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La santità terra terra di don Tonino Bello

Tonio Dell'Olio * il . Chiesa, Diritti, Giustizia, Politica, Società

Nelle case della gente semplice di Molfetta, come nelle barberie e nei bassi del centro storico, non manca – affissa al muro o incorniciata sul comò come uno di famiglia – l’immagine di don Tonino Bello.

Per chi ne ha seguito da vicino l’azione pastorale e le scelte o si è innamorato degli scritti o, ancora, per chi si sente attratto dalla testimonianza e dal cammino tracciato dal vescovo di Molfetta, forse la sua Venerabilità, riconosciuta, sancita, decretata e dichiarata, appare come un atto eccedente o ininfluente.

La formula consueta recita: “Il Sommo Pontefice ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il Decreto riguardante le virtù eroiche del Servo di Dio Antonio Bello, Vescovo di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi (…)”. Ma l’ennesimo “miracolo anonimo” di don Tonino, si comprende dalla lettura più attenta di tutto il Decreto. Si legge ad esempio: “Nel 1985 venne nominato Presidente nazionale del Movimento Pax Christi, in cui si impegnò attivamente nella sensibilizzazione a favore dell’obiezione fiscale contro le spese militari e contro il piano di militarizzazione della Puglia, nonché per la pace a livello nazionale durante la prima ‘Guerra del Golfo’ e il conflitto nella ex-Jugoslavia”.

Sembra incredibile ma l’esame della venerabilità di don Tonino ha obbligato ad ammettere tra i “segni” peculiari alcune scelte che, nel tempo in cui furono compiute, non mancarono di suscitare dubbi, perplessità, malumori, dissensi e contrasti, nonché qualche richiamo ufficiale da parte della Congregazione per la Dottrina della fede o del presidente della Cei del tempo.

Uno di quei richiami riguardò proprio l’obiezione alle spese militari che – a dire dei guardiani della Dottrina e dei sacri canoni – avrebbe messo in seria difficoltà le buone relazioni tra Stato e Chiesa.

Insomma, se è vero che il riconoscimento della Santa Sede non aumenta la devozione degli estimatori di don Tonino che, in qualche modo già lo veneravano, si deve poter dire che proprio questo atto induca la Chiesa ufficiale a pronunciarsi su un impegno a favore della pace che non sempre era stato approvato e incoraggiato nel passato.

A leggere poi alcuni “studi” sul vescovo di Molfetta, presentati in certe pubblicazioni del tradizionalismo cattolico, don Tonino  – lungi dall’essere venerabile – sarebbe piuttosto un eretico. “In lui – si legge – la rivoluzione comunista si è fusa con la rivoluzione sessuale e liberale”. Fino a concludere che: “Beatificare o canonizzare Mons. Antonio Bello equivale, praticamente, in certo qual modo, a ‘canonizzare’ un modello assai discutibile, labile ed eterodosso di Pastore e di pastorale, con grave danno soprattutto per i giovani, i seminaristi e i sacerdoti”.

Insomma, il decreto sulla venerabilità di don Tonino impone alla Chiesa di Roma di scegliere da che parte stare e di riconoscere l’impegno per la pace come segno concreto per la costruzione del Regno.

Si rassegnino: don Tonino è santo non perché separato, come lascerebbe intendere l’etimologia del termine, ma perché al contrario ha scelto evangelicamente di legare la propria vita a quella dei poveri, delle vittime e degli oppressi.

Una santità terra terra che sceglie di guardare il mondo “avendo in corpo l’occhio del povero” per stare – come Gesù – da quella parte e contribuire a costruire la pace.

* Fonte: Rocca n°24 – 15 dicembre 2021

Rocca è la rivista della Pro Civitate Christiana di Assisi

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