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Lo sguardo dell’altro, la vera cura per noi Occidentali

Pierluigi Ermini il . Cultura, Diritti, Economia, L'analisi, Politica, Società

Mentre tutte le nostre città stanno illuminando le strade e le piazze con le luminarie, per aspettare l’arrivo del Natale, con una parvenza di luce e speranza, nella realtà traspare nella nostra vita quotidiana tutta la tristezza del nostro povero “moralmente ed eticamente” Occidente.

Ci siamo ammalati di virus, oltre che nel corpo, anche nella mente; ormai lui guida ogni nostra scelta, di vita sociale ed economica, definendo distanze che tra di noi stanno diventando “abissali”.

Tutto è incentrato su di lui, su questo piccolo coronavirus, che ci sta facendo perdere di vista, o mettere in secondo ordine, aspetti della nostra vita che un tempo erano al centro dei nostri pensieri.

Il confinamento in spazi e case ci ha resi ancor più individui e sempre meno persone. È una malattia mentale quella che ci sta colpendo e di cui siamo responsabili un po’ tutti.

La politica per prima, ma anche le nostre tv, i media, perché ormai per ascoltare un’altra notizia occorre aspettare 15’ di un telegiornale o far trascorrere un’ora di un talk show.

Quando ci incontriamo per strada è questo l’argomento che guida ogni nostra discussione, anche se intorno a noi diventiamo più poveri, meno solidali, più soli, il lavoro manca, la finanza ci stritola, le mafie avanzano anche nelle nostre terre del centro nord.

E non solo per il virus, ma per un sistema economico – finanziario che non è più compatibile con la vita del nostro pianeta, perché il binomio più produci e consumi e più sei felice e realizzato ormai non è più neanche un sogno.

Ci sentiamo da un lato assediati e al tempo stesso siamo noi stessi che non riusciamo a fare a meno di costruirci un muro intorno per cui fuori dal virus quasi non esiste più niente.

Il ricco Occidente muore per mancanza di sogni, perché la malattia ci avvolge e l’unico futuro sembra essere l’attesa della cura o del vaccino che ci permetterà di uscire dal recinto….

Ma intanto intorno a noi, impauriti di perdere i privilegi che abbiamo, il mondo si muove. Si muove quel mondo che vede nel virus un problema in più ai tantissimi che vive da sempre.

Per noi è talmente l’unico problema che stiamo solo pensando alla cura di noi stessi, ben sapendo che se una cura c’è è una cura globale che copre tutti. Noi, inventori della globalizzazione, ci stiamo sempre più intristendo per mancanza di comunità.

Preferiamo chiudere anche gli spazi aerei, anziché pensare a una politica che riprenda in mano le redini e operi per un vaccino portato in tutto il mondo

I globalizzatori moriranno di isolamento? I muri in questi ultimi anni li stiamo rialzando proprio noi Occidentali, da sempre illusi paladini e cultori dei valori della dignità umana. I muri come si sa isolano da due lati, e se da una parte ci stanno persone che per il sogno di una speranza mettono in gioco anche la vita, dall’altra ci siamo noi liberi che moriamo per mancanza di speranza.

Così noi occidentali ci avviciniamo al Natale, luminarie fuori, tristi dentro. Come triste era il giovane ricco del Vangelo che non sa fare quel passo che Gesù chiede per seguirlo….

Noi da sempre Cristiani, abbiamo trasformato, da quando il neoliberismo si è affermato sempre più con il dominio della finanza nel mondo, il Natale in un evento economico, e non in una nascita che porta la luce nel mondo.

Il Dio denaro e il sogno del consumismo senza limiti ci ha resi prima egoisti e poi talmente poveri dentro da diventare sempre più tristi.

C’è solo un uomo in questo declino “morale ed etico” dell’Occidente che sembra combattere contro questo destino e che continua a farci sognare: è Papa Francesco.

Oggi Papa Francesco nel suo viaggio in Grecia e a Cipro è tornato nell’Isola di Lesbo nel campo profughi dove sono ospitati, all’ingresso della nostra Europa, i profughi e i migranti che noi ci rifiutiamo di accogliere.

Ci era già stato 5 anni fa e allora aveva detto queste parole: “Chi ha paura di voi non vi ha guardato negli occhi. Chi ha paura di voi non ha visto i vostri volti. Chi ha paura di voi non vede i vostri figli. Dimentica che la dignità e la libertà trascendono paura e divisione. Dimentica che la migrazione non è un problema del Medio Oriente e dell’Africa settentrionale, dell’Europa e della Grecia. È un problema del mondo. I vostri volti, i vostri occhi ci chiedono di non girarci dall’altra parte, di non rinnegare l’umanità che ci accomuna”.

Due giorni fa Angela Merkel nel suo ultimo discorso da Cancelliere tedesco ha rivolto a tutti questo messaggio: vi invito a guardare il mondo con gli occhi dell’altro, anche di chi sentite più distante….

Allora guardando le luminarie dei nostri paesi, gli alberi illuminati e i colori, dove ci camuffiamo e pensando alla tristezza che ci assale, mi chiedo se non stia in questi due pensieri di un grande uomo e una grande donna la risposta per noi Occidentali per tornare a sperare: gli occhi dell’altro.

Non il volto in alto verso le luci o in basso per la tristezza, ma il volto a misura di persona capace di vedere nell’altro non il nemico come mi dice il virus e il mio egoismo, ma il compagno di strada che ha una sua storia da raccontare e che può farmi compagnia

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