La diffusione della droga in Italia
Sommario: 1. Diffusione della droga in Italia – 2. Piante di cannabis, marijuana e hashish – 3. Interazione Cannabis-cervello – 4. Effetti della cannabis – 5. Considerazioni finali.
1.Diffusione della droga in Italia.
Quella delle droghe è una tragedia che affligge l’Italia da tanti anni. I dati purtroppo stanno peggiorando, con una forte recrudescenza del consumo e delle morti, specie in età più giovanili. Dati del Dipartimento per le Politiche Antidroga ci dicono che circa 650.000 giovani (il 19% degli studenti di 15-19 anni) ha assunto sostanze psicoattive illegali nel corso del 2020. Tra questi il 5.3% ha assunto due sostanze e il 4% almeno tre.
La Cannabis rappresenta la quota più ampia del mercato delle sostanze illecite, sia tra i giovani che tra gli adulti (in totale, 5.9 milioni di Italiani). Ne fanno uso poco più del 30% dei ragazzi e quasi il 21% delle ragazze. 90mila studenti riferiscono un uso pressoché quotidiano e 150mila un uso problematico. Il 21% degli studenti utilizzatori è a rischio di sviluppare dipendenza; il 4.9% nei 15enni, il 29% tra i 19enni. Ma salgono al 53% se poliutilizzatori.
Preoccupa il fatto che, dei ricoveri ospedalieri dovuti al consumo di droghe, il 12% sia dovuto ad intossicazioni da cannabis, un numero in crescita probabilmente correlato all’innalzamento delle concentrazioni del principio attivo, dato confermato dal fatto che il 7.2% delle utenze delle comunità terapeutiche lo è per la cannabis (mentre il 46% lo sono per cocaina/crack, e 28% per oppiacei). In aumento anche, all’interno dei servizi per tossicodipendenza, la quota di utenti presi in carico, per cannabis.
Certamente durante il lockdown lo spaccio di sostanze davanti alle scuole si è fermato, ma secondo l’European Drug Report del settembre 2020 c’è stata una larga immissione nel mercato di nuove droghe sintetiche con modalità di vendita differenti e maggiore coinvolgimento di internet.
Il mercato delle droghe muove attività per 16,2 miliardi di euro, di cui il 39% attribuibile al mercato della Cannabis e il 32% a quello della cocaina, aumentato negli ultimi 3 anni di 2.5 punti percentuali.
La battaglia per arrestare questo fenomeno non è facile. Anche se è importante vincerla a tutto campo per il bene del nostro Paese e dei nostri figli, c’è chi si chiede “se non sia meglio dedicare le limitate risorse dello Stato per combattere l’enorme traffico di cocaina e droghe sintetiche, piuttosto che inseguire micro spacciatori in possesso di piccole quantità di cannabis, arrestarli e rivederli agli angoli delle strade dopo pochi giorni” (Severgnini, Corriere della Sera, 2021). Secondo questa linea di pensiero, il vero fenomeno da combattere sarebbe il fiume di cocaina che ogni giorno invade le grandi città, mentre l’uso della cannabis andrebbe contrastato attraverso l’informazione, così come per il tabacco e i superalcolici, con un’opera di convincimento certamente lenta e parziale, ma non necessariamente inferiore a quella del divieto; ci sarebbe Inoltre la speranza che molti ragazzi, privati della possibilità di trasgressione, si allontanino dalla cannabis.
Il dilemma non è banale perché, dalla risposta che si dà, potrà dipendere l’atteggiamento sociale e istituzionale che si adotterà nel futuro.
Certamente ad altri competono le decisioni politiche, le azioni repressive e la lotta alla criminalità che della diffusione delle droghe si nutre. Ma è necessario che chi prende posizioni relativamente alle cosiddette “droghe leggere”, e chi legifera in merito, lo faccia basandosi su una conoscenza dei fatti. E i fatti, quando si parla di scienza, non sono modificabili.
Nel parlare di legalizzazione della cannabis si incorre spesso in un triplice equivoco, cosa che rende meno facile affrontare con chiarezza il problema:
1) Il primo è relativo alla confusione tra cannabis terapeutica e cannabis psicoattiva.
2) Il secondo si ha nel cercare di distinguere le droghe in leggere e pesanti.
3) Il terzo lo si compie quando si confonde la questione della legalizzazione con il problema di proteggere i giovani.
2. Piante di cannabis, marijuana e hashish.
La cannabis è la droga più utilizzata e diffusa a livello mondiale e viene ottenuta da una pianta erbacea a ciclo annuale, di cui possiamo distinguere due varietà, il chemiotipo CBD (cannabidiolo), non tossico e destinato ad usi agroindustriali e terapeutici (cannabis indica), e quello THC (9-tetra idrocannabinolo), fortemente psicoattivo (cannabis sativa). L’hashish e la marijuana sono costituiti dalla resina e dalle infiorescenze ottenute dalla varietà THC.
Molto è cambiato in questi anni nella coltivazione di queste piante. La sativa, che negli anni ’80 e ’90 aveva 1.5-4% di concentrazione di THC adesso arriva fino al 29%. Inoltre, per incrementare la velocità e l’intensità dello sballo (“high”), sono state introdotte nuove vie di concentrazione, come il riscaldamento (“dabs”) che permette di ottenere fino al 76% di THC, con maggiore rischio di intossicazione. Sono cambiati anche i prodotti contenenti cannabis (masticabili, estratti, sintetici, fumo, vaporizzazione, ingestione orale). In conseguenza di ciò, la tradizionale distinzione tra la più light marijuana (estratta dalle infiorescenze essiccate della parte femminile della pianta) e il più potente hashish (prodotto a partire dalla resina) ha perso in parte il suo significato. Oggi con gli ibridi e la grande varietà di metodi di coltivazione, ci sono canne fatte con certi tipi di marijuana più potenti di un corrispettivo fatto con l’hashish.
Poi vi sono i cannabinoidi sintetici, da 5 a 80 volte più potenti dei naturali, con vita-media estesa e maggiore durata degli effetti neurocognitivi (agitazione, coma, psicosi) a dosaggi più bassi. Molti di loro non sono stati ancora studiati sull’uomo.
La cannabis, legalizzata nel 1996 in California per situazioni mediche, quali nausea, perdita di peso, dolori, spasmi muscolari, è stata successivamente accettata anche per uso ricreativo. In seguito, molti stati ne hanno legalizzato la vendita, alcuni imponendo tasse aggiuntive. Oggi la cannabis ad uso ricreativo è usata nel mondo dal 4% della popolazione adulta. Ma questo dato aumenterà certamente con le possibili future liberalizzazioni, con la principale conseguenza che potranno aumentare i danni che ne derivano. Un referendum in Nuova Zelanda e il voto nel parlamento federale della Germania hanno recentemente rigettato la proposta di legalizzare l’uso ricreativo della cannabis (anche se il futuro cancelliere della Germania, Olaf Scholz, già parla di depenalizzazione della cannabis per gli adulti).
3.Interazione Cannabis-cervello.
Essendo una sostanza chimica con effetti psicotropi, anche la cannabis, come le altre sostanze illecite, agisce sul cervello legandosi ad alcuni recettori (CB1) presenti in diverse aree. Su questi agiscono normalmente gli endocannabinoidi, molecole prodotte dal nostro organismo, importanti per il normale funzionamento delle attività cerebrali. In particolare, il loro rilascio controlla la plasticità sinaptica, ovvero la capacità del sistema nervoso di modificare l’efficienza delle connessioni tra neuroni (sinapsi) e di instaurarne di nuove; sono sostanze essenziali per un’equilibrata attivazione neuronale, importanti per la maturazione del cervello e per la trasmissione degli impulsi da un neurone a un altro, senza cui il nostro cervello non potrebbe funzionare correttamente. I recettori CB1 sono di grande importanza per il normale funzionamento di molte aree cerebrali deputate a funzioni cognitive complesse e alla pianificazione dei comportamenti. Studi di neuroimaging hanno mostrato come il THC induca cambiamenti in aree cerebrali e neurotrasmettitori coinvolti, oltre che in molte funzioni vitali, nel controllo esecutivo ed inibitorio, nella memoria, apprendimento ed emozioni. La somministrazione di THC agisce anche incrementando il release di dopamina nel nucleo accumbens, meccanismo alla base della dipendenza di molte droghe. Altri studi mostrano effetti simili a quelli della cocaina.
L’uso della cannabis è associato anche a cambiamenti strutturali nella materia grigia di regioni fortemente associate con psicosi, incluse l’ippocampo, l’amigdala, lo striato, le regioni corticali prefrontale e le regioni cerebellari. Consumatori frequenti di cannabis che hanno cominciato prima dei 16-17 anni di età mostrano modificazioni cerebrali simili a quelle dimostrate nei pazienti con schizofrenia.
Molti studi indicano come frequenza ed età di insorgenza dell’uso sono le probabili variabili nel predire l’effetto della cannabis. Fattori negativi sono anche l’uso parentale di droghe, atteggiamenti permissivi verso il loro uso, disturbi mentali, sfavorevole educazione dei figli, numero di eventi negativi nella vita.
Vista l’importanza del sistema cannabinoide endogeno per la maturazione cerebrale, una sua perturbazione attraverso l’utilizzo di cannabinoidi esogeni o sintetici può influire in modo anche drammatico sul sistema nervoso durante le fasi maggiormente coinvolte nello sviluppo cerebrale, e cioè il momento della gravidanza e quello dell’adolescenza.
Nei paesi occidentali la cannabis è tra le droghe illecite più abusate dalla donna incinta. Negli USA, inoltre, il 15% delle donne in allattamento fa uso di cannabis. L’Associazione Statunitense dei Pediatri ha espresso forte preoccupazione per le conseguenze che i principi attivi della cannabis possono avere sullo sviluppo a lungo termine dei bambini, con il risultato finale di determinare un minore sviluppo di cellule cerebrali e delle loro connessioni, danni neurologici che possono protrarsi per tutta la vita, deficit nell’apprendimento, memoria, attenzione, e comportamenti aggressivi. Inoltre viene segnalata una maggiore tendenza a delinquere e a fare uso di droghe.
L’uso di droghe in gravidanza è inoltre causa di una nuova emergenza sanitaria che getta nello sconforto il mondo medico. Mi riferisco al drammatico problema dei bambini che vengono alla luce già in crisi di astinenza. In USA la percentuale di neonati che risultano positivi alla droga è cresciuta, dal 2014, fino a sfiorare, nel 2018, il 6% di tutti i parti. E l’uso in gravidanza è stato collegato, dall’American College of Obstetricians and Gynecologists, a pericoli per la sopravvivenza (bassi pesi alla nascita e aumentato rischio di mortalità).
Un altro momento delicato per l’evoluzione del cervello è l’adolescenza. Sappiamo che il cervello comincia la sua maturazione a partire dalla nascita, ma la completa tra i 20 ed i 21 anni. Il cervello dell’adolescente, quindi, non ha ancora completato il suo sviluppo e presenta una forte plasticità neuronale necessaria per la produzione di sinapsi, la mielinizzazione di fibre nervose e la formazione di recettori, processi fondamentali per la formazione del cervello adulto. Un cervello sotto l’effetto della cannabis sembra rallentare o compromettere il suo normale processo evolutivo, evidenziando deficit comportamentali (apatia, rallentamento motorio) e cognitivi (smemoratezza, rallentamento del pensiero). L’adolescenza, inoltre, è considerata un periodo critico per la corretta strutturazione dei processi emozionali e affettivi; da ciò deriva un’associazione aumentata tra uso della cannabis in questa età e rischio psichiatrico, ansietà, depressione, dipendenza e disordini psicotici, con il rischio di sviluppo di psicosi nella vita adulta. Uno dei più importanti fattori di rischio ambientali per schizofrenia è l’uso pesante di cannabis. Il 12% delle persone con disturbo depressivo maggiore e 1 su 4 con schizofrenia hanno disturbi psichici da cannabis.
Systematic review suggeriscono, per fortuna, una possibilità di recupero delle funzioni con l’astinenza, ma anche peggiori outcomes per storie di uso più severo, ancor più se con vari fattori di rischio associati (salute mentale, fattori psicosociali, ecc..). L’evidenza scientifica chiaramente indica che l’uso prolungato di marijuana porta a dipendenza in circa il 9%, secondo il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, 4th edition – DSM-IV). Ma il rischio sale dal 25 al 50% tra quelli che fumano giornalmente.
Secondo osservazioni negli USA, individui che regolarmente usano cannabis sono molto più disponibili ad usare eroina o cocaina che non individui che non ne fanno uso. La causa può consistere nella “gateway hypothesis”, secondo cui l’uso di cannabis aumenta il rischio di usare altre droghe illecite e sviluppare disturbi psichici. Non è chiaro se in ciò la cannabis abbia un effetto causale o se l’associazione sia spiegata da una disponibilità mentale all’uso di differenti droghe o ancora dalla facilità all’accesso al mercato della droga o dalla affiliazione con altri utilizzatori di droghe. La cannabis di per sé non porta al consumo di altre sostanze, ma al desiderio di alterazione mentale, sì. Quindi, se è questo che si cerca, si tenderà anche a sperimentare altro, e nel mercato delle droghe certamente non mancano le proposte alternative.
4.Effetti della cannabis.
L’assunzione di prodotti della cannabis determina inizialmente sensazioni di rilassatezza, di benessere, di disinibizione, cui si accompagnano però distorsioni olfattive e visive, e un rallentamento delle funzioni motorie, della parola, della capacità di attenzione, e molta sonnolenza. L’assunzione abituale può essere causa di molti disturbi neurologici, comportamentali e sociali, come hanno documentato già da tempo molti studi scientifici.
Riporto i dati pubblicati, nel 2014, da una delle più autorevoli riviste scientifiche al mondo, il New England Journal of Medicine (NEJM), e ripresi nel 2018 dall’American Academy of Pediatrics:
L’uso abituale di marijuana negli adolescenti provoca le seguenti conseguenze dimostrate:
1. Riduzione della memoria a breve e lungo termine, e del QI.
2. Difficoltà nell’apprendimento, con ricadute negative sul rendimento scolastico e alta probabilità di interruzione degli studi.
3. Disturbi della coordinazione motoria.
4. Riduzione della capacità di reazione durante la guida e conseguente aumento del rischio di incidenti.
5. Aumento di impulsività con diminuzione della capacità critiche di giudizio, cosa che può favorire eccessi d’ira e risposte esasperate agli stimoli esterni, in particolare nei casi con disturbi latenti della personalità.
6. Dipendenza: 9 persone su 100 diventano dipendenti da questa droga, 1 su 5 tra coloro che cominciano a usarla in adolescenza, 1 su 2 tra coloro che la usano quotidianamente.
7. Alterazioni dello sviluppo cerebrale nell’embrione, nel feto e nell’adolescente
8. Frustrazione nel raggiungimento degli obiettivi lavorativi e sentimentali
9. Aumento del rischio di disordini psichici fino alla schizofrenia, in particolare in persone fragili e con predisposizione.
La Federazione Mondiale di Neurologia (2016) segnala come l’uso di marijuana a scopo ricreativo comporti un rischio aumentato del 17% di ospedalizzazione per ischemia cerebrale, soprattutto nella fascia di età fra i 25 e 34 anni. Se associato all’uso di tabacco, il rischio sale al 31%, al 42% se associato a cocaina.
L’uso di marijuana è un fattore di rischio non solo cerebrale ma anche cardiovascolare con ipotensione arteriosa, vasocostrizione, aritmie cardiache e embolie cerebrali a partenza dal cuore, eventi che possono giungere fino alla morte.
Le conseguenze dell’assunzione di cannabis possono accentuarsi per il simultaneo consumo di altre sostanze, come l’alcol, che sono in grado di esasperarne gli effetti. Uno studio ha dimostrato che guidare sotto l’effetto contemporaneo di cannabis (che già da sola modifica la percezione della velocità dell’auto, il comportamento esecutivo e quello automatico) e di alcol aumenta di sette volte il rischio di incidenti stradali rispetto a chi guida avendo assunto una sola di queste sostanze.
Da quanto riportato sopra si evince come i problemi legati all’uso di cannabis non siano trascurabili e che pertanto non esistano reali differenze tra droghe cosiddette “leggere” e droghe “pesanti”.
A prescindere dal dibattito politico o ideologico sulla legalizzazione delle droghe leggere, e anzi a supporto di un confronto serio sull’argomento, gli studi condotti evidenziano la necessità di campagne d’informazione scientificamente fondate sugli effetti della cannabis. E’ importante che vengano anche chiarite ancor più le differenze, persino chimiche, tra la cannabis usata a scopo terapeutico e quella a uso ricreativo. Altrimenti i termini legalizzazione e cannabis terapeutica possono indurre l’opinione pubblica e soprattutto i giovani a pensare in modo acritico che le cosiddette “droghe leggere” non solo non siano dannose, ma possano persino apportare benefici.
5.Considerazioni finali.
Da quanto ho cercato di far capire lungo questo articolo, l’assunzione di cannabis è pericolosa a qualunque età perché capace di alterare la funzione di molti importanti meccanismi cerebrali. Il pericolo aumenta quando la sostanza viene assunta in un’età formativa per il cervello, e cioè in gravidanza o nel passaggio dall’infanzia all’adolescenza e fino all’età adulta.
Certamente la lotta alle organizzazioni criminali che con la droga si arricchiscono è un affare complesso che compete allo Stato. E speriamo che, rafforzando le leggi e perseguendo anche il mercato del dark web, si riescano a trovare soluzioni efficaci per salvare una generazione di giovani e, con loro, il futuro del nostro paese.
Ma da subito la battaglia deve essere combattuta nelle famiglie e nelle scuole, perché i giovani percepiscono sempre meno la cannabis come un pericolo per la salute. Attenzione e informazione: sono queste le parole chiave; attenzione a cogliere comportamenti dubbi e informazioni corrette sulle droghe. Prepariamo i nostri giovani a una resistenza contro la criminalità organizzata informandoli di quali possono essere le conseguenze, anche gravi, che, drogandosi o ubriacandosi, rischiano di portarsi dietro per tutta la vita. Diciamo loro che per una sola pasticca di qualche sostanza presa in discoteca si può anche morire e insegniamogli che non esiste una distinzione tra droghe leggere e droghe pesanti, perché tutte fanno male. Insegniamogli anche a meravigliarsi delle bellezze delle cose che ci circondano, a non estraniarsi dalla vita vera inseguendo surrogati della realtà che portano soltanto a un binario morto.
Come diceva Ovidio, esortiamoli a “Guardare in alto, rivolgere sempre gli occhi alle stelle, avere ideali, credere in essi e operare per la loro realizzazione”.
E allora cosa fare? Inizierei con un appello al Ministro dell’Educazione perché attivi, nelle modalità che riterrà migliori, delle ore di insegnamento dedicate a questo argomento, iniziando da subito dopo la scuola primaria, distribuendo materiale scolastico apposito, in modo da limitare le prime tentazioni alla trasgressione e trasformare i più giovani, da possibile bersagli di spacciatori senza scrupoli, in persone più consapevoli e capaci di difendersi. Una proposta potrebbe prevedere due ore obbligatorie l’anno dedicate all’argomento droghe, organizzando momenti di confronto e discussione, anche prevedendo la testimonianza di chi ha vissuto esperienze di droga e alcolismo, oppure di operatori di centri di recupero, con distribuzione di materiale informativo su questi temi.
L’età più delicata per i giovani sono i 12 anni, quando si cessa di essere bambini per diventare ragazzi, quando si comincia a uscire la sera da soli. Gli spacciatori si trovano fuori dalle scuole, all’angolo di un bar, nel web. I ragazzi sono ancora fragili, non hanno ancora sviluppato del tutto la parte razionale del cervello, è più facile che cedano alle lusinghe dei più grandi: provare non costa nulla e lo fanno tutti.
La lotta alla cannabis va vista, non solo come contrasto alla malavita, ma soprattutto come mezzo per proteggere i giovani, che sono il futuro del nostro paese. Lasciare gli spacciatori all’angolo delle scuole significa non interrompere mai quella catena che dall’approccio iniziale alla droga, “per gioco”, porta al consumo diffuso nella società e ad un alto numero di ragazzi tossico-dipendenti. La cannabis è la prima droga assunta da quelli che poi sono andati nei centri di disintossicazione; non tutti sviluppano dipendenza, ma nella maggioranza di quelli che l’hanno sviluppata, la cannabis è stato il primo approccio. E il primo anello di questa catena si spezza con un’azione che miri a togliere dalla mente dei nostri figli due assunti sbagliati: quello che esistano droghe leggere e quello che senza lo “sballo” non ci si diverta.
La legalizzazione della cannabis, che, come in tutti i paesi in cui è stata approvata, sarebbe valida solamente per persone adulte, agirebbe marginalmente sulla diffusione delle droghe in genere, e non eliminerebbe il mercato clandestino. Alla vendita illegale ricorrerebbero, non solo gli adulti in cerca di sostanze a più alto potere psicotropo di quelle vendute legalmente, ma soprattutto le categorie più deboli e meno protette, i giovani, ai quali sarebbe giustamente proibito l’accesso alla cannabis legale. La legalizzazione, inoltre, eliminerebbe un deterrente psicologico, quello della droga pericolosa per la salute: sarebbe un messaggio devastante che farebbe deragliare la legalità e i tanti anni di lavoro di prevenzione.
La vera questione della legalizzazione è che non sconfigge la malavita e lascia indifesi i più giovani, che sono il vero futuro, quello ancora sano, da proteggere. Quindi, facciamo prevenzione occupandoci dei nostri giovani e proteggendoli, e nel contempo facciamo una lotta spietata contro i malfattori che inondano il nostro paese di droghe, combattendo tutte le droghe.
Ricordiamoci che l’art. 32 della nostra Costituzione recita: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”.
Riquadro 1
I giovani percepiscono sempre meno la cannabis come un pericolo per la salute. L’azione verso loro deve mirare a trasmettere i seguenti messaggi:
1) Non è vero che l’uso di sostanze illegali sia innocuo o che soltanto l’eccesso possa essere pericoloso.
2) La proibizione delle droghe non è solo una forma di moralismo, ma serve a prevenire i danni che derivano dall’uso, anche solo in piccole dosi, delle sostanze illegali.
3) Non esiste una distinzione tra droghe “leggere” o “pesanti”. Tutte le droghe, così come l’alcol, agiscono a livello cerebrale e possono provocare danni permanenti al cervello, soprattutto se assunti in età giovane, quando il cervello è ancora in fase di evoluzione e devono ancora strutturarsi la personalità e le funzioni cognitive. Anche la cannabis agisce a livello cerebrale frenandone lo sviluppo e modificandone il funzionamento.
4) Il cervello dei ragazzi matura intorno ai 21 anni, e quindi prima di quell’età qualunque sostanza psicotropa altera il normale sviluppo cerebrale e può compromettere la vita futura.
5) Marijuana e hashish danno dipendenza nel 10% dei consumatori assidui, un numero alto considerando l’alto numero di persone che fa uso di cannabis.
6) La cannabis è la prima droga assunta dai ragazzi che poi sono andati nei centri di disintossicazione. Non tutti sviluppano dipendenza, ma nella maggioranza di quelli che l’hanno sviluppata, la cannabis è stato il primo approccio.
Riquadro 2
Perché sarebbe sbagliato legalizzare l’uso ricreativo della Cannabis:
1) Fa male, soprattutto ai giovani
2) Si eliminerebbe un deterrente, quello della droga pericolosa per la salute: sarebbe un messaggio devastante che farebbe deragliare la legalità e i tanti anni di lavoro di prevenzione. Potrebbe Incidere negativamente sull’educazione dei minori, che crescerebbero, sempre di più, nella convinzione che l’utilizzo di cannabis sia innocuo e socialmente condiviso.
3) In qualunque paese in cui l’utilizzo della cannabis è legale, il provvedimento non riguarda i giovani sotto i 21 anni di età. Pertanto la legalizzazione non eliminerebbe affatto il mercato clandestino. Quello della malavita organizzata continuerebbe a rappresentare un mercato a basso costo, con offerta anche di cannabis sintetica a più alto effetto psicotropo e quindi più pericolosa.
Alla vendita illegale ricorrerebbero, non solo gli adulti in cerca di sostanze a più alto potere psicotropo, non vendute legalmente, ma soprattutto le categorie più deboli e meno protette, i giovani, ai quali sarebbe proibito l’accesso alla cannabis legale.
4) Aumenterebbe la base di potenziali aspiranti alle droghe pesanti.
5) La malavita sposterebbe il tiro e tenderebbe a mantenere il mercato riconvertendo la sua attività alla distribuzione di altre sostanze più pericolose, come le droghe sintetiche.
6) Infine, ma più importante: l’art. 32 della nostra Costituzione afferma che “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”.
* Professore di Neurochirurgia di Humanitas Milano e Presidente della Fondazione Atena Onlus di Roma
Fonte: Giustizia Insieme
Trackback dal tuo sito.