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I diritti inviolabili della persona la strada da seguire per sconfiggere il liberismo economico

Pierluigi Ermini il . Cultura, Diritti, Politica, Società

La nostra vita oggi sembra essere in tutto determinata da un virus comparso quasi due anni fa che sta condizionando non solo la nostra salute,  ma la nostra convivenza sociale.

Il virus è al centro dei nostri pensieri, delle nostre azioni più della crisi ambientale che ci avvolge e di un sistema economico-politico come la globalizzazione che sta schiacciando e impoverendo miliardi di persone. Un mondo sempre più diseguale e in balia delle ingiustizie si fa largo da tempo tra di noi.

Si tratta di un processo iniziato molto tempo fa. Si assiste quasi inerti da 30-35 anni a un fenomeno per cui la quota di ricchezza della parte più agiata della società cresce, mentre si erode il risparmio della classe media e si amplia in modo insostenibile il numero delle persone più povere. Un fenomeno che già esisteva e che il coronavirus e la sua diffusione hanno solo allargato e accelerato, facendo esplodere tutte le contraddittorietà di un sistema economico e finanziario che non sta più in piedi.

In Italia si è rotto quel vincolo sociale di solidarietà che fino alla fine degli anni ’70 è stato determinante per il progresso (non solo per lo sviluppo economico) del nostro paese.

Se è vero che iI futuro si costruisce sulle spalle del passato, appare chiaro che noi siamo un popolo abituato a chiudere gli occhi sulla propria storia e che fa fatica a capire ciò che sta entrando prepotentemente in crisi. La grande novità sono gli enormi limiti del sistema neoliberista e il conseguente capitalismo senza freni.

La stessa Costituzione Italiana all’art. 41 stabilisce che “l’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana” . In pratica la libertà di impresa sia pubblica che privata deve essere indirizzata verso fini sociali. Vincoli ben precisi che il neoliberismo economico che ci sta dominando ha stravolto.

Storicamente in Italia con la fine degli anni 70 si ferma la più grande stagione di innovazione costituzionale (1978 il servizio sanitario nazionale, 1970 lo statuto dei lavoratori, 1975 il nuovo diritto di famiglia, 1974 la conferma del divorzio con il no al referendum abrogativo, 1970 l’istituzione delle regioni, 1978 la legge sull’aborto).

I primi 30 anni della repubblica sono gli anni d’oro per il riconoscimento dei diritti e l’emancipazione delle persone. Percorso che si lega anche alla crescita economica.

In quella stagione si affermano i valori del cattolicesimo sociale, della socialdemocrazia, del liberalismo democratico (la combinazione dei diritti individuali con il principio della sovranità popolare).

In quegli stessi anni in America Latina prima e in Europa e Stati Uniti dopo, si affermano altre ideologie che influenzeranno l’intero mondo Occidentale e daranno vita al processo di globalizzazione. A iniziare dalla dittatura di Pinochet che nel 1973 diede seguito alle idee della scuola di Chicago portando avanti idee come le privatizzazioni dei beni pubblici, i tagli alla spesa sociale, la riduzione della spesa pubblica, la fine dei controlli dello stato sui mercati.

Un processo che continuò negli anni 80 in Europa e in America quando si afferma una concezione neoliberista della società, che dal 1979 si è radicata democraticamente in Europa con Margaret Thatcher, che ha governato la Gran Bretagna per oltre un decennio. La Thatcher ha cambiato la gestione del potere con il mercato che tutto regge e regolamenta. Con lei inizia un percorso che tende a rendere meno forte il legame sociale tra le persone. In America questo pensiero viene portato avanti dal presidente repubblicano Ronald Reagan.

Da un punto di vista sociale si afferma l’individualismo, con una concezione del rispetto prima di tutto di se stessi e meno degli altri. Ma anche la politica come spazio di dialettica parlamentare perde di importanza.

Così non è un caso che nel 1975 i grandi signori del mondo riuniti nel cosiddetto Gruppo Bildeberg (che dal 1954 ogni anno si ritrovano per discutere del futuro del mondo) stilano un rapporto dove si teorizza che è necessario garantire una maggiore governabilità anche a scapito della democrazia.

La parole d’ordine diventa la ricerca di un’azione non basata sugli ideali, ma sugli obiettivi che sono principalmente economici.

Sono gli anni in cui alla parola progresso (basato su un’equa distribuzione delle risorse, sui diritti civili, sulla difesa della dignità delle persone) si sostituisce il termine sviluppo, che è principalmente sviluppo economico (basato sul mercato, sulla vendita di merci). Sono gli anni in cui si afferma il Pil, e la crescita di uno stato si basa soprattutto su questo dato.

Anche la società italiana dagli anni’80 in poi cambia. Si ha un fenomeno di sublimazione del mercato e la perdita di capacità politica da parte di partiti e movimenti.

Da qui è iniziato anche il fallimento della sinistra in Italia e della socialdemocrazia in Europa, che ha trovato il suo punto verticale nel Trattato di Maastricht.

Ancora oggi il neoliberismo vuole farci credere che non ci sono altre strade possibili, dove conta solo l’individualismo e non si corre alcun rischio se si arriva a una minore democrazia partecipativa e a un minor ruolo dello stato.

Ma proprio la pandemia, se da un lato ha accentuato le disuguaglianze e le ingiustizie sociali, dall’altro ci ha fatto capire come la sanità pubblica, un lavoro meno precario, un welfare più incisivo, un’istruzione aperta a tutti indipendentemente dalle possibilità economiche, siano oggi necessari per mantenere una vera convivenza civile.

Occorre uscire da una visione neoliberista che vede le forme di aiuto e di sostegno concesse alle persone in difficoltà come un favore e non come un diritto

Bisogna riscoprire che il diritto a un salario, a un lavoro, alla cura, alla conoscenza, sono essenziali nella vita di ogni essere umano, fanno parte della sfera della dignità personale che deve essere garantita a tutti.

Nel nostro presente, l’unico tempo che ci è dato di vivere, si deve ripartire da un nuovo percorso di realizzazione della nostra Costituzione.

L’Art. 3 comma 2 della carta costituzionale ha insito un vero progetto di affermazione del rispetto dei diritti e della dignità di ogni persona; anche il mercato deve essere al servizio dell’umanità e non solo di una sua piccola parte. Questo è l’inizio per uscire dalla barbarie che è alle porte.

Una redistribuzione della ricchezza sbagliata, un modello economico sbagliato, e un modello culturale sbagliato sono i tre pilastri da combattere in questo tempo così difficile.

L’aumento delle diseguaglianze si lega a una cultura patriarcale della società dove la cura e la ricerca del progresso umano sono state sostituite dal solo sviluppo economico e dalla ricerca dell’appagamento dei desideri dell’io a scapito di un noi.

Occorre uscire dalla logica dell’idolatria del denaro, diventato per troppi l’unica unità di misura della qualità della nostra vita. Si tratta di una battaglia politica che nasce dai diritti e dall’uguaglianza.

Si deve lottare per la sacralità dei diritti e la nostra è una battaglia che investe anche l’etica per non tradire la dignità di tutti gli esseri umani.

E per fare questo occorre una visione più ampia; non solo i diritti umani, ma anche quelli della natura. È necessario percorrere la strada della giustizia sociale e ambientale che, come ci ripete da tempo Papa Francesco, sono legati insieme in modo indissolubile.

Non c’è democrazia senza partecipazione e non c’è libertà senza giustizia sociale. Il grande tema resta la libertà che è la massima espressione dell’umana dignità.

La più grande umiliazione di una persona è la mancanza di libertà. Per porvi rimedio la strada giusta da seguire è dare applicazione, nel nostro paese, alla nostra splendida Carta Costituzionale.

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