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Pegasus Project: due anni fa l’inchiesta Mercenari Digitali lanciava l’allarme sugli spyware

Eleonora Zocca il . Criminalità, Informazione, Internazionale, Media, Politica, Società

Più di 180 giornalisti di tutto il mondo tra cui reporter ed editor di importanti testate internazionali e agenzie come Reuters, Financial Times, New York Times, CNN, Associated Press, sono finiti nel mirino di governi autoritari insieme ad attivisti e avvocati.

Un’estesa rete di sorveglianza tirata su tramite l’utilizzo di Pegasus, un particolare tipo di software di spionaggio in grado di estrapolare dai dispositivi infettati ogni tipo di messaggio, foto, email o chiamate, prodotto dalla società israeliana NSO Group.

A rivelarlo un consorzio di organizzazioni non governative e giornali, tra cui Amnesty International e The Guardian, raccolte intorno al “Pegasus Project”, le quali hanno potuto analizzare un leak di dati con più di 50mila numeri di telefono al suo interno.

All’interno dello studio, gli esperti forensi del dipartimento tech di Amnesty International hanno potuto analizzare i dispositivi delle persone vicine a Jamal Khashoggi, il giornalista saudita ucciso il 2 ottobre 2018 all’interno del consolato saudita di Istanbul. È stato dimostrato come già sette mesi prima della brutale uccisione del giornalista, nel cellulare della moglie di Khashoggi, Hanan Elatr, era presente il malware Pegasus. Così come il cellulare della fidanzata, Hatice Cengiz – la prima a dare l’allarme per la scomparsa di Khashoggi – è stato infettato quattro giorni dopo la sua scomparsa.

Secondo le analisi del consorzio, tra i clienti di NSO Group ci sarebbero Azerbaigian, Bahrain, India, Kazakistan, Marocco, Messico, Rwanda, Togo ed Emirati Arabi Uniti, oltre alla già citata Arabia Saudita, ma anche paesi molto più vicini a noi. Viktor Orbàn, a capo del governo conservatore di estrema destra in Ungheria, ne fa infatti ampio uso. È stata confermata la presenza di Pegasus sui dispositivi di diversi giornalisti appartenenti a testate indipendenti ungheresi.

In “Mercenari Digitali”, inchiesta finalista dell’ottava edizione del Premio Morrione, veniva affrontato il problema della sorveglianza digitale, in particolare dell’azione pervasiva di questi strumenti di controllo che vengono venduti ed esportati verso paesi autoritari anche con l’autorizzazione di paesi europei. Questo tipo di software rientra infatti nella categoria “dual use”, ovvero strumenti compatibili sia ad un utilizzo militare che civile.

All’epoca dell’inchiesta, nel 2019, con una richiesta di accesso agli atti (FOIA) abbiamo chiesto al ministero dello Sviluppo Economico i nomi delle aziende esportatrici in Italia e le rispettive destinazioni dei software prodotti, ma la richiesta ci è stata negata per “la tutela della sicurezza nazionale, della difesa e delle relazioni internazionali”.

Il leak di dati raccolto e analizzato da Pegasus Project dimostra quanto sia estesa la rete di sorveglianza tirata su dai governi autoritari di tutto il mondo. La società NSO Group nega ogni tipo di coinvolgimento nelle azioni di sorveglianza e definisce quelle del consorzio false affermazioni. NSO Group è di certo la società più grande e nota nel settore della sorveglianza, ma ci sono molte altre aziende che non sono (ancora) finite sotto i riflettori e che continuano ad “armare” agenzie governative e forze dell’ordine contro giornalisti e attivisti.

Che sia arrivato il momento per le democrazie di adottare una legislazione che porti a maggiore trasparenza e che renda le società venditrici e i governi acquirenti responsabili per questo tipo di azioni, anche perché nella sola Europa sono state individuate più di mille persone sorvegliate dal software Pegasus. A riprova che non ne siamo chiamati fuori.

Fonte: Premio Roberto Morrione

N.B. La vignetta è stata realizzata da Mauro Biani durante le giornate di premiazione 2019 del Premio Roberto Morrione.

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