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Nisida: i ragazzi che hanno sbagliato ripartono “con il bene e con il bello”

Valentina Busiello il . Campania, Criminalità, Cultura, Giovani, Società

Nisida è una piccola isola di origine vulcanica, appartenente all’arcipelago delle Isole Flegree.

Ospita l’Istituto Penitenziario Minorile che è uno dei migliori Istituti al mondo nel recupero e nella sicurezza dei minori. Una vista spettacolare a picco sul mare, dove si respira un’aria pura e di rinnovo sociale.

A primo impatto salendo i due chilometri di altura si affaccia un panorama mozzafiato, dove si ha l’impressione di trovarsi “in un castello o una fortezza” immerso nella natura, una sensazione di luoghi che parlano.

Abbiamo incontrato il Direttore Gianluca Guida dell’Istituto penitenziario minorile di Nisida.

Direttore Guida, l’Istituto penitenziario si affaccia in un posto strategico dal panorama mozzafiato, dove basta aprire una finestra per poterlo ammirare. Siamo sull’Isola, Nisida nel cuore di chi la vive, soprattutto di chi ogni giorno vi si reca per il lavoro. Ce lo conferma?

Una suggestione gratificante. Per noi è importante chi incontra questa realtà possa capire il lavoro che svolgono i tanti operatori, in particolare operatori di Polizia Penitenziaria. Sottolineo questo ruolo poiché molto spesso viene stigmatizzato in termini negativi, mentre invece la funzione della Polizia Penitenziaria è di fondamentale importanza; chi come loro lavora con i minori, da generazioni sviluppa una grande professionalità, ed un’altissima capacità di entrare in relazione con l’utente, accompagnando la custodia con capacità di accudimento e stimolo.

È bene raccontare soprattutto questo, così come si possono raccontare gli errori o le situazioni meno gratificanti che accadono purtroppo nel nostro ambito di lavoro. Spesso la Polizia Penitenziaria sono dei giovani, e quindi anche loro si confrontano con altri giovani, che hanno avuto storie diverse ovviamente e con esperienze diverse. La bellezza del posto poi è uno strumento attraverso il quale aiutare i ragazzi a riconoscere il valore del bello. Non del bello effimero, ma il bello del profondo, che permette alla persona di star bene con se stesso e con gli altri; un’armonia che si raggiunge anche attraverso la valorizzazione del contesto ambientale.

Nisida è bella perché è stata protetta dalla presenza di un Istituto Penitenziario, altrimenti probabilmente sarebbe stata deturpata e devastata come tante altre aree. Sapere che il bello va protetto e curato sempre. Sono più di 10 anni che portiamo avanti un progetto con i nostri giovani ospiti, che ha permesso di riprendere la cura dell’Isola, da un punto di vista naturalistico abbiamo recuperato percorsi, la memoria dell’Isola, la tradizione storica e la tradizione letteraria.

Direttore, a parte l’istituzione che rappresenta, lei è soprattutto una personalità molta vicina ai giovani. Ci illustra un po’ la funzione dell’Istituto penitenziario minorile di Nisida, soprattutto parlandoci dei bellissimi ed importanti progetti che vengono realizzati insieme ai vostri giovani ospiti?

Partiamo dalla considerazione della particolare posizione di Nisida. L’istituto Penitenziario Minorile di Nisida è sicuramente un Istituto di Pena speciale rispetto a tanti altri, poiché occupa una posizione abbastanza privilegiata, che non è stata nel passato. Nel senso che, per i molti anni l’area antistante. Nisida era una zona ad alta industrializzazione, non ambita e particolarmente inquinata. Per cui la presenza a Nisida di un Istituto di Pena non creava fastidio.

Ad oggi è un’area ad alta prospettiva di sviluppo economico, turistico, e sociale, si sono naturalmente accavallate molte attenzioni sicuramente legittime. Queste attenzioni ci hanno spinto a lanciare una sorta di sfida nel poter dimostrare che un luogo sano, bello, è un’occasione, un’opportunità per favorire il recupero di persone che sicuramente hanno fatto degli errori nei confronti della società, ma che è nostro interesse recuperare al bene comune e collettivo.

Cerchiamo di rimandare un messaggio di utilità generale, una persona detenuta che si abbruttisce o che si incancrenisce nella sua devianza è un cattivo servizio per la collettività, mentre invece una persona che recupera la positività delle dinamiche sociali, la relazione con il bene, e secondo la logica della cultura greca “con il bene e con il bello” inteso naturalmente come bello interiore, il bello che gratifica, è sicuramente una restituzione positiva per la collettività.

Nisida in questa prospettiva da anni cerca di lavorare utilizzando una strategia di intervento che parte dalla considerazione dei bisogni di cui i ragazzi devianti sono portatori, e che sono naturalmente bisogni che cambiano di generazione in generazione tenendo conto che le generazioni ora si susseguono con notevole frequenza.

Notiamo che ogni 3-4 anni la tipologia di utenza presenta caratteristiche diverse, più nuove rispetto al passato. Caratteristiche che naturalmente richiedono delle risposte adeguate, poiché non tutte le forme di devianza si affrontano nello stesso modo. Un esempio, un ragazzo che devia perché ha problemi di dipendenza, naturalmente prima ancora che qualunque intervento contenitivo ha bisogno di risolvere le condizioni del disagio che hanno determinato la dipendenza, così come un ragazzo che cresce in un habitat e in un contesto intriso della cultura dell’appartenenza criminale, prima di qualunque altro intervento ha bisogno di decontestualizzarsi culturalmente, mentalmente, dal modello di riferimento. E questo richiede un altro tipo di intervento e un altro tipo di azione. È sicuramente complesso, richiede tempo, fatiche, competenze, però è un’attività gratificante poiché permette in qualche maniera di dare risposte alle attese della collettività.

Naturalmente noi non usiamo “bacchetta magica” non è che risolviamo qualunque problema, ma proviamo a dare delle risposte che col tempo si rivelano degli strumenti utili per la persona che ha commesso degli errori e per la comunità familiare, ma soprattutto per la comunità sociale che dovrà ritornare ad interagire con il ragazzo stesso. Una competenza importante e fondamentale è la pazienza.

Direttore Guida, questi giovani ospiti quando avranno terminato il loro percorso nell’Istituto Penitenziario Minorile, ritorneranno ovviamente nel loro nucleo familiare?

Naturalmente dobbiamo immaginare che i ragazzi dopo aver terminato il percorso nell’Istituto Penitenziario Minorile rientreranno nelle loro famiglie perché tendenzialmente i ragazzi hanno una estrema povertà relazionale, e l’unica reale ricchezza è rappresentata da quelle poche relazioni affettive che li hanno nutriti, per quanto quelle relazioni potessero essere disfunzionali o in alcuni casi addirittura malate. Però sono le uniche che loro hanno avuto nella loro vita, e sradicare il ragazzo da questo tipo di relazioni sarebbe insano, poiché lascerebbe una ferita ed un vuoto. Aiutare il ragazzo ad affrontare con maturità e con senso critico la qualità di queste relazioni è il nostro obiettivo. Quindi non tanto una decontestualizzazione territoriale la dove il ragazzo non è pronto, ma stimolare la crescita di una capacità di leggere in senso  critico riuscendo a mettere in rapporto quella tipologia di relazioni, insieme con altre relazioni dove aiutiamo a costruire attraverso il percorso della detenzione.

Ci illustra i bellissimi progetti realizzati dai giovani ospiti, ma soprattutto i progetti sul recupero a cui dedicate cura ed attenzione?

Tradizionalmente lavoriamo su tre linee di azione. La prima è quella dell’alfabetizzazione culturale, naturalmente nella stragrande maggior parte dei casi, i ragazzi che arrivano a Nisida e che entrano nella devianza sono ragazzi che hanno una notevole povertà culturale e che con fatica hanno preso la licenza media, portandosi dietro dei gravi gap culturali, alle volte anche sin dalle scuole primarie. Questo, da un lato è  indicativo di un forte disagio che parte dall’età in cui erano bambini, prima ancora che adolescenti, ma è anche indicativo della difficoltà di questi ragazzi di riuscire a relazionarsi alla pari in una società in cui il livello culturale mediamente è comunque alto. Per cui rimarranno sempre marginali se non riescono a recuperare delle competenze di relazione culturale. Quindi l’alfabetizzazione culturale per noi è una priorità. La seconda linea di azione, è l’acquisizione di competenze nel saper fare.

Molte volte i ragazzi che deviano è come se non avessero mai sperimentato delle capacità, e questo naturalmente fa si che loro guardino alla devianza come l’unico strumento per potersi affermare nel contesto sociale.

Mentre invece non è cosi, molti dei ragazzi hanno veri e propri talenti, qualità che non sono state valorizzate, e non sono mai state nemmeno conosciute. Per cui il nostro compito è quello di dare ed offrire questa occasione, scoprendo soprattutto il valore della competenza professionale, cioè di imparare che un qualunque lavoro c’è una grande richiesta di impegno, costanza, capacità di collaborare in gruppo, fare squadra.

Tutte cose che generalmente non hanno avuto occasione di sperimentare, e che all’Istituto Penitenziario Minorile di Nisida molte volte sperimentano per la prima volta. La terza linea di azione, che a noi preme di più, è quella più delicata che lavora sul se dei ragazzi, va da un accompagnamento sui bisogni personali, magari in natura educativa piuttosto che non psicologica, sino a lavori di gruppo che vanno a toccare temi della loro esperienza un po’ delicati.

Tra questi ad esempio alcuni gruppi lavorano sul fenomeno delle dipendenze che possono essere dipendenze da sostanze stupefacenti, alcol, o ludopatie, che sono fenomeni sempre più frequenti. Altri gruppi lavorano sulle esperienze che hanno a che fare con il tema delle azioni violente. Per cui i reati che più spesso vengono commessi oggi dagli adolescenti che delinquono sono caratterizzati da questa violenza che molte volte non ha una ragione, e che ha bisogno di essere indagata, poiché se loro non riescono a capire perché c’è questa rabbia che diventa violenza, questa frustrazione che diventa agito, difficilmente riusciranno a superare la condizione di devianza e di criminalità.

Per noi questo percorso è estremamente importante. Un ulteriore attività di gruppo che portiamo avanti è quella che rappresenta un po’ il futuro della Giustizia poiché è un’azione di empatizzazione con il mondo delle vittime, propedeutica ad una possibile mediazione. Naturalmente non abbiamo gli strumenti e non siamo il contesto giusto per avviare un discorso tecnico di mediazione penale, però il nostro compito anche su input del nostro Dipartimento va nel senso di educare i ragazzi alla logica dell’incontro con l’altro, in maniera particolare dell’empatia con chi è stato vittima del reato. In modo tale che si possono creare delle precondizioni per ridefinire un collegamento, un ponte, almeno emozionale tra autore e vittima, con la speranza che poi un domani possa anche diventare un’occasione di ricomposizione. Ma naturalmente sono passi che richiederanno gradualità.

Tra le altre attività abbiamo elaborato un progetto chiamato “Percorsi Letterari di Nisida”, a scuola i ragazzi hanno fatto un lavoro di ricerca che gli ha permesso insieme ad insegnanti ingamba, di trovare decine di opere letterarie ispirate a Nisida. Il lavoro ha permesso ai ragazzi di capire il contesto nel quale si trovano, che non è solo un contesto di sofferenza, ma un ambiente di stimolo, poiché lo era per poeti, scrittori, e lo diventa anche per loro.

Tanti ragazzi, ad esempio, si sono lasciati coinvolgere dalla poesia. Abbiamo nell’ambito del percorso letterario voluto dedicare uno spazio al cosiddetto “Giardino dei Poeti” in cui abbiamo messo insieme poesie scritte da poeti di grande rilievo, a poesie elaborate da ragazzi che sono stati nostri ospiti, perché chiunque in un particolare contesto può lasciarsi suggestionare dalle emozioni che sono indicatori di vita.

Questo lavoro realizzato dai ragazzi, di recupero dell’ambiente, recupero della memoria, recupero delle emozioni, lo mettiamo a disposizione della città attraverso dei percorsi guidati, delle visite aperte al pubblico in occasione delle Giornate Fai, giornate promosse da Associazioni. Naturalmente, con le cautele del caso poiché Nisida è un microcosmo, queste occasioni possono permettere ai napoletani e ai non napoletani di conoscere la bellezza dell’Isola a 360 gradi, la bellezza culturale, quella ambientale e sociale del lavoro realizzato dai nostri giovani ospiti.

Sono stati scritti molti libri con i ragazzi, poiché c’è una linea di azione portata avanti in maniera particolare da alcuni docenti, e cito in particolare la Professoressa Maria Franco che ha lavorato per anni su questo progetto, che ha permesso di portare a Nisida scrittori contemporanei, che gratuitamente hanno scritto con i ragazzi, ogni anno scegliendo un tema diverso. Una sorta di testimonianza e una restituzione del loro vissuto, non in maniera cronachistica per sapere cosa hanno fatto, ma per sapere chi sono questi ragazzi che arrivano a Nisida. Alcuni libri sono stati pubblicati  da Guida Editore che  è stato molto vicino a noi. Da 10 anni a questa parte e quasi ogni anno esce una pubblicazione nostra.

Fonte: Giustizia Insieme

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