Politiche antidroga fallimentari con le mafie del narcotraffico che ingrassano
Continuano i fallimenti delle politiche antidroga nazionali in tutto il mondo, argomento che è diventato, da tempo a ben vedere, di scarsa importanza nelle agende politiche di quasi tutti i paesi alle prese, tra l’altro, con la ben nota emergenza sanitaria globale che permane in tutta la sua gravità.
Un problema, quello delle droghe, che ci porteremo dietro ancora per secoli, perché è da secoli in realtà che l’uomo fa ricorso agli stupefacenti per rituali magico religiosi, per alleviare dolori, per provare gioia, euforia.
Anticamente venivano utilizzati (la cannabis, il papavero, l’alloro, la mirra) sotto forma di decotti, infusi, fumigazioni, istillazioni, persino supposte e clisteri. Relativamente all’uso del papavero le prime testimonianze scritte sono state ritrovate addirittura in alcune tavole sumeriche (4mila anni a.C.), ove quel termine sembrerebbe significare la “pianta della gioia”. L’oppio era consigliato anche per i dolori dell’anima come ci ricorda Elena quando versa il “nepente” (“oblio di tutte le pene”) a Telemaco, figlio di Ulisse in cerca del padre e appena giunto alla corte di Menelao. L’uso dell’oppio era molto diffuso anche nel mondo romano se si pensa che nel 312 d.C. nella sola città di Roma ne esistevano oltre settecento punti di vendita (il 15% di tutte le entrate fiscali dell’Impero) con il particolare, non trascurabile, che l’abuso di alcolici poteva provocare misure di controllo anche a rigide, mentre un oppiomane era praticamente ignorato.
Altri tempi si dirà ed oggi è tutto cambiato con leggi, anche severe (almeno sulla carta), che puniscono il commercio degli stupefacenti mentre per il consumo personale in molti paesi si è attenuata la legislazione nazionale e internazionale che lo prevedeva come reato.
Resta il fatto che il consumo di stupefacenti (tradizionali e droghe sintetiche) è aumentato notevolmente negli anni con un giro di affari criminale stimato in molte centinaia di miliardi di dollari/euro ogni anno che vanno ad “ingrassare” le grandi mafie del narcotraffico mondiale e a sostenere anche, con percentuali non trascurabili, la ricchezza delle singole Nazioni in cui il narcotraffico continua ad avere un ruolo rilevante (su tutte, per esempio Colombia, Messico, Perù, Afghanistan, Myanmar ecc..).
L’azione di repressione svolta almeno da mezzo secolo (la c.d “guerra alla droga”, lanciata dagli americani) dalle forze di polizia (in alcun paesi con straordinarie risorse sempre da parte americana) è costata moltissimo in termini di risorse economiche e di vite umane (si è perso il conto dei poliziotti e civili uccisi negli scontri a fuoco nelle varie operazioni antidroga) senza portare alla riduzione della offerta di droghe che,anzi, è aumentata innanzi ad una domanda sempre crescente senza che nessuno riuscisse a prendere l’unica rigorosa iniziativa politica che poteva annullare il commercio illecito degli stupefacenti e cioè, l’eradicazione di tutte le piantagioni di coca, di papavero e di cannabis esistenti nei vari paesi e ben individuate dalle rilevazioni satellitari.
Qualche timida iniziativa fu presa in passato (Arlacchi, in Afghanistan) ma presto accantonata per resistenze di varie “forze” ostaggio delle grandi organizzazioni dei narcos.
Mafie che dal narcotraffico traggono ingenti profitti che vengono in parte riciclati e in parte utilizzati per corrompere segmenti di apparati politici e amministrativi dei vari paesi in cui è in atto quel (lungo) processo di narcotizzazione che molti continuano ad ignorare.
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Il narcotraffico in Malesia, Myanmar, Cambogia, Laos, Indonesia
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