Il nuovo pub di Buzzi e i riferimenti alla criminalità romana: “Banalizzazione e mercificazione del male”
Salvatore Buzzi, l’imprenditore-imputato di Mafia Capitale apre Pub a Roma. Nel menù fioccano anche i riferimenti ai personaggi della malavita romana e della Banda della Magliana. Il commento di Luigi Ciotti
Salvatore Buzzi, l’imprenditore-imputato di Mafia Capitale si dà alla ristorazione. Tutto pronto per l’apertura del pub a Tor Vergata- Roma, preso in gestione dopo le accuse, le condanne, il carcere e i titoli in prima pagina. Nel menù fioccano anche i riferimenti ai personaggi della malavita romana e della Banda della Magliana: c’e il panino “Libanese”, dal soprannome del vecchio capo della Magliana Franco Giuseppucci, al “Freddo” alias cinematografico dell’altro capo Maurizio Abbatino, e poi il “dandy”, “er Bufalo”. E poi il Samurai, Er Secco e Genny.
Il commento di Luigi Ciotti, presidente nazionale di Libera
«L’apertura a Roma di un “pub” gestito da un protagonista dell’inchiesta “Mafia Capitale” – locale il cui menù offre pietanze dai nomi tratti dalla galassia criminale emersa dall’inchiesta – non è purtroppo uno spettacolo nuovo. Già nel 2006 in Spagna una catena di ristoranti aveva adottato il marchio – per fortuna annullato dieci anni dopo dall’Unione Europea – “La mafia si siede a tavola”, con tutta una serie di riferimenti che volevano essere folcloristici mentre erano solo volgari, offensivi, inaccettabili. Che ora un’iniziativa del genere si possa realizzare nel nostro Paese è motivo di profonda preoccupazione. È un segno evidente, infatti, di una progressiva banalizzazione e mercificazione del male. Siccome estirpare un male è troppo faticoso e mette in discussione assetti di potere più ampi, lo si normalizza, si finge che sia meno grave di quello che è associandolo a beni di consumo come il cibo. Un processo di addomesticamento delle coscienze che permette al male di persistere, ai suoi autori e complici di continuare ad agire spavaldi in esibita noncuranza per il bene comune sottratto e per il dolore inferto alle loro vittime».
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