Vaccini, le promesse di grandi donazioni di dosi non cancellano i diritti dei Paesi poveri
L’agenzia Airfinity ha comunicato che entro la fine dell’anno i Paesi del G7+Ue disporranno di oltre un miliardo di dosi di vaccino in eccesso e che entro tale data circa 100 milioni di dosi, delle quali 40 milioni nell’Unione europea, scadranno. Non risulta che tali dosi vengano donate alle nazioni che ne avrebbero necessità.
Per tale ingiustificabile decisione si può avanzare qualche ipotesi: non solo le donazioni devono fare i conti con le compatibilità del grande gioco geopolitico di controllo dei mercati globali che il vaccino sta ridisegnando, ma sembrerebbe (l’uso del condizionale è d’obbligo perché parti intere dei contratti sono ancora segretati) che in alcuni degli accordi firmati dai Paesi europei con Big Pharma vi sia una clausola che prevede che prima di donare i vaccini ogni governo debba chiedere l’autorizzazione all’azienda produttrice.
Quindi: abbiamo finanziato con soldi nostri la ricerca e la produzione di vaccini che, una volta disponibili, abbiamo riacquistato a caro prezzo dalle aziende alle quali abbiamo lasciato l’esclusività dei brevetti, ma, ciononostante, non possiamo disporre liberamente della merce acquistata. Complimenti a chi ha firmato a nome nostro tali contratti.
Quasi 5 milioni di morti
I dati li conosciamo: meno dell’1% delle oltre 5 miliardi di dosi di vaccino somministrate è andato a Paesi a basso reddito, mentre dieci nazioni si sono accaparrate il 73% dell’intera produzione. Secondo un recente rapporto di Amnesty, Pfizer e BioNTech hanno finora consegnato nove volte più vaccini in Svezia rispetto a tutti i Paesi a basso reddito messi insieme. Moderna non ha ancora consegnato una singola dose di vaccino a un Paese a basso reddito e non consegnerà la maggior parte delle sue forniture promesse alla Covax – l’iniziativa mondiale volta a un accesso equo ai vaccini – fino al prossimo anno. Moderna ha realizzato un fatturato di 4.4 miliardi di dollari nel secondo trimestre del 2021, rispetto ai 67 milioni dello stesso periodo nel 2020. Nel frattempo, a livello mondiale si sono superati i 4,7 milioni di morti.
L’Ue alleata di ferro di Big Pharma
La proposta avanzata all’Organizzazione Mondiale del Commercio (Omc) da India e Sudafrica, e appoggiata da oltre cento Paesi, di una moratoria di tre anni sui brevetti per i vaccini e i kit diagnostici e la condivisione del know-how è bloccata dall’opposizione dell’Ue, della Svizzera e dell’Uk. Il 13 e 14 ottobre è convocato il Consiglio Generale dell’Omc e dal 30 novembre al 3 dicembre si svolgerà la 12esima Conferenza ministeriale dell’Omc: quella sarà la sede per una decisione definitiva sulla proposta di moratoria.
In Europa continua la raccolta di firme sull’Iniziativa dei Cittadini Europei per raggiungere un milione di firme e obbligare, secondo quanto previsto dai regolamenti europei, la Commissione europea a sottoporre la nostra proposta alla discussione e al voto del Parlamento e del Consiglio Europeo. Nonostante la mobilitazione di oltre mille organizzazioni ad oggi sono state raccolte circa 216mila firme delle quali quasi 55mila in Italia. La campagna continua, ma è evidente la distanza dalle centinaia e centinaia di migliaia di firme raccolte per la cannabis legale e per l’eutanasia.
Eppure, in gioco c’è la vita di milioni di persone, tra le quali la nostra. Infatti, se in alcune zone del mondo il virus continuerà a circolare, moltiplicandosi svilupperà delle varianti maggiormente aggressive che circoleranno in tutto il mondo e quando arriveranno nel ricco e vaccinato Occidente non sapremo quanto i vaccini dei quali disporremo saranno efficaci. A differenza di quanto sostenuto dalla potentissima campagna mediatica orchestrata da Big Pharma, la proposta in discussione all’Omc è concreta e realizzabile; secondo quanto dichiarato dall’Oms, già ora, oltre ai Paesi tecnologicamente avanzati, anche India, Corea del Sud, Sudafrica e Brasile potrebbero produrre i vaccini, mentre nel giro di 4-6 mesi altre nazioni sarebbero in grado di riconvertire la propria filiera produttiva. La proposta di moratoria è stata presentata nell’ottobre del 2020, sono già stati persi undici preziosi mesi.
La carità pelosa
Le roboanti dichiarazioni del nostro governo, così come le conclusioni del G20 sulla salute, manifestano un vuoto assoluto di proposte; da un lato si limitano a riproporre soluzioni già mostratesi inefficaci, d’altra parte annunciano grandi donazioni di vaccini al sud del mondo. Ma l’elemosina non può cancellare i diritti e la carità non può sostituire la giustizia.
Oltretutto, siamo di fronte a donazioni annunciate ma non praticate: al progetto Covax è arrivato meno del 20% delle dosi promesse. L’8 settembre il governo italiano comunicava che “Uno dei primi Paesi a ricevere le dosi donate sarà il Vietnam, cui ne verranno consegnate 800.000 tra pochi giorni. Si tratta di un importante gesto di amicizia e di solidarietà nei confronti di un partner strategico per l’Italia nel sudest asiatico e nell’Asean”. Una carità pelosa che agisce in base agli interessi del donatore.
O riusciamo a obbligare il nostro governo e la Commissione europea a modificare la propria posizione, oppure non ci resta che sperare di non dover pagare nei prossimi mesi un enorme e ulteriore tributo in vite umane.
Il Fatto Quotidiano, il blog di Vittorio Agnoletto
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