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La nostra personale uscita da Auschwitz. Dall’indifferenza alla solidarietà

Pierluigi Ermini il . Giovani, Memoria, Società

“Auschwitz è fuori di noi, ma è intorno a noi, è nell’aria. La peste si è spenta, ma l’infezione serpeggia: sarebbe sciocco negarlo. In questo libro se ne descrivono i segni: il disconoscimento della solidarietà umana, l’indifferenza ottusa o cinica per il dolore altrui, l’abdicazione dell’intelletto e del senso morale davanti al principio d’autorità, e principalmente, alla radice di tutto, una marea di viltà, una viltà abissale, in maschera di virtù guerriera, di amor patrio e di fedeltà a un’idea”.

Queste parole sono state scritte da Primo Levi negli anni ’80 e sono state pubblicate in una raccolta uscita postuma nel 2002 dal titolo “L’assimmetria e la vita”.

Parole che tornano ancora oggi attuali e che non possiamo ricondurre solo a quanto avvenuto durante la Shoah per il popolo ebraico. Parole che continuano a persistere nei tanti lager e campi di concentramento che in qualche modo vengono riproposti in varie parti del mondo, anche qui alle porte della nostra Europa, da sempre paladina dei diritti umani.

Non solo nelle zone di guerra, ma anche là dove si affollano migranti e rifugiati nelle tante diverse situazioni che vedono anche noi europei, o per meglio dire noi occidentali, comportarsi, consapevolmente o no, come veri e propri complici.

Complice è anche chi fa finta di niente o dice che questo non è un nostro problema.

Non possono bastare, per calmare le nostre coscienze,le parole che saranno spese in queste ore nel ricordare, nel riflettere, magari anche commuovendosi nell’ascolto di un racconto o nella visione di un film.

Le parole ci cambiano se a loro faremo seguire un’azione, che deve nascere e crescere nella nostra personale coscienza.

Un bellissimo articolo scritto da Paolo Rumiz dal titolo “Memoria e oblio” e pubblicato sul Robinson (la rivista culturale di Repubblica) di questa settimana ci aiuta nel nostro personale percorso. Un percorso che deve essere certamente di conoscenza, ma poi anche di presa di posizione.

Quanto accade per esempio, alle porte della nostra Europa, nei campi di Lipa in Bosnia, con i migranti nei campi sommersi dalla neve è sotto gli occhi di tutti.

Eppure solo nel 2020 il governo italiano ha respinto circa 1.000 di queste persone al confine italo – sloveno; persone che cercavano di passare attraverso la “rotta balcanica”per approdare nell’Europa dei diritti umani.

Ci sono poi le persone che continuano a morire nel nostro Mediterraneo, che magari sono passate dai campi della Libia, o dell’Isola di Lesbo in Grecia, dove di umano non c’è niente.

“L’Italia è circondata di morti, in terra e in mare – scrive paolo Rumiz – Oggi non ieri…. Ma ciò che accade fuori da quei lager timbrati Ue resterà imprigionato a lungo nel regno dell’indicibile, come lo fu l’esodo degli istriani…. Non si sa e se si sa ci si abitua. Siamo diventati indifferenti”.

Girarsi dall’altra parte, far finta di niente e far vincere dentro di noi l’indifferenza è quanto di peggio possa accaderci nella vita.

“L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti – scriveva Antonio Gramsci – L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera”.

Non ci sono alternativa, occorre fare una scelta di campo, schierarsi. Chi non si schiera, anche se non fa niente, rafforza le ingiustizie in atto.

Saranno anche i nostri piccoli passi quotidiani ad avere un piccolo peso nella storia.

L’ascolto delle storie degli altri, lo sguardo di attenzione nei confronti del diverso, la condivisione di una sofferenza, l’alleviare in qualche modo il dolore e la povertà di chi ha meno di noi, la lotta contro le disuguaglianze sociali, lo sdegno ogni qualvolta un’esistenza viene calpestata, possono essere il nostro contributo per sconfiggere le Auschwitz dei nostri giorni.

Se non altro cambieranno noi stessi aprendoci al mondo.

Si possono fare tante piccole grandi cose per uscire dall’indifferenza.

Le occasioni non mancano e credo neanche la nostra personale fantasia, sulla base delle nostre attitudini, desideri e capacità.

Sono le azioni che, aldilà di ciò che pensiamo e diciamo, ci renderanno credibili.

Così il Giorno della Memoria oggi e il Giorno del Ricordo tra qualche settimana, non resteranno retorica e commemorazioni, ma una nostra personale presa di coscienza, un nostro stare al mondo come attori, all’insegna della solidarietà e sentendosi parte della storia che siamo chiamati a vivere insieme all’umanità che con noi sta camminando in questo nostro tempo.

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