Bielorussia-Polonia: migranti come arma, muri di filo spinato
4.000 migranti quasi tutti irakeni o afghani presi tra due fuochi. Spinti dal regime bielorusso, cercano di attraversare la frontiera polacca ma trovano schierato l’esercito che li respinge. Varsavia: «Ci difenderemo». La Nato «pronta a intervenire», ma non si sa come. Bruxelles pensa a nuove sanzioni contro Lukashenko ma sospetta Varsavia che non vuole Frontex e lascia l’Ue al buio. Riparte il tam tam sovranista per finanziare i muri
Disperati usati come arma
Spinti dal regime di Minsk verso la frontiera con la Polonia e respinti indietro a colpi di lacrimogeni dalla polizia polacca. Tre e i quattromila migranti ieri tra due fuochi, usati da Lukashenko che li utilizza per punire l’Unione europea per le sanzioni adottate contro il Paese, e respinti quasi con ferocia dalla cattolicissima Polonia sempre contro Bruxelles, a farle pagare la costruzione di nuovi muri. Varsavia, ha schierato ormai 22 mila uomini alla frontiera est.
Fronte Est ed ecco la Nato
Ed ecco che la crisi dei migranti creata ad arte da Minsk rischia adesso di sconfinare verso scenari politici imprevedibili e pericolosi, come segnala Giuseppe Sedia sul Manifesto. «Con la Nato, chiamata in causa dell’ex presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, oggi leader dell’opposizione al governo populista di Diritto e giustizia (Pis), attenta a quanto accade e “pronta ad assistere gli alleati”, dall’altra parte, Mosca che difende e giustifica il regime bielorusso».
Checkpoint Kuznica
Zona di Podlachia, nel profondo nordest del paese, dove la voce di un buco nella rete delle recinzione avrebbe convinto i profughi a tentare il tutto per tutto. La maggior parte delle persone arrivate sul confine provenivano da una manifestazione organizzata dai migranti iracheni presenti in Bielorussia. E a Kuznica è successo di tutto. Esercito e polizia hanno utilizzato lacrimogeni per disperdere i migranti, mentre alcuni profughi hanno provato a sfondare le recinzioni utilizzato tronchi di alberi a mo’ di arieti.
Anche solidarietà popolare
In Polonia c’è anche chi continua a dare prova di solidarietà nei confronti di esseri umani usati come pedine di un gioco politico crudele che coinvolge Varsavia, Minsk e Bruxelles. Luci verdi all’esterno delle abitazioni dagli abitanti dei villaggi polacchi di confine per segnalare la propria disponibilità ad offrire soccorso ai migranti, passando per gli appelli firmati da personalità della cultura. Denuncia della «catastrofe umanitaria» al Consiglio d’Europa e al parlamento europeo le premio Nobel per la letteratura Svjatlana Aleksievic, Elfriede Jelinek, Herta Müller e Olga Tokarczuk.
Frontiera solo polacca, niente Frontex
Varsavia fai da te spera di poter gestire l’emergenza senza coinvolgere Bruxelles. Nessun coinvolgimento di Frontex né di Europol, «che potrebbe essere interpretato come un cedimento all’idea di sovranità che il Pis vuole continuare a trasmettere ai suoi elettori».
Nessun aiuto e occhio europeo in campo, è la sostanza, col sospetto che così Varsavia può operare indisturbata anche i respingimenti illegittimi, anche dei migranti già giunto in Polonia nel passato e che avrebbero diritto ad avanzare richiesta di asilo: come succede a tutti i migranti che sbarcano in Italia attraverso il confine marittimo del Mediterraneo.
Sovranismi o bassi opportunismi politici
«Sul fuoco soffiano i nazionalisti: non solo quelli polacchi», sottolinea Angela Mauro sull’HuffPost. Da Varsavia una chiamata alle armi per gli alleati sovranisti europei.
«Bisogna fare di tutto per andare in aiuto della Polonia, che deve affrontare una vera e propria aggressione migratoria!», scrive su Twitter Marine Le Pen, pronta a usare la questione come arma elettorale in vista della corsa per l’Eliseo l’anno prossimo.
Poi gli opportunismi parlamentari europei sul fronte dei muri da far finanziare all’Unione. Ad esempio l’elezione del prossimo presidente dell’Eurocamera a fine anno, dove già si colgono ammiccamenti sospetti.
Fonte: Remocontro
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