Dal diritto alla cucina: 10 giorni di lezione sull’inchiesta di Gratteri
Alberghiero anticlan. ‘Ndrangheta Maxiprocesso: 355 imputati. Una svolta giudiziaria
E poi dice i professionali. Sono o no gli istituti scolastici con i maggiori tassi di abbandono? Racconta un luogo comune che le migliori iniziative antimafia le trovi nei licei. E spiega perché: cultura umanistica, famiglie benestanti, materie adatte per ragionare di storia e società.
E invece una delle idee più brillanti in assoluto l’hanno avuta (e benissimo realizzata) la scorsa settimana in un istituto alberghiero alla periferia di Torino, Barriera di Milano: il “Bartolomeo Beccari”, popolosa scuola dalle grandi tradizioni antimafiose, l’aula magna dedicata a Lea Garofalo e un attivissimo presidio di Libera, animato da Pierangela Mela, intitolato a Felicia Impastato.
All’origine di tutto la Rinascita-Scott, ossia la grande inchiesta su ‘ndrangheta e facoltosi dintorni promossa dalla procura della Repubblica di Catanzaro e guidata da Nicola Gratteri, giunta in gennaio a dibattimento nell’aula bunker di Lamezia Terme. Un autentico maxiprocesso, 355 imputati affiliati alle più diverse cosche calabresi. E se i media sembrano tenere sull’evento, uno dei più importanti della storia giudiziaria italiana, un bassissimo profilo, se in scuole più blasonate si preferisce non discutere di un processo ancora in corso prima che ne siano fuoriusciti colpevoli e innocenti, qui hanno pensato che vale comunque la pena informarsi del contesto generale, del mondo in cui si stagliano i fatti emersi da filmati e intercettazioni. Il collegio docenti ha deciso che quel formidabile e intricato malloppo di vicende non dovesse passare inosservato agli occhi degli studenti, anche se ambientato a mille chilometri di distanza. “Prima di tutto la formazione dei futuri cittadini”, ha pensato.
Gli insegnanti si sono quindi rimboccati le maniche sotto la guida del dirigente scolastico Pietro Rapisarda, origini siciliane, un vulcano di iniziative civili e nel poco tempo libero grande ballerino di tango. E hanno programmato dieci giorni di lavoro sul processo. Nessun ospite famoso a fare da attrazione per la stampa. Ma un grande lavoro comune, come sempre dovrebbe essere. Gli insegnanti di diritto si sono dedicati ad analizzare la fitta rete dei reati contestati al maxiprocesso, per illuminare il rapporto concreto tra presenza mafiosa e ingiustizia sociale.
Altri insegnanti si sono invece dedicati a valorizzare il bello della Calabria, così da prevenire i pregiudizi criminalizzanti verso la regione. Per esempio quelli di accoglienza turistica hanno provato a simulare con i loro allievi i più bei percorsi turistici -spiagge, archeologia – sui posti sfregiati dalla arroganza e dalla violenza mafiose. Mentre quelli di cucina hanno lavorato alla realizzazione dei piatti più tipici e tradizionali della gastronomia dei luoghi. Con un particolare fondamentale: che i piatti sono stati rigorosamente confezionati con ingredienti provenienti da aziende “pizzo-free”. Pietro Armentano, insegnante cuoco di Cerchiara Calabra, ha fatto confezionare speciali dolcetti che, imbustati e accompagnati da pensierini della III B e della III C, sono stati mandati in dono alla Dia torinese. Si sono dati da fare anche i docenti di scienze motorie.
Insomma, dieci giorni alternativi. Utili per capire che cos’è la ‘ndrangheta, chi è un collaboratore di giustizia, qual è la differenza tra indagati e imputati, o che cos’è la Dia.
“E’ venuta fuori un’ignoranza socratica”, spiega Lidia Calamia, professoressa di lettere, palermitana, che ha avuto l’idea di avvertirmi dell’impresa in corso. “Tanti pregiudizi verso la figura del pentito. Ma mi ha colpito soprattutto un ragazzo: mi ha chiesto come sia possibile che ancora in questi tempi qualcuno possa farsi ammaliare dalla mafia”.
Santa domanda. Da girare a chi magari non ha fatto l’alberghiero ma si è preso una laurea senza che nessuno gli insegnasse né la mafia né l’etica delle professioni.
* Fonte: Il Fatto Quotidiano, 08/03/2021
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