L’attualità di Placido Rizzotto, sindacalista ucciso dai mafiosi
10 Marzo 1948 / 10 Marzo 2021 – 73 anni dall’uccisione politico-mafiosa di Placido Rizzotto, partigiano, socialista, sindacalista, capo del movimento contadino di Corleone.
Le elezioni politiche del 18 Aprile 1948 in Italia assegnarono la maggioranza assoluta dei voti e dei seggi alla Democrazia Cristiana e la sconfitta al Fronte democratico popolare della sinistra unita (comunista e socialista) indebolita dalla scissione dei socialdemocratici di Saragat. La guerra fredda imponeva due aree geopolitiche, concordate tra le potenze alleate vincitrici contro il nazifascismo, facenti capo agli USA per l’Occidente e all’ Unione Sovietica per l’Europa orientale. La sinistra non poteva governare nei paesi occidentali, mentre nell’Europa orientale prevaleva la logica del partito unico per una visione distorta di socialismo.
In Sicilia la vittoria elettorale democristiana, in funzione anticomunista, fu merito anche della mafia che, abbandonando il separatismo, dalla strage dell’1Maggio di Portella delle Ginestre e degli assassini, a quella data, di ben 37 capi del movimento contadino, si era schierata a favore degli agrari latifondisti, eredi dell’antico feudalesimo, contro una Riforma Agraria per dare la terra ai contadini e le leggi agrarie varate dai governi di unità antifascista usciti dalla lotta di Liberazione.
Il mese che precede le elezioni politiche del 18 Aprile vede la barbara uccisione di tre sindacalisti socialisti della provincia di Palermo i quali, assieme ai comunisti, nei loro comuni erano a capo delle lotte per la terra: 2 Marzo Epifanio Li Puma a Petralia Soprana, 10 Marzo Placido Rizzotto a Corleone, 1 Aprile Calogero Cangelosi a Camporeale. Questi delitti che suscitarono forti reazioni popolari antimafiose avevano anche l’obiettivo di tentare di separare i socialisti dai comunisti per indebolire ulteriormente il Fronte Democratico Popolare. La scissione non ci fu, ma la sconfitta della sinistra sì e la sua esclusione dal governo nazionale durò per molti anni.
L’assassinio di Placido va collocato in questo contesto sociale e politico brevemente tratteggiato. Il giovane Placido, soldato in guerra, l’8 Settembre del 1943 è sorpreso nel Friuli Venezia Giulia, passa con i partigiani delle Brigate Garibaldi, diventa militante socialista e al rientro a Corleone, a guerra finita, è responsabile provinciale dell’Anpi e da segretario della Camera del Lavoro di Corleone guida le lotte per la terra del movimento contadino . Il medico Michele Navarra, capo mafia di Corleone, lo fa rapire, uccidere e ne fa buttare il corpo in una foiba da Luciano Liggio futuro feroce capomafia. I resti di Placido saranno recuperati solo nel 2009 e omaggiati dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano come eroe della democrazia repubblicana. Placido Rizzotto è, dunque, un costruttore della democrazia caduto nella lotta per applicare la Costituzione della Repubblica, nata dalla lotta di Liberazione che contribuì a sconfiggere il nazifascismo. Quella Costituzione che ancora oggi è il punto di riferimento per superare l’attuale crisi della democrazia rappresentativa aggravata dalla crisi pandemica.
La Costituzione era stata promulgata il 1 Gennaio del 1948 e sanciva l’istituzione di una Repubblica democratica fondata sul lavoro, che riconosce i diritti inviolabili dell’uomo, delle formazioni sociali e politiche, la pari dignità e l’uguaglianza di tutti i cittadini e che si impegna a rimuovere gli ostacoli socioeconomici che impediscono il pieno sviluppo della persone umana e la partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Gli uomini come Placido, come il comunista Pio La Torre che lo sostituì provvisoriamente alla guida della Camera del Lavoro di Corleone subito dopo la sua scomparsa, si ispirarono a questi valori per raggiungere il socialismo quale traguardo di una democrazia compiuta più alta.
Ai giovani di oggi quale lezione possiamo suggerire e trasmettere? Tutte le vittime innocenti di mafia sognavano un mondo libero da ogni sfruttamento, violenza, povertà, disuguaglianza oggi generati come ieri da una concezione egoista del possesso e del profitto privo di etica sociale.
Oggi, nella disgregazione del tessuto sociale accentuato dalla pandemia, essere di sinistra, progressista, battersi per una democrazia compiuta significa tentare di ricomporre, come fecero allora, l’unità del mondo del lavoro,, degli sfruttati, dei poveri, dei ceti produttivi fagocitati dai moloch del capitalismo globalizzato per salvare il Pianeta dalle predazione delle sue risorse, per assicurare lavoro,benessere, dignità umana, pace a tutti gli uomini e le donne del mondo.
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