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L’idea di Europa di Draghi nel segno della solidarietà

Pierluigi Ermini il . Giovani, Istituzioni, Società

Se oggi fosse qui con noi, Antonio Megalizzi, il giovane giornalista rimasto ucciso in un attentato a Strasburgo il 14 dicembre del 2018, sarebbe felice, perché avrebbe ascoltato parole per le quali lui ha speso la sua vita, inseguito i suoi desideri di ragazzo, lottato, creduto. Per lui l’Europa era il sogno iniziato da continuare a immaginare e costruire.

“Senza l’Italia non c’è l’Europa, ma fuori dall’Europa c’è meno Italia. Non c’è sovranità nella solitudine”. E’ quanto ha scritto da Mario Draghi nel documento programmatico del suo Governo presentato al Parlamento.

“Sostenere questo governo significa condividere l’irreversibilità della scelta dell’euro, significa condividere la prospettiva di un’Unione Europea sempre più integrata, che approderà a un bilancio pubblico comune capace di sostenere i paesi nei periodi di recessione”.

Parole che credo segneranno la storia del nostro paese.

Da oggi, tutti partiti presenti nel Parlamento, votando la fiducia , si sono spinti oltre il fossato che divide il populismo e il sovranismo da un europeismo che diventa la nostra unica terra, la prima prospettiva politica del nostro paese.

Così come nel maggio del 1998 con il governo Prodi si sancì l’ingresso dell’Italia nell’euro, oggi 23 anni dopo si sancisce la definitiva scelta di un  futuro nell’unione europea per il nostro paese.

Una scelta ancora più forte, perché qui non si condivide solo una moneta, ma un’idea per cui “gli stati nazionali rimagono il riferimento dei nostri concittadini, ma nelle aree definite dalla loro debolezza, cedono sovranità nazionale per acquistare sovranità condivisa. Anzi, nell’appartenenza convinta al destino dell’Europa siamo ancora più italiani” – scrive ancora Mario Draghi

Non ci saranno più alibi per coloro che fino a ieri ancora mandavano messaggi contrastanti e ambigui. L’Europa, con Draghi, diventa la nostra casa comune.

Ma il Presidente del Consiglio è andato anche oltre, sancendo che “questo governo nasce nel solco dell’appartenenza alle grandi democrazie occidentali, a difesa dei loro irrinunciabili principi e valori”. Quasi a prendere le distanze subito da altre ambiguità sorte in questi ultimi anni con l’avvicinarsi a paesi come la Russia e la Cina, che sono in questa fase sicuramente lontane dalle visioni identitarie delle democrazie occidentali.

Oggi ancor di più dopo la vittoria di Biden in America ai danni di chi, più di tutti, come Trump, aveva rappresentato il modello populista al comando di una grande nazione.

Non è un caso che Draghi abbia toccato nel suo discorso proprio il tema dei diritti civili violati in Russia e in Cina, quasi legandosi a quanto ha fatto solo qualche giorno fa lo stesso Biden con le sue telefonate ai presidenti dei due paesi.

Certo non tutto è oro quello che traspare e anche nelle grandi democrazie occidentali oggi si sta assistendo, implementato anche dalla pandemia, a un enorme aumento delle diseguaglianze sociali che sono il vero dramma da sconfiggere non solo in Italia.

Ma le democrazie liberali possono al loro interno trovare gli strumenti, realizzare le riforme, avere la forza per combatterle a partire da un fisco più giusto, un welfare più forte, una giustizia più equa, con il riconoscimento dei diritti e della dignità delle persone sancito nelle nostre costituzioni. C’è un concetto di solidarietà che deve prendere campo a partire da chi ha di più, e che chiede il contributo di tutti.

Vedremo se alle parole seguiranno anche i fatti.

Draghi ci ha abituato ad essere persona che preferisce agire più che parlare e la sua forza in questa fase sta anche nella debolezza della politica.

Mi piace però pensare che con Draghi il sogno immaginato da Antonio Megalizzi potrebbe veramente iniziare a realizzarsi “per consegnare – come afferma ancora il Presidente del Consiglio nel suo discorso programmatico – un paese migliore e più giusto ai figli e ai nipoti”.

Ed è un sogno e una prospettiva che ha bisogno anche di tutti noi per realizzarsi, ciascuno nel suo ruolo, sentendoci cittadini italiani, europei, figli del nostro tempo, impegnati a combattere le ingiustizie sociali.

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