Denunciare l’estorsione in Sicilia: fatto ordinario o “rivoluzionario”?
Intervista di Andrea Apollonio a Giuseppe Condorelli
Giuseppe Condorelli è titolare dell’omonima azienda dolciaria siciliana, nota in tutto il mondo per i suoi torroncini. Ma è anche colui che di recente ha denunciato un tentativo di estorsione mafiosa, consentendo alla giustizia di fare il suo corso. Qualche anno prima aveva agito nello stesso modo: gli era stato chiesto il pagamento di una tangente e lui era corso a denunciare i fatti. Oggi, con moto d’orgoglio e d’ammirazione, viene cercato dai media del Paese per raccontare la sua esperienza, ma il cavaliere Condorelli si limita a dire: “ho fatto una cosa che dovrebbe essere normale”.
Abbiamo cercato di capire in che cosa consista questo tipo di normalità, oggi in Sicilia.
Lei ha denunciato un tentativo di estorsione mafiosa e ha fatto arrestare i responsabili. La notizia ha suscitato un notevole clamore: alcuni parlamentari hanno sventolato in aula i torroncini Condorelli, i giornali e le testate nazionali sono accorse ad intervistarla, l’opinione pubblica la vede come un “eroe”. Lei si sente tale?
Assolutamente no. Non mi sento affatto un “eroe”, anzi sono rimasto alquanto esterrefatto dell’eco mediatica che ha avuto la notizia. Da cittadino nonché imprenditore siciliano, ho sempre creduto nella legalità quale valore imprescindibile nell’esercizio dell’attività d’impresa.
Già in passato aveva subito richieste estorsive, e puntualmente aveva denunciato. Lo Stato, e quindi la magistratura e le forze dell’ordine, ieri e oggi, si sono rivelate pronte a fronteggiare le minacce e i pericoli che lei denunciava?
Anche in occasione di esperienze negative di tale genere, ho potuto constatare l’efficienza e l’efficacia nelle azioni delle istituzioni e delle Forze dell’Ordine a tutela dei cittadini che denunciano atti intimidatori e/o tentativi estorsivi.
Lei è un imprenditore di primo piano, i suoi prodotti sono esportati in tutto il mondo: chi in Italia non conosce i torroncini Condorelli? Dal suo punto di vista, privilegiato, che differenza corre tra essere imprenditore in Sicilia e altrove? E quanto pesano le dinamiche criminali della sua terra?
Certamente, non volendo essere retorico e non volendo esternare “ovvietà”, posso affermare che fare l’imprenditore in Sicilia è ancora più difficile che altrove. In Sicilia , l’imprenditore è consapevole di dover lottare non solo contro le dinamiche criminali, ma anche contro le inefficienze burocratiche degli apparati pubblici e, talvolta, anche contro il deficit infrastrutturale e logistico.
Nel linguaggio mafioso, l’operatore economico è in regola quando è sotto la “protezione” di qualcuno. Questo modo di pensare risale agli albori ottocenteschi del fenomeno, in cui i grandi proprietari terrieri dell’Isola erano costretti ad affidare la protezione dei loro interessi ai mafiosi con la coppola e la lupara. Eppure siamo nel 2021….
Sappiamo che le origini della Mafia in Sicilia risalgono alla fine dell’ottocento con i primi movimenti dei “fasci” e successivamente con l’incedere dei mafiosi che taglieggiavano i grandi proprietari terrieri. Oggi sono cambiati i soggetti mafiosi e le loro dinamiche operative, ma fortunatamente c’è una maggiore coscienza civica nella lotta contro ogni forma di estorsione .
L’imprenditore siciliano come percepisce il fenomeno mafioso? Come un retaggio storico, un passato lontano, oppure un rischio concreto per l’attività di impresa? E come, dal suo punto di vista, l’imprenditore dovrebbe intendere il fenomeno mafioso?
L’imprenditore operoso, onesto e che ama il suo lavoro non può e non deve scendere a compromessi con i soggetti mafiosi.
Cosa si sente di dire ai suoi colleghi che, pur con le difficoltà del momento, nell’esercizio dell’attività di impresa credono sia “meglio” pagare il pizzo?
Direi che “denunciare conviene”! Oggi, la denuncia è l’unica azione che deve intraprendere l’imprenditore se vuole salvaguardare la propria impresa e soprattutto il futuro della stessa.
Lei, dalle colonne di un giornale, ha affermato rivolgendosi ai suoi estorsori se li avesse avuti di fronte: “Capisco che nella vita si può anche sbagliare, ma gli direi che non è questo il modo di vivere. La strada corretta è quella della dignità, dei valori, del lavoro. Non c’è alternativa, devono cambiare”. Le sue parole sono disarmanti, straordinariamente semplici, e da esse si coglie un messaggio di speranza per l’intera Sicilia: non c’è alternativa alla legalità. Vale per i mafiosi, per gli imprenditori, per le istituzioni. E’ così?
Assolutamente sì! Nella vita di ogni uomo esistono dei valori fondamentali quali: dignità, legalità e onestà. Ecco perché anche i soggetti mafiosi possono redimersi nel tempo e possono cambiare.
Pochi giorni fa ricorreva l’anniversario della morte di Giovanni Falcone: egli all’inizio degli anni Novanta affermava sconsolato: “Oggi in pratica quasi tutti pagano la tangente”. Se oggi Falcone fosse ancora tra noi, e avesse davanti la nuova imprenditoria siciliana, pronuncerebbe le stesse parole?
Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sono i veri “eroi” dei nostri tempi. Grazie a loro che hanno pagato un prezzo elevatissimo con le loro vite spezzate da un vile e barbaro attentato nel 1992, oggi la Sicilia e gli imprenditori siciliani hanno preso le distanze dai fenomeni mafiosi. Credo che, anche oggi, Falcone avrebbe continuato la sua lotta contro la mafia con lo stesso impegno e con la stessa caparbietà di allora.
Sono stati giorni difficili, in cui i riflettori erano puntati su di lei. Una domanda forse molto personale: la sera, prima di addormentarsi, a cosa pensa?
Penso alla mia famiglia, alla mia azienda e al bene sviscerato che provo nei confronti della mia terra. Sogno un futuro migliore per i miei figli e soprattutto un futuro scevro da qualsiasi forma di sopruso e prepotenza.
È stato detto che l’invincibilità della mafia non esiste, dipende da noi: è così?
Non credo che la mafia sia invincibile, perché, il successo della lotta dipende solo da noi.
Occorre cambiare la cultura sociale soprattutto nei soggetti più giovani e per fare ciò occorre anche l’aiuto e la collaborazione di chi ci governa.
Fonte: Giustizia Insieme
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