La Calabria che si ribella alla ‘ndrangheta fa arrestare 13 persone
Operazione dei Carabinieri fra le province di Catanzaro e Crotone grazie alle denunce di commercianti e imprenditori vessati dal clan Mannolo-Scerbo. Il procuratore Nicola Gratteri: “Le vittime si sono fidate di noi in un territorio in cui la gente dice che la mafia non esiste. Questo ci conforta”.
Una cappa asfissiante, una trama di usura ed estorsioni praticate a tappeto soffocava commercianti e imprenditori di qualsiasi ramo, da quello edile a quello florovivaistico fino alla distribuzione alimentare, nel territorio compreso fra le province di Catanzaro e Crotone.
È lo scenario tratteggiato negli atti dell’operazione “Big Bang”, condotta dai Carabinieri con il coordinamento della Dda di Catanzaro. Tredici le misure cautelari a carico di altrettanti esponenti della cosca Mannolo-Scerbo, appartenente alla “locale” ‘ndrangheta di Cutro e di San Leonardo di Cutro (Kr) e attiva anche nella provincia di Catanzaro.
Piccoli commercianti, baristi, ristoratori, non sfuggivano alla rete della criminalità organizzata. “Un territorio cerniera, per noi importante e delicato, perché storicamente la ‘ndrangheta della provincia di Crotone ha sempre considerato Catanzaro e l’hinterland catanzarese come terra di conquista e di espansione”, ha spiegato il procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, nel corso di una conferenza stampa.
Ma l’elemento più significativo, secondo Gratteri, è la collaborazione di alcune delle vittime, giunte al limite della sopportazione, dalle cui denunce è arrivato un impulso decisivo alle indagini, partite dal ritrovamento, nel novembre del 2018, di due taniche di benzina davanti a due esercizi commerciali di Sellia Marina (Cz). Una intimidazione dal chiaro stampo ‘ndranghetista.
Da 46 anni nelle mani degli strozzini
“Il dato importante e significativo di questa indagine, che ci conforta – ha voluto sottolineare il magistrato – è il fatto che molti commercianti, molti imprenditori si sono fidati dei carabinieri e si sono fidati della Procura distrettuale di Catanzaro, perché questa indagine nasce dalle denunce fatte da gente usurata. Ci troviamo in territori dove – ha spiegato Gratteri – la gente nega persino l’esistenza della mafia per paura, ma in questo caso invece ci sono state più denunce. Per gli Scerbo-Mannello, dunque, l’epicentro degli affari era la zona della fascia ionica compresa tra Catanzaro e Crotone, dove l’usura è praticata con tassi di interesse che si aggiravano fino al 150-160%. I Carabinieri hanno ricostruito numerosi episodi estorsivi e usurari ai danni di imprenditori e commercianti, riscontrando anche situazioni limite, come quella di una persona contemporaneamente sotto “strozzo” di cinque diverse persone. O quella di un imprenditore edile la cui famiglia era sotto estorsione addirittura dal 1976, cioè da 46 anni.
Un Dj “portavoce” del clan
Tra le persone destinatarie delle misure cautelari anche Martino Andrea Sirelli, 43 anni, di Sellia Marina (Catanzaro), noto nel Catanzarese come “Big Martino”. Sirelli sarebbe stato latore delle volontà della famiglia Scerbo sul territorio rappresentandone, secondo l’accusa, “gli occhi e la voce”. Sarebbe stato lui a occuparsi materialmente di una delle intimidazioni al centro dell’indagine al fine di far desistere un esercente dal collaborare con la giustizia. Il teste, peraltro, non si è piegato alle minacce.
Tra i nomi “eccellenti” quello di un avvocato, per un periodo della legislatura in corso consigliere regionale supplente. Si tratta di Frank Mario Santacroce, 50 anni, di Forza Italia, accusato di rivelazione e utilizzazione di segreto d’ufficio in concorso. Santacroce avrebbe acquisito notizie coperte da segreto investigativo sulle indagini in corso, grazie ad una persona rimasta al momento ignota, e le avrebbe riferite ad una delle vittime di usura.
I fatti risalgono al 2019 scorso. Santacroce, primo dei non eletti, era subentrato a Domenico Tallini, coinvolto anch’egli in un’inchiesta della Dda di Catanzaro, ma ha cessato la sua supplenza dopo la scarcerazione del consigliere.
Santacroce, dopo avere appreso di essere indagato, “pur non avendo ricevuto – ha fatto rilevare – alcuna notifica o avviso”, è intervenuto per precisare la sua posizione: “Attendo di capire di cosa esattamente mi si accusa – ha detto – consapevole di non aver mai divulgato nulla a nessuno ed anzi di aver svolto il compito di difensore del mio assistito, in quanto vittima di usura, con assoluta trasparenza e diligenza, esercitando il ruolo della professione a tutela del mio cliente. Tutela che deve trovare luogo nelle giuste sedi e non ritorcersi contro le stesse vittime”. Santacroce ha precisato di non avere avuto rapporti con nessuno dei soggetti coinvolti nella vicenda “perché – ha dichiarato – io assisto la persona offesa vittima di usura”.
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