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Anni di piombo. Ma non si può cancellare il male

Gian Carlo Caselli * il . Giustizia, Memoria, Società

La Francia ha arrestato sette terroristi italiani (altri tre sono riusciti a fuggire), condannati dalla nostra giustizia per vari delitti. I più gravi, 8 omicidi, un tentato omicidio e due sequestri di persona. Le condanne sono quattro ergastoli o pene detentive dagli 11 ai 18 anni.   

Da tempo i terroristi erano riparati in Francia, insieme ad altri “colleghi”, sembra circa 200. L’eventuale estradizione in Italia degli arrestati è ora di competenza della Corte d’appello di Parigi. Una decisione definitiva arriverà solo tra un paio d’anni. Nel frattempo, in teoria, potrebbero essere disposti arresti domiciliari o scarcerazioni. Di certo non mancheranno polemiche anche aspre.

Premettendo (ci mancherebbe!) di essere contrari a certe idee e di avere il massimo rispetto per le vittime, c’è chi già comincia a chiedere che senso abbia, a decine di anni di distanza dai fatti, avercela ancora con persone anziane (tutte di circa 65 anni, salvo una di 78) che – si sostiene – sono cambiate e si sono inserite. In verità avrebbero potuto cambiare anche molto prima  costituendosi in Italia.

Tutti i terroristi (salvo quelli assolutamente irriducibili) sono ormai fuori o godono di semilibertà. Si tratta in alcuni casi di “pentiti”, nella stragrande maggioranza di detenuti che hanno fruito della legge del 1987 sulla dissociazione.

Una legge assai generosa – di fatto una sorta di amnistia – che sulla base di una semplice dichiarazione di abbandono della lotta armata con generica ammissione dei fatti commessi concedeva robusti benefici di commutazione (per es. dall’ergastolo alla reclusione) e  riduzioni di pena. Un’opportunità di reinserimento per chi, condannato o sotto processo per fatti di terrorismo, volesse coglierla. Gli esiliati in Francia non ne han voluto sapere? Per loro la giustizia italiana non ha mai meritato neppure un gesto di riconciliazione? Sono loro scelte.

Che non possono cancellare il diritto-dovere dello stato italiano di non far finta di niente se in giro per il mondo ci sono assassini impuniti, che non hanno mai fatto nulla per riparare i danni causati, in particolare risarcendo in qualche modo le vittime. Non si tratta di mostrare i muscoli sempre e comunque, rifiutando ogni altra via.

E’ giusto, per quanto difficile sia, cercare forme di risposta capaci di ricomporre una comunità ferita, lacerata da violenze profonde. Ma senza sminuire o peggio cancellare il male con un tratto di penna.

Il male resta male, quindi nessun buonismo, perdonismo, giustificazionismo. Sarebbe vanificare la giustizia (come in fondo fanno coloro che riconducono gli arresti alla categoria della “vendetta”).

E se mai gli arrestati fossero estradati in Italia, potrebbero constatate che il nostro, con tutti i suoi difetti, è uno stato democratico che rispetta i diritti anche di coloro che lo volevano abbattere, colpendo (con omicidi, gambizzazioni e sequestri) persone scelte come simboli da eliminare per soddisfare la propria impazienza avventuristica.

* Fonte: Corriere della Sera – Torino, 29/04/2021

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