La moglie e il figlio di Coco Trovato in aula per tentata estorsione
Era il 31 agosto del 1992 quando il boss della ‘ndrangheta Franco Coco Trovato veniva arrestato nell’operazione Wall Street della Direzione Distrettuale Antimafia di Milano.
Alla fine di quel procedimento, Coco Trovato venne condannato da allora in carcere al 41 bis con più ergastoli e i suoi beni sequestrati e successivamente confiscati, e alcuni, come la pizzeria Wall Street, restituita alla collettività con un progetto sociale.
A quasi trent’anni di distanza, e dopo un paio di false partenze a causa della pandemia, è entrato nel vivo questa settimana il procedimento penale per “tentata estorsione, aggravata dal metodo mafioso” a carico di Eustina Musolino e Emiliano Trovato, rispettivamente moglie e figlio di Franco Coco Trovato.
La seduta, al cospetto del collegio presieduto dalla dottoressa Nora Lisa Passoni – a latere le colleghe Martina Beggio e Giulia Barazzetta – è stata interamente dedicata all’audizione di Angelo Musolino, nipote e cugino dei due imputati, presunta persona offesa, costituitosi altresì parte civile e rappresentato dunque in Aula dall’avvocato Gabriella Cascini.
In aula il 41enne, di fatto, è l’unico testimone per il quale, con il consenso delle altre parti, la pubblica accusa – oggi sostenuta dal pubblico ministero Francesco De Tommasi della DDA di Milano in sostituzione della collega Bruna Albertini, titolare del fascicolo così come dell’inchiesta Metastasi che ha portato nuovamente dietro le sbarre anche Mario Trovato, fratello di Franco, suo erede alla testa della Locale di Lecco, recentemente mancato dopo aver contratto il covid – non ha rinunciato all’escussione.
Acquisiti infatti tutti gli atti a firma degli operanti della Questura di Lecco convocati per questa mattina in Tribunale così come le dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria da altri soggetti “chiamati a rapporto” per l’udienza di quest’oggi, accorciatasi dunque parecchio rispetto a quanto preventivato.
Depositate nel frattempo le trascrizioni delle intercettazioni operate nel corso dell’indagine (inclusa una ambientale di un colloquio in carcere tra Franco e i proprio famigliari) per le quali a inizio seduta l’avvocato Marcello Perillo, difensore della signora Eustina Musolino, ha eccepito l’inutizzabilità, istanza a cui si è associato anche il collega Davide Monteleone, legale di Emiliano Trovato.
Rigettata dal collegio, si è passati oltre, inoltrandosi dunque nei fatti denunciati da Angelo Musolino, pronto a mettere in chiaro come al di la del cognome comune, la sua famiglia non abbia più da anni rapporti con quella degli imputati. Proprio per questa ragione, nell’aprile 2017 si sarebbe sorpreso dei reiterati tentativi del cugino Emiliano – uscito da poco dal carcere dopo aver scontato una lunga detenzione – di mettersi in contatto con lui tramite Facebook, utilizzando tra l’altro anche altri profili a lui riconducibili come quello della moglie Simona Poerio, attualmente in attesa di giudizio, con il coniuge, per un episodio di furto.
“L’insistenza mi metteva timore” ha sostenuto la persona offesa, ribadendo in più passaggi della propria deposizione come, di fatto, a Lecco “la famiglia Trovato è conosciuta per reati di mafia”, restando però sul vago nel dettagliare i precedenti di suo padre, anch’egli a suo tempo finito al 41 bis, ottenendo poi uno sconto di pena per la collaborazione resa con gli inquirenti. “È una famiglia che ho disconosciuto a tutti gli effetti, ero arrivato a chiedere anche il cambio del cognome” ha asserito, ancora per giustificare la paura provata nell’essere finito all’attenzione di Emiliano. Paura rafforzata dall’aver notato poi a stretto giro, fuori dalla sede della sua azienda, la presenza di Alessandro Nania, indicato quale “soggetto legato a cose vecchie di famiglia”, anch’egli condannato – in abbreviato – all’esito di Metastasi.
Da qui la decisione di incontrare Sabrina Poerio, sorella di Simona, per spiegarle l’accaduto chiedendole di riferire al genero il suo desiderio di essere lasciato in pace, presentandosi al contempo anche in Questura per un esposto, cautelativo. La questione, all’apparenza chiusa, si ripropone però, nella versione di Musolino, a ottobre. Il 19 Emiliano, si presenta infatti negli uffici della EdilNord. “Se sono qui è perchè ormai siamo sul lastrico e mi devi aiutare” avrebbe detto, avanzando dunque una pretesa economica sotto la pressione di affermazioni come “o andiamo bene tutti o andiamo male tutti”, prima dell’arrivo della Polizia intervenuta su richiesta della persona offesa. Già il pomeriggio stesso, però, un’altra visita. In azienda – come si sente nella registrazione effettuata dal fratello dell’impresario – arriva zia Eustina che si sarebbe accomodata alla scrivania, “con sguardo cattivo. Se quello di Emiliano era cattivo, lei è andata oltre…” ha ricordato la parte civile riferendo la frase “Anche se Franco è dentro, ci sono io a fare le sue veci”, seguita da altra richiesta di denaro.
“Ho vissuto un incubo” la conclusione del 41enne, spiegando di essersi sentito con un’ombra addosso nel trovarsi il cugino in luoghi da lui abitualmente frequentati come un bar e una pizzeria dove, prima di allora, Trovato non era mai comparso e addirittura un altro soggetto da lui indicato come vicino al “clan” nei pressi dell’asilo frequentato dai sui figli, elemento che avrebbe accresciuto ulteriormente il suo senso di impotenza, tanto più – a suo dire – essendo le pretese avanzate dal ramo disconosciuto della famiglia legate a supposte questioni vecchie e a lui estranee.
Ha cercato invece di spostare il tema su “interessi comuni” l’avvocato Perillo in controesame, chiedendo al testimone delucidazioni circa le frequentazioni con i Coco Trovato (citato da Musolino anche un episodio in cui lo zio Franco gli avrebbe messo le mani al collo, da lui indicato per sottolineare come i rapporti fossero pessimi già prima del ’92 e servito invece al legale di Eustina per avere un riscontro della sussistenza delle relazioni) e circa i vari passaggi che lo hanno portato a acquisire la EdilNord. Il denunciante ha così parlato delle cambiali usate nel 1998 – appena 18enne – per acquisire delle quote di quella che ha definito come una impresa che allora “non valeva niente”, andando avanti per un certo periodo, prima di liquidarli, con i soci Virginio Pozzi e Emilio Tei, lo stesso Emilio Tei con cui il padre – ha ricordato il difensore – andò a processo, poi patteggiando, per una questione a suo dire legata proprio alle quote della EdilNord.
Ha invece cercato di indagare oltre sulle supposte pretese di denaro avanzate da Emiliano l’avvocato Monteleone, ricordando come il suo assistito in Questura, rendendo spontanee dichiarazioni, ha sostenuto di essersi limitato a chiedere al cugino un lavoro.
Aggiustato il capo d’imputazione su richiesta del PM alla luce delle affermazioni odierne di Musolino, la causa è stata rinviata al 27 settembre per il proseguo dell’istruttoria. Da sentire ci sono entrambi gli imputati.
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