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Ddl Zan, beghe di palazzo e uno stop che brucia

Articolo 21 il . Cultura, Diritti, Politica, Società

Volano gli stracci nel day after del voto al Senato che ha messo una pietra tombale sul ddl Zan, la proposta di legge contro l’omotransfobia approvata dalla Camera ma che non vedrà mai la luce.

Se il centrodestra esulta per quella che ritiene una vittoria e rilancia con la richiesta di far partire l’iter del suo testo presentato a Palazzo Madama, come propongono Matteo Salvini e l’azzurra Licia Ronzulli, è invece guerra aperta nell’ex maggioranza giallorossa.

Il Pd torna a puntare il dito contro la “reazione sguaiata” dei renziani, colpevoli a dire del segretario dem Enrico Letta di aver contribuito ad affossare la legge (“Iv ha qualcosa da nascondere se reagisce attaccandoci”). Ma Letta si spinge oltre e arriva a decretare la fine del rapporto con gli ex compagni di partito: “Ieri si è sancita una rottura di fiducia a tutto campo con Italia Viva”, le sue parole. Il leader dem non ha dubbi sul fatto che al Senato in realtà si sia giocata ben altra partita, ovvero si sono fatte “le prove generali dei giochi per il Quirinale o di alleanze politiche”. Infine, l’ex premier si dice pronto a sostenere la raccolta firme per una legge di iniziativa popolare contro l’omofobia.

Matteo Renzi incassa ma non resta certo in silenzio a guardare e in un video sui social rispedisce al mittente le accuse, ricostruendo la sua versione dei fatti. Partendo da lontano, da quando prima dell’estate aveva “avvertito del rischio che al Senato i numeri non c’erano e bisognava cercare un accordo”. Ma, è ancora il ragionamento del leader Iv, Pd e M5s hanno “preferito puntare bandierine e per colpa loro la legge Zan è stata affossata”. Renzi denuncia quindi l’incitamento alla violenza (“sto ricevendo anche minacce di morte”, rivela) e contrattacca: “Letta mi aveva annunciato che avrebbe aperto” a modifiche ma poi “Pd e M5s hanno preferito il muro contro muro, un suicidio politico”. Infine, l’ex premier invita dem e pentastellati a cercare i franchi tiratori in casa loro: “Prendetevi le vostre responsabilità, avvete ucciso il ddl Zan. 23 voti di differenza vuol dire che ci sono stati almeno 40 franchi tiratori”.

Dura la replica di M5s e Pd. “Renzi? Io non l’ho visto in aula”, è la prima stilettata del capogruppo 5 stelle a palazzo Madama, Ettore Licheri. Che prosegue l’affondo: “Però ora l’amico di Bin Salman ci risparmi le sue lezioncine politiche. Se dall’Arabia Saudita avesse potuto assistere ai lavori d’aula, ieri avrebbe visto che la legge Zan ò stata sostenuta dal M5s con grinta e lealtà. Le chiacchiere stanno a zero: gli atti parlamentari dicono che se Iv avesse tenuto ferma la posizione precedentemente presa alla Camera, non ci sarebbe stata nessuna destra capace di impedirne l’approvazione in Senato”.

Non meno critica la replica dem: “Per noi non e’ una novità, Matteo Renzi ha dato ancora una volta dimostrazione di quel che è”, afferma Francesco Boccia. “D’altra parte cosa aspettarsi da uno che, il giorno in cui si vota un provvedimento come il ddl Zan, vola a Riad?”, chiede retoricamente.

Ma il fronte Pd-M5s non è compatto e le acque restano agitate anche all’interno degli ex giallorossi. “L’intera gestione della vicenda, da maggio ad ora, è stata certamente fallimentare”, è la critica dell’ex capogruppo dem Andrea Marcucci. “Franchi tiratori? Cercateli nel M5s, un gruppo parlamentare che sta vivendo una difficile transizione”, è la convinzione del dem Dario Stefano.

Sul fronte opposto, Salvini spiega che “è possibile ripartire subito dal testo del centrodestra che non coinvolge i bambini, non mette a rischio la libertù educativa nelle scuole, non introduce la teoria gender e non limita la libertà di espressione. L’obiettivo comune è punire chi discrimina, odia e insulta”. Osserva il leader leghista: “Il muro contro muro voluto da Letta non ha pagato”. E Giorgia Meloni rincara la dose: “Il ddl Zan lo ha affossato la sinistra. Se è passata la non procedibilità è perché nel voto segreto non ha votato una parte della sinistra, una parte di M5s e Iv, punto”.

Uno stop che brucia

“Con una lettera inviata direttamente alla Presidente del Senato, a inizio settimana abbiamo espresso tutta la nostra preoccupazione per la possibilità che la votazione di ieri di ‘non passaggio agli articoli’ potesse avvenire a scrutinio segreto. E che questa possibilità determinasse lo stop all’esame degli articoli e degli emendamenti del ddl, ovvero lo stop all’iter parlamentare del testo. La preoccupazione era purtroppo fondata. Come sappiamo, con 154 voti favorevoli e 131 contrari (con un rovesciamento di fronti rispetto alle previsioni di chi, ottimisticamente, presagiva un passaggio in aula senza sorprese), il Senato si è infatti espresso per il “non passaggio” agli articoli, decretando così – di fatto – l’affossamento del ddl”.
Con queste parole la Rete nazionale per il contrasto ai discorsi e ai fenomeni d’odio torna sul brutto stop subito in senato da una legge che era semplicemente il riconoscimento di diritti.
Nella nota l’associazione aggiunge: “Vista l’importanza sociale del provvedimento in discussione, fino all’ultimo abbiamo chiesto un voto palese per la seduta del Senato, e auspicato un esito positivo del confronto in aula, che portasse a una rapida approvazione del ddl per dotare anche il nostro Paese di una norma di civiltà e per garantire il rispetto della Costituzione. Così non è stato, e ancora una volta si è persa l’occasione di offrire una tutela a tutte le persone che, a seguito di questa votazione (la quale, è bene ricordarlo, non è neppure entrata nel merito della proposta normativa) non potranno avvalersi di un equo trattamento sul piano giuridico e di una piena cittadinanza sul piano dei diritti civili. Si tratta di una sconfitta bruciante per chi subisce discriminazioni per motivi di sesso, genere, identità di genere e abilismo. E si tratta di una sconfitta bruciante per la società tutta, privata di strumenti per contrastare discriminazioni, discorsi d’dio, hate crime, e per tutelare più efficacemente chi ne viene colpito. È una sconfitta che ci lascia molta amarezza. E non potrebbe essere altrimenti, visto il nostro costante e continuo sostegno al ddl Zan, e vista la grande battaglia civile e culturale portata avanti insieme a tante persone, con convinzione e determinazione. Ma è anche – proprio per questo – una sconfitta che ci chiede, oggi più che mai, di non arretrare di un passo nella difesa dei diritti umani e nel contrasto ai discorsi e ai fenomeni d’odio. E di continuare a batterci insieme alla società civile contro le discriminazioni e le diseguaglianze formali e sostanziali, e per i diritti di tutte le persone”.
Intanto proseguono in tutta Italia sit-in e manifestazioni che contestano quanto accaduto in parlamento e dimostrano ancora una volta il distacco tra il paese reale e quello rappresentato in aula.

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