Uno spettro si aggira per i TAR: Report
Report, la coraggiosa trasmissione della Rai che non chiede timbri e bollini a nessuno, è costantemente sotto attacco.
Non è, ormai, neppure una notizia, vista la perseveranza degna di miglior causa degli strali lanciati contro Sigfrido Ranucci e la brillante redazione del programma. Del resto, Report rappresenta un elemento eccentrico rispetto all’ordine costituito del pensiero dominante e alla sintassi informativa prevalente.
Che c’è di nuovo, però? Si tratta, questa volta, di una sentenza del Tribunale amministrativo del Lazio del 18 giugno. Gli atti della magistratura vanno rispettati e, naturalmente, vi sarà il livello successivo del Consiglio di stato.
Tuttavia, la lettura del testo desta più di un interrogativo. La vicenda si riferisce alla richiesta di un avvocato (Andrea Mascetti) in merito ad una puntata andata in onda lo scorso mese di ottobre. Si richiede, da parte dell’interessato, l’acquisizione dei materiali video che lo riguardano. Nella loro interezza. Tutto ciò sulla base della legge n.241 del 1990, che regola l’accesso ai documenti della pubblica amministrazione.
Piccolo particolare, forse sottovalutato dai giudici amministrativi. Nel caso in questione stiamo pienamente nel territorio della libertà di espressione e del diritto di cronaca, previsto e tutelato dall’articolo 21 della Costituzione. La Rai è una società per azioni e, secondo una antica e costante giurisprudenza, non può essere omologata alla pubblica amministrazione. La norma del ’90, infatti, fu immaginata per tutelare cittadine e cittadini nei procedimenti inerenti proprio all’amministrazione e ai diversi attori che ne sono la struttura portante. Insomma, è un pezzo di percorsi procedimentali garantiti contro i rischi di segretezza della burocrazia.
Se si applicasse la decisione della sezione terza del TAR del Lazio al complesso dei fenomeni mediali, vedremmo ridotta enormemente la facoltà del giornalismo di inchiesta di operare davvero, e forse di esistere. A parte, infatti, il tema del segreto professionale, verrebbero messi in causa i fondamenti medesimi della cronaca.
Il sindacato dei giornalisti della Rai è prontamente intervenuto. Ma la speranza è che la storia si chiuda al più presto, con la modifica della sentenza nel grado ulteriore di giudizio.
O si sovverte l’ordine degli addendi, e i cattivi diventano i buoni?
Fonte: Articolo 21
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