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Criminalità nigeriana e tratta degli esseri umani: aguzzini ma anche vittime

Piero Innocenti il . Criminalità, Migranti, Società

La criminalità nigeriana in Italia, da anni tra le primissime posizioni nell’ambito del traffico/spaccio di stupefacenti, detiene due primati: quello delle persone denunciate per i delitti collegati alla tratta di esseri umani e quello delle persone che risultano vittime di tali odiosi reati.

Sono i dati elaborati ad aprile dal Servizio Analisi Criminale del Dipartimento della Pubblica Sicurezza a darne conto con il numero complessivo, nel quadriennio 2016-2019, di 871 nigeriani denunciati all’autorità giudiziaria (per riduzione in schiavitù, tratta di persone, acquisto e alienazione di schiavi) sul totale di 1.544 persone, seguiti dai romeni (245), dagli italiani (208) e dagli albanesi (62).

Nel 2020 (dato non stabilizzato) i nigeriani sono sempre in pole position con 144 denunciati sul totale di 254 ed anche in questo caso seguiti dai romeni (37), dagli italiani (32), dagli albanesi (10), bulgari (4), bangladesi(4), serbi (3). Tuttavia, relativamente ai denunciati per il delitto di riduzione o mantenimento in schiavitù (art.600 c.p.), nel 2020 gli italiani sono primi (è ben noto il triste fenomeno dello sfruttamento lavorativo dei migranti in alcune regioni italiane) con 30 segnalazioni (23 nel 2019), seguiti dai romeni con 28 e dai nigeriani con 23 (56 nel 2019).

Il delitto ex art.600 c.p. anche nel quadriennio 2016-2019 è nettamente prevalente sugli altri con 279 persone vittime rispetto a quello della tratta di persone (118) e di acquisto e alienazione di schiavi (44) ed anche in questo ambito sono nigeriane gran parte delle vittime (quasi esclusivamente giovani donne) seguite dalle romene.

La tratta delle donne nigeriane da avviare alla prostituzione costituisce la principale fonte di reddito per le organizzazioni criminali nigeriane, che si sono tanto evolute da poter interagire alla pari con le organizzazioni locali che tradizionalmente controllano le attività illecite in alcune aree del sud Italia. La stragrande maggioranza delle donne “trafficate” è di età media oscillate tra i 17 e i 30 anni – in diversi casi sposate, con figli e abbandonate dai mariti – proveniente dal sud della Nigeria, in particolare da Lagos e Benin City.

Il controllo, l’avvicinamento e l’opera di convincimento delle future prostitute avviene in Nigeria, tramite la “madame”, figura carismatica che ha il compito di vincere le ritrosie delle donne offrendo loro anche il denaro per il “viaggio” di solito organizzato dal cosiddetto “sponsor”. La madame ha un ruolo fondamentale in tutta l’attività criminale poiché oltre ad operare in stretto contatto con l’organizzazione  stabilisce con le donne un fortissimo legame basato su giuramenti e rituali magici. In alcuni casi intervengono anche alcuni “santoni” (“native doctor”) ritenuti capaci di causare malefici anche a distanza. Con questi le ragazze sono costrette a stringere un patto di sangue che le impegna a restituire il denaro avuto in prestito e a ubbidire alla “madame”.

Una vera schiavitù psicologica legata alla superstizione e al mondo del soprannaturale. Da alcune indagini svolte in Italia è emerso anche che le “madame” si accordino tra loro versando a cadenza fissa una determinata somma di denaro (“contribution”) in una sorta di cassa comune da cui attingere per “comprare” altre donne e ampliare così l’attività “aziendale”.

Le donne, dunque, hanno un ruolo primario nella struttura criminale nigeriana dedita alla tratta e alla riduzione in schiavitù mente gli “uomini appaiono in posizione subordinata”(cfr Enzo Ciconte “Mafie straniere in Italia” in Temi, ed. Commercio, Roma, 2003).

In questo ambito criminale i sodalizi nigeriani hanno raggiunto elevati standard organizzativi e gestionali curando interamente ogni fase, dal reclutamento in patria, alla fornitura di documenti falsi per l’espatrio, dal trasferimento nel paesi di arrivo per tappe successive sino allo smistamento nei vari settori di impiego illecito nelle varie città italiane.

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