La finta guerra all’oppio in Afghanistan
Il ritiro dall’Afghanistan delle forze militari americane e alleate annunciato a dicembre scorso dal presidente Trump e ultimato in questi ultime settimane, avrà sicuramente ulteriori ricadute sul traffico di droghe.
L’Afghanistan, lo ricordiamo, produce il 90% dell’oppio mondiale, è, da alcuni anni, il secondo produttore mondiale di hashish, dopo il Marocco e buona parte della sua economia si regge sul commercio di queste droghe.
Le politiche antidroga occidentali attuate nel Paese negli anni passati sono risultate un fallimento completo. Negli ultimi venti anni la produzione di oppio ha toccato il valore massimo nel 2018 (oltre 7mila tonnellate) con una estensione delle coltivazioni di papavero di circa 350mila ettari, quasi il quadruplo rispetto al 1999 (stimate in circa 91mila ettari).
I Talebani che in questi giorni hanno ripreso il controllo di tutto il territorio (in realtà lo hanno mantenuto anche durante la presenza americana) continueranno ad imporre le loro leggi, regole e attività illecite alle popolazioni locali fornendo protezione ai trafficanti e coltivatori ai quali richiedono, rispettivamente, una tassa del 10 e del 20% per i “servizi” prestati. Le attività dirette alla eradicazione delle coltivazioni di oppio svolte negli anni passati sono state gravemente condizionate dalla corruzione diffusa nei vari livelli degli apparati di governo.
L’unico periodo in cui si registrò un calo nella produzione di oppio fu nel 2009-2010 a causa di una malattia che colpì il papaver somniferum e non si è mai capito se si trattò di un parassita o di un erbicida spruzzato sulle colture dalle forze militari americane. Sono sempre stati fitti gli intrecci fra trafficanti (spesso gli stessi talebani), affaristi, protettori politici e terroristi. È noto, infatti, come a fianco dei Talebani siano operativi gruppi più semplicemente di criminali e non necessariamente fondamentalisti e vi siano contatti con i trafficanti che operano nei paesi limitrofi ove transitano le droghe di provenienza afghana e con le mafie attive nei paesi di destinazione, l’Europa soprattutto.
L’eroina consumata in Europa è di provenienza quasi totalmente afghana (in Italia, nel primo semestre del 2021, sono state sequestrati oltre 250kg di eroina). L’eroina è raramente ceduta nella sua forma pura e si presenta come eroina brown o bianca (cloridrata). Viene anche tagliata con altre sostanze tra cui la caffeina, la clorochina, la fenalftalina e il paracetamolo. L’eroina di elevata purezza è meno voluminosa rispetto a quella di bassa purezza e questo, ovviamente, consente un più facile trasporto.
Difficile avere un quadro generale dei vari gruppi di narcotrafficanti afghani in genere composti da una decina di persone appartenenti allo stesso villaggio che gestiscono il traffico dalla raccolta dell’oppio alla consegna ai laboratori. Questi ultimi sono gestiti da gruppi diversi e sono in contatto con i Talebani che assicurano protezione e lasciapassare per le rotte che portano in Iran, Pakistan e nelle Repubbliche Centro-Asiatiche. L’aumento delle coltivazioni di piante di cannabis è stato registrato anche nel 2020, con una stima nella produzione di hashish compresa tra le 1.500 e le 3.000 ton.
L’hashish di migliore qualità (“yak garda”) si ottiene praticando incisioni lungo il gambo della pianta in fioritura mentre per la seconda scelta (“du garda”) bisogna percuotere più volte il gambo con un bastone e ripetendo tale operazione si arriva ad una resina di terza scelta (“see garda”).
La resa della cannabis varia in relazione alle zone del paese in cui è coltivata tenendo presente che, mediamente, da un ettaro coltivato a cannabis si ricavano poco più di 2.700 dollari contro i 4.500 della stessa estensione coltivata a papavero.
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