Giornalisti, appello contro ‘precariato e sfruttamento’: dignità del lavoro per salvare Inpgi
Le prese di posizione, gli appelli, le misure attorno al salvataggio dell’istituto di previdenza dei giornalisti italiani devono partire da un principio di realtà: oggi due giornalisti su tre in Italia sono precari.
Senza contratto regolare, senza tutele e senza diritti. Testate nazionali o editori locali non fa differenza. Carta stampata, Tv, digitale: lo sfruttamento dei collaboratori che oggi reggono la dorsale informativa italiana è dappertutto.
Al default sociale dei giornalisti precari concorre anche la Legge sull’Equo compenso, votata dal Parlamento nel 2012 e oggi ancora lettera morta.
Nonostante questo, sono spesso precari le giornaliste e i giornalisti che gettano luce sulle periferie di questo Paese, che scrivono dalle zone di camorra e delle mafie senza avere copertura di alcuna natura, e alcuna “pubblica garanzia”.
Sono temi da cui attendiamo risposte dal premier Giuseppe Conte, dal Governo, dal Parlamento. Perché la precarietà rende precario lo stesso articolo 21 della Costituzione e nega il principio della “giusta mercede” e del rispetto della dignità della persona.
Qui non si tratta di contrapposizione tra giornalisti, men che meno con dei “mostri sacri” della professione. E rivolgendo l’appello al Capo dello Stato, Sergio Mattarella, un faro che illumina il rispetto dell’Articolo 21 della Costituzione e la tutela dell’indipendenza del “Quarto potere”, non è nostra intenzione “tirare la giacchetta” – come troppo spesso accade – al presidente. Questo è tuttavia un grido di allarme, dolore e speranza. Si tratta di dignità del lavoro. Di dignità del lavoro nella professione giornalistica, in Italia.
Quando si parla di giornalisti, di previdenza e quindi di regolarità contributiva (e retributiva) non si può tacere la realtà quotidiana di persone che lavorano 8, 10 ore al giorno con la prospettiva del 31/12, tutti gli anni, da dieci anni. E questo accade a collaboratori, cococo, false partite Iva che puntualmente vengono condotte nell’alveo del lavoro dipendente ogni volta
Questo lavoro spesso è portato avanti da persone senza un contratto stabile, senza diritti né tutele. Un alveo che, dati alla mano, non è marginale nell’economia dell’Ente di previdenza e che non si può definire in altro modo che “sfruttamento”. Precariato e sfruttamento stanno affossando l’Inpgi, e anche “la qualità della democrazia” in Italia, come sostiene Agcom nel Secondo Osservatorio sul giornalismo.
Questo appello, nato dal basso da una serie di giornaliste e giornalisti precari, in una notte – una notte – ha raccolto oltre 600 firme.
Segno che non siamo soli. Segno che dobbiamo continuare a lottare per la dignità delle persone e del lavoro, per la salvaguardia e l’indipendenza della professione, e quindi di Inpgi. Segno che, oggi più che mai, nessuno si salva da solo.
L’APPELLO: Precariato e sfruttamento: dignità del lavoro per salvare Inpgi
Difendere il lavoro per salvare la professione giornalistica. Contrastare il precariato per dare maggiore solidità all’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani. Sono gli obiettivi che si prefigge il Comitato “Dignità delle persone, dignità del lavoro”, promosso da un gruppo di giornalisti precari con l’obiettivo di sensibilizzare le istituzioni sulla necessità di dare un futuro di diritti e di certezze a migliaia di giornalisti costretti a lavorare senza alcun riconoscimento e con retribuzioni vergognose.
Il nostro appello è rivolto innanzitutto al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, affinché dall’alto del suo magistero richiami il Governo e il Parlamento a rivolgere l’attenzione, con l’adozione di provvedimenti mirati.
Comprendiamo l’appello al Capo dello Stato sottoscritto da illustri colleghi in pensione e alcuni direttori per salvaguardare l’autonomia e la sostenibilità dell’Inpgi. Oltre che preoccupazione, dai sottoscrittori di quella petizione ci saremmo aspettati, però, coerenza e un po’ di autocritica. Fra loro, infatti, ci sono giornalisti pensionati che continuano a lavorare senza versare i contributi alla gestione principale dell’Inpgi. Da questo punto di vista, stupisce che chi continua a esercitare la professione, proclamandosi giornalista quando porta in tv esponenti di clan della malavita e artista quando si tratta di pagare i contributi, si preoccupi adesso della situazione dell’Inpgi. Lo stesso discorso vale per i direttori di importanti testate, che utilizzano quotidianamente giornalisti precari, senza porsi il problema dell’esiguità delle retribuzioni e della sostanziale assenza di diritti.
Riteniamo che non ci possa essere previdenza senza lavoro regolare. Per questo ci rivolgiamo al Presidente della Repubblica affinché sensibilizzi Parlamento e Governo ad affrontare e risolvere il problema del precariato e dello sfruttamento nel settore dell’informazione.
Seguono firme
(Per sottoscrivere l’appello e consultare l’elenco aggiornato clicca qui)
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NO A PRECARIATO E SFRUTTAMENTO
LA DIGNITA’ DEL LAVORO E’ LO STRUMENTO PER SALVARE L’INPGI
NASCE UN APPOSITO COMITATO
APPELLO AL PRESIDENTE MATTARELLA
Il comitato combatte precarietà e sfruttamento per salvare Inpgi, per la dignità delle persone e del lavoro. Un appello che
ha visto in poche ore aderire oltre SEICENTO colleghi e colleghe da tutta Italia. Da ora in avanti, sarà possibile aderire solo via email scrivendo a: appello.dignita.lavoro.inpgi@gmail.com
“Difendere il lavoro per salvare la professione giornalistica. Contrastare il precariato per dare maggiore solidità all’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani. Sono gli obiettivi che si prefigge il Comitato “Dignità delle persone, dignità del lavoro”, promosso da un gruppo di giornalisti precari con l’obiettivo di sensibilizzare le istituzioni sulla necessità di dare un futuro di diritti e di certezze a migliaia di giornalisti costretti a lavorare senza alcun riconoscimento e con retribuzioni vergognose.
Il nostro appello è rivolto innanzitutto al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, affinché dall’alto del suo magistero richiami il Governo e il Parlamento a rivolgere l’attenzione, con l’adozione di provvedimenti mirati.
Comprendiamo l’appello al Capo dello Stato sottoscritto da illustri colleghi in pensione e alcuni direttori per salvaguardare l’autonomia e la sostenibilità dell’Inpgi. Oltre che preoccupazione, dai sottoscrittori di quella petizione ci saremmo aspettati, però, coerenza e un po’ di autocritica.
Fra loro, infatti, ci sono giornalisti pensionati che continuano a lavorare senza versare i contributi alla gestione principale dell’Inpgi. Da questo punto di vista, stupisce che chi continua a esercitare la professione, proclamandosi giornalista quando porta in tv esponenti di clan della malavita e artista quando si tratta di pagare i contributi, si preoccupi adesso della situazione dell’Inpgi. Lo stesso discorso vale per i direttori di importanti testate, che utilizzano quotidianamente giornalisti precari, senza porsi il problema dell’esiguità delle retribuzioni e della sostanziale assenza di diritti.
Riteniamo che non ci possa essere previdenza senza lavoro regolare. Per questo ci rivolgiamo al Presidente della Repubblica affinché sensibilizzi Parlamento e Governo ad affrontare e risolvere il problema del precariato e dello sfruttamento nel settore dell’informazione”.
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