Tina Merlin a 30 anni dalla morte
Trenta anni fa, il 22 dicembre 1991, era la domenica prima di Natale e Tina Merlin moriva. Le rivolgiamo un pensiero di affetto e di gratitudine.
L’abbiamo ricordata con un articolo l’ultimo lunedì di ottobre e, con solennità, lo scorso novembre al teatro comunale di Belluno. Un appuntamento promosso da Articolo21, la FNSI, il Sindacato Giornalisti Veneto insieme con l’associazione Tina Merlin, la rete delle scuole, diverse associazioni, la provincia di Belluno e molti dei Comuni del territorio dove Tina visse.
Lo abbiamo potuto fare anche per l’aiuto di Toni Sirena, suo figlio che, proprio in questi ultimi giorni sta promuovendo “La memoria delle Pietre”: un interessante lavoro di suo padre Aldo dedicato a Tina, aggiornato dall’Associazione Tina Merlin. Non è facile raccontare la complessità e la grandezza di una donna che non è solo Quella del Vajont: titolo di un libro di Adriana Lotto che di Tina tratteggia il profilo di una donna del Novecento “che del Novecento ha vissuto con passione e ragione gran parte delle vicende più importanti”. Non solo quella del Vajont ma quella che il Vajont ha ferito a morte.
Da corrispondente dell’Unità aveva cominciato fin dai primi anni ’50 a occuparsi della sua montagna, dei territori bellissimi pieni di problemi e di opportunità. Scrisse dei pericoli rappresentati dalla Diga in costruzione. Nel 1959 un articolo dal titolo “La SADE spadroneggia ma i montanari si difendono” racconta che la domenica di Pasqua Arcangelo Tiziani, mentre sta ispezionando i pendii attorno al lago artificiale a Forno di Zoldo, una grossa frana …“tonfa dentro l’acqua e si porta via l’operaio”. Il suo corpo non sarà mai ritrovato.
Fu denunciata per “aver diffuso notizie false e tendenziose atte a turbare l’ordine pubblico”. Il tribunale un anno dopo sentenzia che i fatti denunciati erano veri, che il pericolo c’era ed era grave. Ma tutto proseguì come prima fino al disastro.
Di mercoledì 9 ottobre 1963 alle ore 22,39, così scriverà Tina anni dopo nel libro Sulla pelle viva. “Sono le 22,39. Un lampo accecante, un pauroso boato. Il Toc frana nel lago sollevando una paurosa ondata d’acqua. Questa si alza terribile centinaia di metri sopra la diga, tracima, piomba di schianto sull’abitato di Longarone, spazzandolo via dalla faccia della terra. A monte della diga un’altra ondata impazzisce violenta da un lato all’altro della valle risucchiando dentro il lago i villaggi di san Martino e Spesse.La storia del ‘grande Vajont’, durata vent’anni, si conclude in tre minuti di apocalisse, con l’olocausto di duemila vittime.”
Le parole apocalisse e olocausto sono fortissime e testimoniano quanto il Vajont sia stato importante e doloroso a metà della sua storia adulta: partigiana Joe con il suo amato fratello Toni, il partigiano Bill ucciso il 26 aprile 1945; il matrimonio nel 1949 con Aldo Sirena, il partigiano Nerone; la nascita del figlio nel 1951 che chiamerà Toni come il fratello.
Tina due giorni dopo l’apocalisse scrive queste lucenti parole: “Sto scrivendo queste righe col cuore stretto dei rimorsi per non aver fatto di più per indurre il popolo di queste terre a ribellarsi alla minaccia mortale e che ora è diventata una tragica realtà. Oggi tuttavia non si può soltanto piangere. È tempo di imparare qualcosa”.
Una vita, la sua, coerente sempre, a partire dalla scelta di entrare nella Resistenza per la libertà e la giustizia. “Per una Patria dove anche i contadini e gli operai potessero riconoscersi e anche le ragazze-serve…”.
Per uno sguardo forte sulle donne la loro condizione e l’impegno non solo per l’emancipazione ma per la libertà, come aveva appreso durante la lotta di Liberazione contro il nazifascismo. Anche su questo terreno rintracciamo la sua “modernità” con un’idea forte della politica. “È proprio la politica che mi fa veramente vivere. Il mondo che sognavo da bambina, quand’ero a servire, mi s’è aperto, esiste, io esisto col mondo. …Non si potrà mai parlare di democrazia fintanto che le donne non avranno assunto il posto loro dovuto negli organismi pubblici ”.
Tina affronta anche il tema dei femminicidi e della violenza sulle donne. Lo fa con durezza nei confronti del “mostro” e con uno sguardo tenero nei confronti della vittima. I tratti della sua esistenza: studio e impegno assieme alla capacità di stare con le persone in carne ed ossa, di capire le situazioni, le sofferenze non solo della sua gente di montagna. Lo si vede in modo esplicito nelle riflessioni in cui racconta dei ceramisti di Nove e dei tessili della Marzotto di Valdagno e prima ancora delle donne operaie.
È un’autodidatta Tina, come è successo a molti “resistenti” che non avevano nemmeno la licenza elementare. Ha un rapporto forte con la madre anche se conflittuale. Scrive ad esempio “Lei prende sottogamba la mia professione. Prima di tutto perché le sembra impossibile, non crede ancora che sia davvero riuscita a raggiungerla senza andare a scuola e prendere un diploma, … … e poi perché non rende: scrivo per un giornale militante”.
E sul suo lavoro di giornalista scrive molte riflessioni, ecco alcune frasi: “I soprusi, le prepotenze della società elettrica erano …il pane quotidiano di ogni giornalista che avesse voluto parlare di ciò che stava a cuore dei montanari di queste vallate. Non rivelavo segreti non svelavo fatti misteriosi … riferivo quel che vedevo, quel che sentivo accadere attorno a me. Chiunque facesse questo mestiere avrebbe potuto scrivere le stesse cose. Altri ci hanno provato senza mai riuscire a leggere sul loro giornale quello che avevano scritto … Il coraggio e l’onestà di un giornalista non bastano per poter scrivere la verità su un giornale”.
Dopo la metà degli anni ’80 ritornerà a occuparsi delle sue montagne. E continuerà a chiedersi:”… Quale sarà lo sviluppo dell’umanità in senso economico ma soprattutto umano partendo da un dato di fatto: l’esistenza di nuovi saperi e nuove tecnologie capaci di fornire benessere ma anche distruzione … chi deve scegliere tra autodistruzione e sopravvivenza?”
Una riflessione e una domanda di grande attualità alla quale dobbiamo rispondere.
Fonte: Articolo 21
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Tina Merlin: una giornalista sempre tra la gente a raccontare
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