Calabria. Chi lavora non deve più pagare il pizzo!
All’indomani dell’operazione “Handover-Pecunia olet”, condotta ieri mattina a Reggio Calabria contro la cosca Pesce di Rosarno congiuntamente da Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza, che ha portato all’arresto di 53 persone, pubblichiamo il j’accuse del segretario generale della Filcams Cgil regionale
Grazie alla Magistratura e alle forze dell’ordine che stanno facendo un gran lavoro per liberare la Calabria dalla feccia criminale ‘ndranghetista e mafiosa. Ogni inchiesta, ogni volta che alcune verità – non così tanto – nascoste vengono fuori, si apre una breccia, una speranza nel cuore di chi ama la propria Terra e la Libertà.
Contemporaneamente, ci si incupisce se si pensa alle lavoratrici e ai lavoratori, ai giovani, ai padri e alle madri di famiglia, al loro ruolo di “comparsa” nel romanzo criminale che quotidianamente racconta la Calabria oscura.
Storie “minori” fatte di rinunce, sopportazione, rabbia, amarezza… C’è chi sceglie di restare e di accontentarsi della busta paga fasulla, del contratto pirata, delle ore di lavoro sottratte e di rimanere in silenzio, non parlare per paura di essere cacciato dall’unica fatica che ti permette di portare il pane a casa; spaventato dal fatto che se alzi la testa, se ti ribelli, se ti iscrivi al sindacato il lavoro non lo trovi più. Perché i criminali fanno rete tra di loro e un lavoratore “infedele” non se lo piglia nessuno. C’è chi scappa, dopo aver inghiottito tante ingiustizie, ed è già fortunato di poterlo fare e di poter sperare che altrove andrà meglio.
Quelli che lottano patiscono la fame, gli oltraggi e i soprusi di chi è potente e – per quanto possa essere grande la speranza e la fiducia nel sindacato, nelle forze dell’ordine, nella Legalità – la verità arriva sempre troppo tardi.
I lavoratori e le lavoratrici della distribuzione commerciale e di tutto ciò che ruota attorno al Terziario (appalti di pulizia, vigilanza, trasporti, etc), pagano e stanno zitti; pagano il pizzo per poter lavorare, perché quando si tratta di sostenere il sistema, dicono certe aziende “siamo tutti sulla stessa barca” anche se c’è chi viaggia su una nave da Crociera e chi su un barcone.
Paghi il pizzo quando ti viene applicato un contratto “pirata”… ma è lo Stato che lo permette, per questo il politico di turno può continuare indisturbato addirittura a plaudire alle inchieste della Magistratura che sfiorano la sua forza politica dichiarando con orgoglio: lo Stato c’è!
Paghi il pizzo quando lavori undici ore al giorno e te ne retribuiscono cinque, ogni ora di sudore sottratta al salario di un dipende ingrassa il salvadanaio delle mafie; lo paghi quando ti tolgono le ferie, i permessi, le festività.
La politica si sottrae ogni volta alle proprie responsabilità, girandosi dall’altra parte quando il sindacato chiede una legge sulla rappresentanza che metterebbe fine all’applicazione dei contratti a piacere, piuttosto che quando si chiede la chiusura delle attività commerciali la domenica, per dare un segnale di vicinanza alle lavoratrici ed ai lavoratori.
Il fatto che, di fronte alle mobilitazioni dei dipendenti di alcuni marchi commerciali che il sindacato ha condotto negli ultimi mesi in Calabria, la politica abbia fatto sentire la propria vicinanza alle lavoratrici e ai lavoratori è senz’altro positivo. Fa bene al cuore la sensazione che la politica non sia sorda, che non si è lasciati soli. Ma come abbiamo avuto modo di affermare come sindacato unitario ultimamente, senza la concretezza dell’azione la vicinanza al mondo del lavoro rimane una passerella sulla quale sfilare in occasione delle prossime elezioni.
Senza una politica che rappresenti il mondo del lavoro, i potenti continueranno a giocare sulle divisioni di un popolo che, per provare a campare dignitosamente si costringe, spesso inconsapevolmente, a piegarsi alle logiche criminali, addirittura a servirle e a finanziarle.
Addirittura, come nel caso delle aziende sequestrate o confiscate (come più volte abbiamo provato a denunciare, inascoltati) i poteri criminali si presentano ai lavoratori con il ruolo dei buoni, perché sono loro a darti il lavoro e quando arriva la Magistratura con le sue inchieste e con i sigilli, il lavoro molto spesso te lo levano. E quando vivi a Rosarno o a Lamezia Terme e non hai i soldi per il pane, te ne freghi dei princìpi se lo Stato ti lascia a piedi e gli amici degli amici sono sempre pronti a tenderti una mano. Anche quando quella stessa mano la usano per strozzarti, per toglierti il pane di bocca e i soldi dal già misero stipendio; anche se con l’altra mano colpiscono i lavoratori come te, come è successo alla comunità Progetto Sud recentemente, o agli spazzini Tramonti e Cristiano o al mugnaio Rocco Gatto, tanti anni fa.
Passa il tempo ma chi per vivere deve lavorare e sacrificare la propria vita sembra trascorrere lentamente e in alcuni momenti, soprattutto in Calabria, sembra tornare indietro.
Chi ha il potere di fare scelte nette, di schierarsi, di spostare le lancette in avanti, batta un colpo!
* Segretario generale Filcams Cgil Calabria
Fonte: Collettiva.it
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