devianti, in particolare mediante l’utilizzo del web e dei social network (…) il maggior ricorso alla rete ha accresciuto i rischi di venire a contatto con contenuti di carattere illecito sia quelli di un utilizzo distorto dei vari social network, con la commissione di condotte delittuose on line”.
Le “prepotenze virtuali” vengono poi amplificate tramite lo smartphone con la condivisione tra i vari gruppi di messaggistica istantanea, con lo scambio tra minori di immagini di pornografia violenta, di pestaggi, di uccisioni, di torture e di altri tipi di violenze con il grave pericolo di “traumatizzazione precoci e di influenze negative sullo sviluppo psicosessuale del giovane”.
Un mix di rabbia e di disagio connesso alla pandemia ha indotto i giovani a vere e proprie “sfide”, lanciate attraverso i social network con appuntamenti per dar vita a maxi risse in strada (in diverse città) spesso caratterizzate da gravi forme di violenza da “postare” sui social anche con finalità emulative. Naturalmente le forze di polizia non sono state a guardare e l’azione repressiva ha portato, nel corso del 2020, alla denuncia all’autorità giudiziaria in stato di arresto o di libertà, di 26.271 minori – sul totale di 801.372 persone complessivamente denunciate – e di 19.239, nei primi otto mesi del 2021, sul totale di 544.535 persone (i dati del 2021 non sono consolidati; quelli dell’intero anno saranno disponibili alla fine di marzo 2022).
Quanto alla distribuzione geografica dei minori come autori di reati nel 2021, il maggior numero di denunciati/arrestati si è avuto in Lombardia con 4.259 soggetti (Milano con 1.442), in Emilia Romagna con 1.829 (Bologna con 466), in Sicilia con 1.612 (Palermo 440), in Piemonte con 1.592 (Torino 948), in Veneto con 1.585 e nel Lazio con 1.494 (Roma con 1.214). Insomma, la criminalità minorile ha avuto maggiore incidenza nelle grandi aree urbane.
Relativamente, poi, all’incidenza media dei minori stranieri denunciati negli ultimi tre anni, essa si attesta intorno al 44,50% (46,11% nel 2021) con i marocchini in cima alla graduatoria, seguiti dai tunisini e dai rumeni.
Per quanto riguarda il coinvolgimento di minori nella criminalità organizzata, nel 2021, le denunce ex art.416bis c.p. (39) sono in aumento rispetto all’anno precedente (30) e si sono rilevate nelle regioni in cui le mafie sono storicamente radicate (in Calabria si è registrato il più alto numero con 21 minori denunciati).
Un altro dato significativo è quello sui provvedimenti di ammonimento per cyberbullismo (legge 2017/71) che, già aumentati nel 2020 rispetto all’anno prima, hanno registrato un picco nei primi otto mesi del 2021 con 104 casi.
La conclusione del rapporto del Servizio Analisi Criminale si compendia nell’auspicio di una “crescente promozione, da parte di tutti gli stakeholder, pubblici e privati, di iniziative didattiche, sociali, culturali, sportive, religiose, nel complesso di educazione alla legalità che coinvolgano gli “uomini del futuro”, i minori, rendendoli, il più possibile, partecipi del loro futuro”.
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