“L’agibilità dell’informazione nei cortei no green pass non è garantita”. Appello di Articolo 21
Selvaggia Lucarelli aggredita da un maestro di boxe mentre seguiva per lavoro l’ennesimo sit in di protesta contro il green pass a Roma. È solo l’ultima dei cronisti trattati in questo modo, la più famosa.
Non passa giorno che almeno un giornalista o un videomaker, un fotografo, un operatore non venga preso a calci, insieme alle attrezzature, spintonato, insultato (quando va bene), inseguito. E sta diventando normale. Picchiare un giornalista (forse) non è più reato.
Non ci sono tracce finora di informative di polizia sulle aggressioni ai giornalisti, nonostante se ne contino ormai decine. E non c’è ombra di una svolta, di un qualche provvedimento che limiti la violenza impunita contro gli operatori dell’informazione.
Le regole introdotte di recente a tutela dei centri storici e delle sedi istituzionali sono state decise proprio in considerazione del potenziale di violenza dei cortei no vax e no green pass. Ma nulla finora è stato fatto per garantire l’agibilità della professione giornalistica. Gli operatori e i cronisti che si trovano sul luogo dei cortei sono dei lavoratori, oltre che un tassello della dell’informazione, dunque della nostra democrazia.
Cosa succederebbe se gruppi di automobilisti accelerassero nei cantieri stradali investendo, di proposito, gli operai che effettuano le manutenzioni su strade e autostrade? Stanno lì a lavorare per migliorare la nostra sicurezza e il nostro Paese e qualcuno, per scelta, li ferisce? Gli autori di una simile aberrazione resterebbero impuniti, come accade ai manifestanti che picchiano i giornalisti? Difficile.
E’ dunque possibile che, ancora oggi, i giornalisti non siano considerati lavoratori, cittadini come gli altri. Tanto che il Ministero dell’Interno non ha spiegato nemmeno quali siano le cosiddette “regole di ingaggio” nel cordone di sicurezza che si muove attorno ai cortei. I giornalisti una volta pestati di botte vengono lasciati soli a presentare la denuncia per lesioni e danneggiamento delle attrezzature sperando che li aiutino le immagini raccolte da colleghi, che fungeranno da prova nell’eventuale processo che partirà a carico dei responsabili.
Ma dopo queste denunce vengono aperti fascicoli d’inchiesta nelle Procure? Le vittime delle aggressioni, e chiunque presenta denuncia, vengono ascoltati dai magistrati? Quante di queste denunce arriveranno almeno all’udienza preliminare?
In aula giornalisti e videomaker avranno accanto la Fnsi e le associazioni di stampa regionali, come hanno più volte annunciato sia il Presidente della Fnsi, Giuseppe Giulietti che il segretario nazionale Raffaele Lorusso. Ma può bastare?
Chi, e soprattutto come, potrà continuare a documentare la sfida di poche centinaia di irriducibili allo Stato, alla salute collettiva e alla Scienza, in queste condizioni? E se questo pezzo di cronaca non sarà più raccontato cosa sarà della nostra democrazia?
Articolo 21 chiede alle autorità competenti subito risposte a queste domande e, a seguire, un intervento urgente e trasparente che garantisca ai giornalisti di seguire in sicurezza i cortei e che le violenze siano oggetto di autonoma informativa delle forze di polizia presenti a tutela dei luoghi, dei cittadini e dell’informazione.
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