“Quando la gente non teme il terribile, si avvicina l’irreparabile”
La Calabria, e alcune sue aree, in particolare, sono attraversate da tempo, da due fenomeni la cui complessità e asprezza condiziona pesantemente il vissuto individuale dei sui abitanti e quello collettivo della intera regione, proiettando ombre scure sulle sue possibilità di sviluppo e redenzione.
Il primo è costituito da una presenza ‘ndranghetistica inquietante, capace di una aggressività sanguinaria ma altrettanto capace di una pervasività silenziosa e di una destrezza nel mimetizzarsi, confondersi, presentarsi in modo rispettabile e civile, senza esitare, però, al momento opportuno, a sciogliere le briglie della vessazione del sopruso: le antiche arti della Volpe del Leone, a sostegno della Virtù ‘ndranghetistica, determinata ad assoggettare una Fortuna porosa, cedevole e con basse difese.
Fenomeno antico, dalla natura tentacolare, avvolgente: temibile ieri, quando indossava giacche di frantina; temibile e preoccupante di più oggi che frequenta centri di benessere e sartorie griffate.
Fenomeno consapevole della propria caratura delinquenziale, detentore di una disponibilità finanziaria illimitata, in grado di controllare decisive articolazioni dell’economia e del consenso, esso agisce e si comporta come un antistato, come un potere dalle finalità eversive, capace di occupare le istituzioni, impadronirsi della loro fisiologia, svuotarle della loro anima democratica per trasformarle in tanti teatri dove esprimere tutta la sua collaudata e occhiuta sapienza predatoria.
Ha, invece, gli occhi arrossati e le mani indurite dei migranti africani il secondo e più recente fenomeno.
Fenomeno migratorio con carattere epocale, massivo, gravido di complessità geopolitiche e di implicazioni culturali, davanti al quale i paesi europei, dimentichi della loro storia, si muovono in direzione contrapposte, incapaci di maturare una riflessione condivisa e definire una strategia di cooperazione e di apertura verso le esigenze di un mondo che cambia.
E, mentre alcuni negano il problema, costruendo muri o scavando fossati, altri demonizzano i migranti, sollecitando reazioni xenofobe; altri ancora considerano l’accoglienza un dogma religioso o un risarcimento per i danni provocati da una politica europea di potenza e predazione.
Hanno tutti dimenticato la lezione che ci viene dalla storia che, al contrario, ci insegna che la Fame insegue sempre il Pane e che le differenze culturali, antropologiche, non si appianano con il trascorrere del tempo ma, in assenza di politiche sociali e pedagogie pubbliche programmate, diventano, inevitabilmente, cause di tensioni e madri di creature mostruose come le guerre tra poveri.
Non è, quindi, un problema religioso o soltanto umanitario ma presenta tutti i caratteri e le urgenze di un serio e complicato problema politico da affrontare, con un respiro ampio e con lungimiranza, in tutta la sua complessità e durezza.
Rinunciare a governarlo, limitandosi a una gestione emergenziale delle sue manifestazioni più scabrose, significa dare le spalle alla prima grande tragedia del nuovo millennio e consegnare un vissuto umano di dolore e di umiliazione alla umoralità xenofoba dei tanti pifferai dal ventre sazio e dal cuore nano.
Gli amministratori e le associazioni, impegnate ad affrontare con equilibrio e umanità tanta complessa sofferenza, avvertono quotidianamente l’affanno di una gestione solo emergenziale del fenomeno, ma soprattutto l’inadeguatezza di una Politica che, a tutti i livelli, si dimostra incapace di immaginare l’emergenza migratoria come una occasione storica per rinnovare la Calabria, operando un ripensamento critico di tutti i territori e ponendo al centro la virtù generativa del lavoro.
Perché è solo il lavoro che ha l’energia tellurica per operare trasformazioni in profondità, liberare intelligenze, risorse e spazzare via logiche malavitose parassitarie.
È il lavoro che, con le sue dinamiche produttive, prossemiche e relazionali, diventa condizione di integrazione per i migranti e di presenza sociale attiva per tutti i nostri giovani.
È di tutta evidenza che sono numerose le altre criticità che attraversano i territori e che lasciano unghiate profonde di infelicità e di afflizione.
Richiamare in questo documento solo il fenomeno mafioso e quello migratorio obbedisce ad un bisogno urgente di ricordare ad una molto distratta Politica, che:
- le Res Gestas ‘ndranghetistiche, riportate anche recentemente dalla cronaca, costituiscono un autentico e concreto pericolo per la tenuta democratica e civile della Calabria che vuole crescere avendo come unici riferimenti i valori del lavoro, della cultura, della legalità.
- ii calabresi sono figli di una storia plurale di una cultura che, per prima, ha praticato l’accoglienza, respirato la compassione ed è stata grande parte della spiritualità occidentale.-
Tale incandescenza desideriamo rappresentare alla riflessione di tutti i partiti politici, sollecitando una risposta che abbia anche un valore culturale; una risposta che contenga, nel suo dispiegarsi, anche il recupero dell’etimo della parola Calabria che, oltre ad essere la terra dove nascono le cose belle, deve essere anche la terra che fa cose belle e civili.
San Ferdinando, marzo 2021
Andrea Tripodi, Sindaco di San Ferdinando
Celeste Lo Giacco, segretaria generale CGIL Piana di Gioia Tauro
Don Pino Demasi, Referente di LIBERA, Piana di Gioia Tauro
Diac. Cecè Alampi, Direttore Caritas Diocesana
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