Giornalisti in piazza a Roma: «Serve una legge per salvare l’informazione. Draghi ci ascolti»
«Riparte oggi la mobilitazione per chiedere, di nuovo e con più forza, al governo attenzione su un settore, quello dell’informazione, vitale per la democrazia. La professione è sempre più sotto attacco, ma ai messaggi di solidarietà che si ripetono ad ogni aggressione, minaccia o tentativo di imbavagliare la stampa non segue alcun atto concreto. Chiediamo a chi ha il potere e il dovere di fare i provvedimenti: meno solidarietà e più atti concreti».
Lo ha detto Raffaele Lorusso, segretario generale della Fnsi, aprendo la riunione straordinaria del Consiglio nazionale convocato in piazza, davanti a Montecitorio, per sollecitare interventi «strutturali e urgenti» a sostegno del settore. «Da anni – ha aggiunto – sono fermi in parlamento provvedimenti contro le querele bavaglio, per la riforma della diffamazione, contro il precariato dilagante. E, nonostante i ripetuti interventi del presidente Mattarella in difesa del lavoro dei cronisti, nulla è stato fatto. Le condizioni di lavoro vanno sempre più peggiorando: i lavoratori dipendenti espulsi dalle redazioni, i cococo trattati peggio dei rider, il tavolo sull’equo compenso fermo a dispetto dei proclami. E a fronte di questa situazione drammatica il governo cosa fa? Accende i riflettori sull’Inpgi, il cui dissesto è figlio proprio della distruzione di posti di lavoro e della precarietà, pensando di poter dare un colpo di spugna al sistema di welfare della categoria senza voler affrontare le criticità strutturali del settore».
Commissariare l’Inpgi, ha incalzato Lorusso, «significa andare a mettere le mani nelle tasche dei colleghi. Il commissariamento dell’Inpgi sarebbe il commissariamento della professione. Non possiamo permetterlo. Serve invece concertazione, serve una riforma strutturale del settore. Quello che chiediamo al governo è di affrontare le criticità del mondo dell’informazione convocando attorno a un tavolo le parti sociali. Riteniamo sia il momento di chiedere con forza questo confronto. Di fronte a un rifiuto sarà inevitabile alzare il livello del confronto e gli operatori dell’informazione non potranno che far sentire propria voce con forme di protesta più forte, come lo sciopero».
La presidente dell’Inpgi, Marina Macelloni, ha ricordato che i vertici dell’Istituto hanno presentato al tavolo tecnico voluto dal governo «una proposta per allargare la platea dei contribuenti che – ha rilevato – è stata valutata, è solida, è l’unica che, secondo noi, possa garantire l’autonomia dell’istituto e della professione». L’alternativa, incalza Macelloni, «è lo scioglimento dell’Istituto dentro l’Inps e noi siamo qua per dire che non lo vogliamo. Mantenere l’Istituto autonomo si può e si deve fare. I problemi dell’Inpgi sono una conseguenza dei problemi che attanagliano il settore dell’editoria da più di un decennio e che nessuno mai ha affrontato. Far sparire l’Istituto non è la soluzione. Se si affrontano i problemi si troverà anche la soluzione per l’Inpgi».
In piazza i rappresentati degli organismi della categoria, dalla vicepresidente del Fondo di previdenza complementare Simona Fossati, al segretario uscente del Consiglio nazionale dell’Ordine Guido D’Ubaldo, a Gianfranco Summo e Giampiero Spirito di Casagit, il presidente dell’Unione pensionati, Guido Bossa, Coordinamenti dei giornalisti precari e dei giornalisti esodati, il Comitato di redazione della Gazzetta del Mezzogiorno, i giornalisti del Gazzettino, Cristina Pantaleoni, presidente dell’Associazione nazionale giornalisti videomaker, Elisa Marincola di Report, Mattia Motta, presidente della Commissione lavoro autonomo della Fnsi.
A chiudere l’incontro il presidente della Federazione della Stampa, Giuseppe Giulietti. «Querele bavaglio, equo compenso, tutela delle fonti, aggressioni e minacce, i rider dell’informazione che “viaggiano” a 5 euro a pezzo – ha snocciolato – su tutti questi temi non servono più solidarietà, ma interventi concreti. Chiedo al presidente del Consiglio: perché mentre si discute di Inpgi non si parla anche di applicazione dell’equo compenso? Mi auguro che dopo questa iniziativa non arrivino decine di attestazioni di solidarietà dalle istituzioni e dalla politica, perché di solidarietà si può morire. Diteci piuttosto la data di approvazione dei provvedimenti. Chiediamo al presidente Draghi che riconduca a sé la trattativa sul grande tema che è la riforma dell’editoria. Basta annunci di tavoli cui non seguono fatti. Se prosegue l’assalto all’articolo 21 della Costituzione sarà necessario proseguire la mobilitazione fino, se necessario, allo sciopero».
Consiglio nazionale Fnsi, proclamato lo stato di agitazione: «Informazione sotto attacco»
A conclusione della manifestazione in piazza Montecitorio, il Consiglio nazionale della Stampa italiana, riunito in seduta straordinaria, udita la relazione del segretario generale Raffaele Lorusso e gli interventi dei giornalisti, proclama lo stato di agitazione della categoria con assemblee e manifestazioni fino allo sciopero generale.
«L’informazione italiana è sotto attacco da più fronti. Ogni giorno – si legge nel documento approvato al termine dei lavori – il lavoro dei giornalisti viene offeso e calpestato da minacce e aggressioni da parte di criminali, squadristi e negazionisti di varia natura. Fatti salvi messaggi di solidarietà dettati dall’emozione del momento, la politica continua a non farsi carico dei problemi, lasciando che proposte di legge presentate per tutelare i cronisti e il settore restino bloccate in parlamento».
Fino ad oggi, incalza il Consiglio nazionale della Fnsi, «sono rimasti inascoltati i numerosi moniti del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sulla necessità di difendere l’informazione in Italia. Mentre la presidente della Commissione europea annuncia una serie di misure volte in difesa di chi fa informazione e a sostegno del mondo dei media, il governo italiano, che si proclama europeista, non prende neanche in considerazione l’ipotesi di adottare misure analoghe per rafforzare il pluralismo dell’informazione, difendere i livelli occupazionali e contrastare il precariato dilagante».
Per contro, rilevano i consiglieri nazionali, «il governo ha messo nel mirino il welfare e la previdenza dei giornalisti preparandosi a commissariare l’Inpgi, l’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani. Situazione kafkiana quella dell’Inpgi, il cui disavanzo è il risultato dell’assenza assoluta di politiche volte a sostenere il mercato del lavoro e a difendere l’occupazione regolare. Dopo che governi di vario colore – prosegue il documento – hanno negli anni stanziato milioni di euro per bruciare i posti di lavoro attraverso i pensionamenti anticipati richiesti dalle aziende editoriali come unico rimedio alle crisi industriali, adesso si vuole commissariare l’Istituto di previdenza dei giornalisti italiani. In questo modo, si pongono le premesse per un taglio delle pensioni attuali e di quelle future e per lo smantellamento di un sistema di welfare costruito nel corso degli anni. È un disegno da respingere con forza perché è il primo passo verso il commissariamento di una professione che trova il proprio fondamento nella Costituzione e che è essenziale per la tenuta delle istituzioni democratiche».
Per questa ragione, il Consiglio nazionale della Fnsi «dà mandato agli organismi dirigenti di promuovere ogni iniziativa di sensibilizzazione e di lotta, anche a livello territoriale, coinvolgendo le redazioni. Il governo deve farsi carico della difficoltà di un settore industriale strategico per il Paese. È necessaria l’apertura di un tavolo fra governo e parti sociali che affronti le criticità del settore, individui le misure per accompagnare la fase di transizione e rilanciare l’occupazione e metta mano ad una nuova legge per l’editoria con una nuova ed estesa rete di welfare – concludono i rappresentanti sindacali – che possa sostenere le trasformazioni industriali».
Contro la precarietà e per la tutela del lavoro giornalistico, lettera aperta della Clan Fnsi a governo e parlamento
Una lettera aperta “sull’emergenza informazione, contro la precarietà e per la tutela del lavoro giornalistico”. La rivolgono al presidente del Consiglio, al governo e al parlamento i giornalisti della Commissione nazionale lavoro autonomo della Fnsi per «richiamare con forza l’attenzione – si legge nella missiva – sulle gravi e sempre peggiori condizioni di lavoro in cui versano in Italia i giornalisti non dipendenti, nonché sulla memoria “Emergenza informazione: contro la precarietà, per la tutela del lavoro giornalistico autonomo”, approvata e divulgata il 29 luglio 2021».
La memoria, ricordano il presidente Mattia Motta e il coordinatore della Clan, Maurizio Bekar, firmatari della lettera a nome della Commissione, «rivolta al presidente del Consiglio, al governo e al parlamento, sunteggiava alcune delle principali emergenze nel comparto dell’informazione dal punto di vista dei giornalisti lavoratori autonomi. Tra queste: politiche contro la precarizzazione e per il lavoro regolare, il diritto all’equo compenso (con ben tre leggi tuttora inapplicate ai giornalisti, per mancanza di norme d’attuazione), provvedimenti contro le querele bavaglio, i ristori Covid e i sostegni al reddito anche per i giornalisti autonomi senza partita Iva, chiarezza sul futuro dell’Inpgi, una radicale riforma dell’Ordine dei giornalisti e delle norme di accesso alla professione e, più in generale, norme contro lo sfruttamento del finto lavoro autonomo e aiuti ai datori di lavoro solo se vincolati all’occupazione regolare».
Nella lettera aperta, il cui testo è stato approvato per acclamazione nel corso della riunione del Consiglio nazionale della Fnsi, riunito a Roma in sessione straordinaria il 7 ottobre, si ricorda anche che: «Oggi in Italia la maggioranza dei giornalisti in attività non hanno contratti da dipendenti. Ma, per loro, la definizione di “autonomi” spesso cela una sostanza di ruoli da dipendenti non riconosciuti, e coincide quasi sempre con incarichi sottopagati, senza diritti, senza certezze e senza prospettive professionali e di vita».
Una situazione denunciata innumerevoli volte negli anni dalla Commissione, dagli organismi sindacali della Fnsi e da svariati giornalisti autonomi, anche tramite prese di posizione pubbliche, documenti e memorie rivolte al presente e ai passati governi e al parlamento, «sa senza mai ottenere riscontri concreti, al di là di generiche rassicurazioni di impegno».
I giornalisti non-dipendenti, si legge infine, «subiscono oramai da troppi anni condizioni di lavoro inaccettabili, in un contesto che non è esagerato definire di “emergenza informazione”. Per queste ragioni oggi ci rivolgiamo pubblicamente al presidente del Consiglio dei ministri, al governo e al parlamento, rinviando alla più recente memoria sul tema della Commissione nazionale lavoro autonomo della Fnsi e rivolgendo un appello a intervenire per attuare provvedimenti urgenti sui temi ricordati nel documento».
Per approfondire
La memoria della Clan Fnsi su “Emergenza informazione: contro la precarietà per la tutela del lavoro giornalistico autonomo” del 29 luglio 2021 è pubblicata nella sezione “Lavoro autonomo” del sito (qui il link diretto).
Fonte: Fnsi
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