«Lavoro precario, aggressioni, querele: governo e parlamento vogliono una informazione debole»
Intervenendo al corso di formazione su “I nuovi fronti di attacco alla libertà di stampa” organizzato da Articolo21 nella sede del sindacato, il segretario generale della Fnsi ha posto l’accento sulle sfide che la politica «non può non affrontare per garantire ai cittadini il diritto di conoscere». Giulietti: «Se non arrivano risposte sarà necessario convocare davanti ai palazzi delle istituzioni croniste e cronisti sotto scorta».
«L’informazione è sotto attacco, in Italia e non solo. Ma se le istituzioni europee si stanno muovendo per contrastare querele bavaglio e minacce ai cronisti, nel nostro Paese governo e parlamento non sembra vogliano farsi carico delle criticità che attanagliano un settore, quello dell’editoria, vitale per la democrazia. È facile esprimere solidarietà dopo un episodio di minacce o una querela temeraria, noi invece riteniamo sia necessario intervenire prima, con provvedimenti concreti a tutela del diritto dei giornalisti di svolgere il proprio lavoro e di quello dei cittadini ad essere informati». Così Raffaele Lorusso, segretario generale della Fnsi, intervenendo al seminario su “I nuovi fronti di attacco alla libertà di stampa” organizzato da Articolo21 nella sede del sindacato.
«In Italia – ha aggiunto – il fenomeno più visibile è quello delle minacce e delle aggressioni fisiche, che la pandemia ha esacerbato aprendo le piazze a nazifascisti e negazionisti. Ma non meno pericoloso è il fenomeno delle querele bavaglio, problema che da anni portiamo all’attenzione del parlamento, dove ancora giacciono i provvedimenti annunciati». Così come, ha incalzato Lorusso, «da anni è in corso un sistematico attacco alle fonti».
Senza dimenticare le condizioni di fondo in cui i giornalisti sono costretti a operare: un mercato del lavoro dove il precariato dilagante è un altro fronte di attacco all’informazione. «Giornali e siti di notizie sono sempre più “appaltati” a colleghi precari costretti a lavorare senza tutele e per pochi spiccioli. A scapito della qualità dell’informazione. Questo è un problema che non può riguardare solo il sindacato dei giornalisti, ma deve riguardare governo e parlamento: è un problema di democrazia», ha rilevato il segretario Fnsi.
E ancora: le fake news, lo strapotere dei giganti del web, gli attacchi in rete. E il nodo Ordine. «Serve un Ordine – ha ammonito – che faccia rispettare le regole della professione, che imponga il rispetto dei doveri, perché i giornalisti non hanno solo diritti. Bisogna far capire all’opinione pubblica e alla politica che il giornalista che sbaglia non può restare impunito. Gli errori dei colleghi danneggiano l’intera categoria».
A fronte di tutto ciò, «la politica volge l’attenzione solo a commissariare l’istituto di previdenza. Commissariare l’Inpgi – ha concluso Lorusso – significherebbe commissariare l’informazione e noi questo non possiamo permetterlo. La situazione dell’Inpgi è la conseguenza delle condizioni del mercato dell’editoria e del lavoro. È questo il tema da affrontare. Chi ha il potere di fare le regole dica chiaramente: crede che l’informazione italiana vada lasciata morire lentamente? Non possiamo permetterlo. Esiste nella politica italiana chi vuole affrontare i nodi dell’articolo 21 della costituzione? Noi siamo pronti al confronto».
Fra i relatori del corso di formazione anche Giovanni Tizian, del Domani, che si è soffermato sulle azioni temerarie “preventive” come metodo per impedire la divulgazione di inchieste; l’avvocato Giulio Vasaturo; Graziella Di Mambro, del direttivo di Articolo21; Paola Spadari, presidente dell’Ordine dei giornalisti del Lazio; il presidente della Fnsi, Giuseppe Giulietti.
«Querele bavaglio, fonti violate, iniquo compenso ai precari, minacce ai cronisti – ha snocciolato Giulietti –, a fronte di tutto questo assistiamo al silenzio delle istituzioni. Il sindacato c’è, è pronto a fare la sua parte. Se ci sarà richiesto ci costituiremo parte civile nei processi contro chi minaccia cronisti e giornali. Siamo già scesi in piazza per denunciare i rischi per l’informazione. Se non ci saranno provvedimenti urgenti sarà necessario convocare davanti ai palazzi delle istituzioni croniste e cronisti sotto scorta, minacciati, aggrediti mentre svolgono il loro lavoro e alzare il livello dello scontro per ottenere risposte concrete».
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