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Intervista al Presidente dell’ANM Giuseppe Santalucia 

Donatella Palumbo * il . Giustizia, Istituzioni

giuseppe santaluciaIl 5 dicembre 2020 il Comitato Direttivo Centrale dell’Associazione Nazionale Magistrati ha eletto alla carica di Presidente Giuseppe Santalucia, 56 anni, Consigliere della Corte di Cassazione, in servizio alla Prima Sezione Penale, esponente del gruppo Area Democratica per la Giustizia. Presiederà la Giunta Esecutiva Centrale così composta: Alessandra Maddalena (Unità per la Costituzione), quale Vice-Presidente, Salvatore Casciaro (Magistratura Indipendente-Movimento per la Costituzione), quale Segretario, Italo Federici (Unità per la Costituzione), quale Vice-Segretario, Aldo Morgigni (Autonomia&Indipendenza), quale Coordinatore dell’Ufficio Sindacale e Cecilia Bernardo (Magistratura Indipendente-Movimento per la Costituzione), quale Direttrice della Rivista “La Magistratura”. A completare la Giunta Esecutiva Centrale sono state elette le colleghe Angela Arbore (Area Democratica per la Giustizia), Elisabetta Canevini (Area Democratica per la Giustizia), Maria Cristina Ribera (Magistratura Indipendente-Movimento per la Costituzione) e Emilia Di Palma (Autonomia&Indipendenza).

Il 7 novembre 2020 si è insediato il Comitato Direttivo Centrale dell’Associazione Nazionale Magistrati a seguito delle elezioni tenutesi il 18/19 e 20 ottobre 2020. In queste ultime settimane è stato posto in essere ogni sforzo utile per creare le condizioni per la costituzione di una Giunta Esecutiva Centrale unitaria, in primo luogo elaborando una piattaforma programmatica comune che fosse la più inclusiva possibile di tutte le voci delle componenti della magistratura associata per una comune assunzione di responsabilità sulla base di valori, ideali e sensibilità istituzionali condivisi. Perché era cosi importante, soprattutto in questo particolare momento storico, addivenire alla costituzione di una Giunta unitaria?

Una precisazione anzitutto. La Giunta che sono stato chiamato a presiedere non è una Giunta unitaria. Non ne fanno parte, infatti, gli eletti nella lista denominata “Articolo 101”, che non hanno condiviso il programma intorno al quale è poi coagulato il consenso di tutti gli altri componenti del Comitato Direttivo Centrale. È però una Giunta a forte tendenza unitaria, e questo è il primo merito che può riconoscersi ai gruppi che sono presenti nel Comitato Direttivo, mossi dalla consapevolezza, pur nelle innegabili difficoltà e contrapposizioni, che i problemi gravi che incombono sulla magistratura associata non possono essere avviati a soluzione se non con la collaborazione di tutti. Collaborazione che non significa una messa da canto delle ragioni di diversità culturale, ma che è il frutto di una presa d’atto importante. La crisi che ha investito la magistratura ha dimensioni importanti, rischia di aggredire l’essenza stessa dell’esser magistrati, almeno, e non è poca cosa, nella sua proiezione pubblica. Attiene pertanto alla cornice comune entro cui trovano legittimazione le nostre contrapposizioni di idee e di opzioni, le quali sono possibili e utili a condizione che non vacilli la comune base di valori e di doveri. Non si tratta di unanimismo di facciata, di accordi per mettere a tacere, marginalizzandole, le voci critiche che con forza si levano accusando l’Associazione di muoversi secondo vecchie logiche compromissorie di spartizione. L’impegno è piuttosto di farsene interamente carico, di sfruttarne il potenziale di cambiamento trovando una condivisione di metodo che già segna la direzione verso la quale occorre incamminarsi. Ma non, appunto, in ordine sparso, perché la fatica che ci attende è eccezionale. Lo sforzo unitario si è già manifestato nella stesura del programma. I componenti della lista “Articolo 101” hanno segnalato, nel lungo dibattito che ha preceduto l’elezione della Giunta, l’importanza della riforma del Consiglio Superiore della Magistratura, del sistema di nomina della componente togata, dichiarando, in linea con il loro programma elettorale, una scelta netta e ferma per l’introduzione del sorteggio, anche se declinato in forme c.d. temperate. È noto che sul sorteggio come metodo di nomina dei componenti del C.S.M. sono in molti – tra i quali mi annovero –, dentro l’Associazione, ad avere da tempo espresso una contrarietà radicale. Ciò nonostante si è deciso, e secondo me saggiamente, di non fare della negazione del sorteggio una sorta di tabù, ma, se così posso dire, di desacralizzarlo proprio attraverso l’esclusione dall’area dell’indicibile che in qualche modo rischia di accrescerne il fascino in quanti mostrano, con maggior coloritura di toni, insofferenza per alcune esperienze consiliari. La sua messa in discussione entro un più ampio orizzonte di riflessione sui sistemi elettorali possibili, che l’Associazione quanto prima rinnoverà con l’assegnazione del lavoro preparatorio ad una Commissione di studio, vuole avere il significato di massima apertura al dialogo, attestazione di assenza di posizioni preconcette (per quanto esse possano essere culturalmente robuste), affidando alla forza degli argomenti e del pensiero, più che dei numeri, il confronto di posizioni all’interno del Comitato Direttivo Centrale. I componenti di “Articolo 101” non hanno colto questa apertura, l’hanno sostanzialmente svalutata mantenendo una contrarietà al loro ingresso in Giunta. Il luogo della discussione resta comunque il Comitato Direttivo ed è lì che recupereremo le ragioni del confronto unitario.

Come noto, la Magistratura italiana sta vivendo un momento di grandi difficoltà a causa delle recenti vicende che hanno scosso il Consiglio Superiore della Magistratura. Anche per l’avvio di questo nuovo percorso è stata posta al centro dell’azione programmatica la questione morale, con particolare riferimento all’approfondimento delle cause della degenerazione correntizia. Come intendi proseguire l’azione politica su questo fronte per recuperare la credibilità della Magistratura?

La c.d. questione morale è stata indicata, se non erro, al primo posto del programma di Giunta, quasi a segnalarne la centralità. Con i termini “questione morale” intendo riferirmi all’appannamento del profilo deontologico del magistrato, allo scollamento vistoso e pericolosamente diffuso tra l’essere e il dover essere, quale è emerso in occasione delle indagini condotte dalla Procura della Repubblica di Perugia. La mia idea è che il rispetto del codice etico sia condizione per l’accettazione sociale del nostro ruolo. C’è – è indubbio – una componente autoritaria della funzione giudiziaria in forza della quale le decisioni di Tribunali e Corti si impongono ai consociati, a cui non è dato sottrarsi. Se, però, si facesse affidamento soltanto su questo aspetto, si perderebbe di vista, con pericolosa e antistorica miopia, l’importanza, l’essenzialità che in una società democratica i pubblici poteri siano, prima ancora che subiti, accettati. L’accettazione a cui rimando è effetto diretto della credibilità che l’Istituzione preposta all’esercizio di un potere pubblico sa conquistare nel contesto sociale in cui opera. La fiducia collettiva, che è altro dal consenso effimero e fuorviante costruito mediaticamente, è una precondizione dell’esercizio del nostro “terribile” potere, di distribuire torti e ragioni e di assolvere e di condannare. Occorre che il magistrato sia credibile e che non affidi soltanto alla sentenza, o al provvedimento autoritativo in generale, il compito di farsi comprendere. Il magistrato vive nella società e per questo deve essere compreso in e da essa. E allora non sono consentite rozze scissioni tra l’esercitare la giurisdizione e l’essere magistrati. Non voglio dire, con idealizzazioni retoriche, che la nostra sia non una professione ma una missione. Non credo a queste enfatizzazioni, che rimandano alla fastidiosa ipocrisia dei valori predicati e non praticati. Intendo piuttosto porre l’accento sulla necessità che la magistratura recuperi una immagine pubblica in linea con l’importanza del ruolo che le è assegnato, in modo da poterlo svolgere pienamente e con la maggiore efficacia possibile. Il codice etico, per questa via, concorre alla definizione di un modello di magistrato che si pone al servizio della funzione e quindi del servizio che si rende: non un codice della repressione, ma un codice della costruzione politica, ove con questo termine – che nel linguaggio dei magistrati ha spesso ingiustificate ambiguità – voglio intendere la sua vocazione a farsi strumento per la realizzazione del bene comune. L’azione dell’Associazione nazionale, su questo terreno, sarà quella che le è propria: un lavoro eminentemente culturale di orientamento dei magistrati verso un modello condiviso, e d’alto profilo, di magistrato, disegnato in piena conformità all’ordito costituzionale. Non si tratta ovviamente di inventarlo: è già da tempo patrimonio e merito dell’Associazione nazionale. Il compito sarà piuttosto di richiamarlo nel nostro vivere l’impegno associativo, per accrescerne la capacità di conformazione dei comportamenti collettivi. Voglio prendere a prestito l’immagine contenuta in un recente libello di un grande intellettuale del nostro tempo per dire che quando “la casa brucia”, e la nostra casa è stata esposta alle fiamme, occorre continuare a fare quel che ci spetta, con maggior cura, dedizione e precisione. Null’altro le situazioni drammatiche ci richiedono se non l’attaccamento, ancor più convinto, ai doveri del ruolo.

Ascoltando il tuo discorso di ringraziamento da neo-eletto Presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, è emerso che l’azione politica della Presidenza e della Giunta Esecutiva Centrale seguirà due linee direttrici tra loro complementari: la assoluta centralità delle decisioni assunte in seno al Comitato Direttivo Centrale, quale luogo di sintesi della pluralità di idee e di sensibilità presenti tra le varie componenti associative, e  il valore attribuito alla mediazione, quale in sé dell’agire politico, inveratasi nella elaborazione della comune piattaforma programmatica. Quali sono, dunque, le aree principali di intervento che la nuova composizione associativa da te presieduta si impegna a perseguire?

Abbiamo rilevato tutti una crescente disaffezione verso l’Associazione, e ne è in qualche modo attestazione il calo dei votanti all’ultima tornata elettorale, che pure si è svolta telematicamente. Se la Magistratura sta attraversando una crisi, ancor di più può dirsi per l’Associazione, verso cui si registra tra i magistrati sfiducia, disinteresse, se non insofferenza. E allora, che fare? Il mio impegno sarà rivolto a restituire l’immagine, in piena rispondenza alla realtà, dell’Associazione come “luogo” di formazione democratica della nostra soggettività, condizione indispensabile per la nostra esistenza e riconoscibilità nella scena pubblica. L’Associazione è lo strumento con cui la Magistratura può avere voce. Rinunciare ad essa sarebbe come perdere l’identità che, per lo straordinario merito delle generazioni che ci hanno preceduto, siamo riusciti a conquistarci. Vivo l’Associazione come un bene prezioso della Magistratura e in questo senso occorre che i magistrati tutti se ne riapproprino, perché è dalla più ampia condivisione possibile del suo senso storico-sociale che passa la conclusione di questa stagione non felice. In buona sostanza, vedo l’irrobustimento dell’Associazione, il recupero di affezione per i valori associativi, non tanto come fine in sé ma come mezzo per un obiettivo se si vuole più avanzato e indiscutibilmente unitario: la riaffermazione dei valori della funzione giudiziaria.

L’Associazione Nazionale Magistrati è senza dubbio un attore importante della vita politica e pubblica del Paese, interprete attenta dei valori che la Costituzione assegna all’ordine giudiziario, i quali si concretizzano non solo nell’esercizio quotidiano della giurisdizione ma anche nel contributo dell’esperienza che arricchisce il dibattito pubblico sui temi della giustizia e della giurisdizione, come del resto hai recentemente dichiarato. Come noto sono in discussione riforme sulle materie ordinamentali e sulla legge elettorale del Consiglio Superiore della Magistratura, in merito alle quali si è già espressa l’Associazione Nazionale Magistrati. Che tipo di interlocuzione si avrà con la politica e quali sono i temi ritenuti di assoluta e prioritaria attenzione?

Un versante di azione è l’interlocuzione con la Politica, con il Parlamento, sulle riforme che sono in discussione e che ci riguardano. Prima fra tutte la riforma del Consiglio Superiore e del sistema elettorale. Saremo sentiti dalla Commissione Giustizia della Camera, che ha avviato un ciclo di audizioni, nel frattempo costituiremo le nostre Commissioni di studio per consegnare al Parlamento riflessioni approfondite su quelle proposte. Crediamo nel dialogo e nel confronto sugli argomenti: rappresenteremo critiche e avanzeremo proposte, ma lo faremo con la serietà che deriva dallo studio attento di quel che è posto alla discussione pubblica. Una consapevolezza di fondo ci guiderà senz’altro: la materia del C.S.M. è, se così posso dire, costituzionalmente sensibile. La legge ordinaria deve non assicurarsi la mera compatibilità con le norme costituzionali, ma ricercare la conformità a quei valori e principi. In questo senso ci muoveremo nel confrontarci con le proposte alla cui discussione siamo invitati.

Il 19 novembre 2020 l’Associazione Nazionale Magistrati ha incontrato, con una propria delegazione, il Ministro della Giustizia per sollecitare un intervento del Governo sulla normativa processuale e ordinamentale, in occasione della perdurante emergenza sanitaria e, al contempo, ha chiesto l’apertura di un tavolo di confronto permanente presso il Ministero della Giustizia. La pandemia ha, tra le altre cose, disvelato una maggiore consapevolezza delle opportunità legate all’informatizzazione degli Uffici giudiziari ma i magistrati italiani reclamano risorse adeguate e attenzione alle dotazioni informatiche. Ci sarà una voce forte e unitaria su queste questioni al fine di garantire una efficiente risposta alla domanda di giustizia, sempre più impellente in questo periodo di grave crisi, anche al fine di evitare che altri si pongano quali interlocutori, come è recentemente accaduto con il documento congiunto di alcuni Procuratori della Repubblica e dell’Unione Camere Penali che ha preceduto il c.d. “decreto Ristori”?

L’Associazione deve essere l’unica voce, non per comprimere gli spazi di libertà di quanti vogliono esprimere opinioni e punti di vista, ma perché dobbiamo evitare il rischio della frammentazione interna, che genera confusione e diminuisce la forza di penetrazione delle nostre idee. Le varie posizioni devono confluire per una comune elaborazione, che possa rafforzarsi nel confronto interno e non appannarsi una volta che appaia in qualche modo contraddetta o superata proprio dall’interno. C’è tanto lavoro da fare: l’Associazione è assolutamente interessata a sentire l’opinione di tutti, perché è proprio dalle pluralità delle molte esperienze giudiziarie che ripete autorevolezza nella interlocuzione esterna.

Come intendi declinare l’azione associativa nei confronti dei giovani magistrati e di coloro che lavorano nelle sedi periferiche e maggiormente disagiate? A tal fine potranno avere un ruolo eventuali Commissioni di studio a ciò dedicate, anche in raccordo con le articolazioni territoriali dell’Associazione, per favorire la maggiore inclusione e partecipazione?

Sarebbe miope trascurare i giovani magistrati, oltre che ovviamente ingiusto. Le nuove generazioni sono il futuro a cui volentieri a breve cederemo il passo. Ho molto a cuore che percepiscano da subito l’Associazione come la loro comune casa, che ne avvertano la presenza di sostegno e di aiuto per affrontare le tante difficoltà con l’approccio ad una professione appassionante ma difficile, reso ancor più arduo in certe zone del Paese, ove le poche risorse e l’inadeguatezza delle strutture richiedono uno straordinario impegno per una resa accettabile del servizio. Il prossimo Comitato Direttivo Centrale si occuperà di individuare i fronti di impegno e sono certo che darà prioritaria considerazione ai temi dei giovani magistrati. Magistrati giovani, aggiungo, che vorremmo ancora più giovani, eliminando forme di reclutamento che allontanano nel tempo l’ingresso in magistratura.

Il 17 ottobre 2020 si sono tenute anche le elezioni per il rinnovo del Consiglio Direttivo dell’Associazione Nazionale Magistrati Amministrativi. E’ possibile intravedere tematiche di interesse comune e spazi di eventuale condivisione per unitarie linee di azione con gli organismi associati delle altre Magistrature, anche attraverso un rilancio del ruolo del Comitato Intermagistrature?

Le magistrature sono plurime, la funzione giudiziaria è unica. Pur nella diversità dei Corpi, esercitiamo tutti la stessa funzione. Questa è la premessa, almeno per me, per impostare un lavoro insieme alle altre Associazioni di magistrati, dagli amministrativi ai contabili ai militari. Ho già sentito i rispettivi Presidenti, con i quali peraltro ho rapporti di amicizia e di reciproca stima, e sono certo che condivideremo pezzi importanti del cammino che ci attende.

Ci sarà spazio anche per un dialogo proficuo con le associazioni di categoria della Magistratura Onoraria e dell’Avvocatura?

Poche battute ma chiare. È impensabile – è una ovvietà – il processo senza avvocati. Quindi, per me è impensabile discutere di giustizia e di processi senza muovere da una discussione franca, leale, collaborativa, con l’Avvocatura. Dobbiamo spazzare il campo anche solo dall’immagine di divisioni tra corporazioni per interessi corporativi, non foss’altro che per la drammaticità del momento che il Paese sta vivendo. Sarebbe financo ingiurioso non rendersene conto. La magistratura onoraria va restituita al suo ruolo, recuperando il senso costituzionale della sua presenza. In tanti anni, per scelte non fatte e per la politica del metter sotto il tappeto i problemi, ci ritroviamo con la precarizzazione di figure importanti del mondo giudiziario. Occorre voltare pagina. Vanno riconosciuti diritti e tutele a quanti sono stati vittime della precarizzazione, inaugurando un nuovo sistema. C’è possibilità di avere una magistratura onoraria che non ci esponga ciclicamente a dover affrontare il tema frustrante di come dare risposta a istanze legittime di tutela di precari. Questa la direzione di marcia che seguiremo, chiedendo che sia migliorato l’impianto della riforma Orlando, che proprio nella diversificazione dei due fronti aveva il dato qualificante: tutela dei diritti maturati in capo a quanti per anni sono stati mantenuti nel ruolo con proroghe annuali e successive, prevenzione del pericolo che si formino in futuro altre sacche di precariato. Occorrono però risorse finanziarie adeguate. Questo chiederemo alla Politica.

Fin qui ci siamo soffermati sulla linea di azione politica dell’Associazione Nazionale Magistrati con riferimento ai profili interni, ma non possiamo dimenticare anche la dimensione internazionale. Si assiste a sempre più frequenti attacchi all’indipendenza e all’autonomia dei magistrati in Ungheria, Romania e Bulgaria, ed è davvero allarmante la drammatica situazione che stanno vivendo i nostri colleghi polacchi. Qual è la strada da percorrere?

Siamo tutti consapevoli, e da tempo, di essere oltre che magistrati italiani, magistrati europei. Lo siamo con le nostre sentenze che sempre più diffusamente sono attuazione del diritto europeo. Lo scenario sovranazionale ci vede, per necessità, attori insieme alle magistrature degli altri Paesi. Le loro vicende ci riguardano direttamente, e l’impegno per la difesa dei valori su cui abbiamo costruito e stiamo completando lo spazio giudiziario dei diritti e delle libertà ci accomuna. Troveremo e sfrutteremo ogni occasione per dimostrare la nostra vicinanza attiva nella difesa di quei valori di democrazia e di libertà, senza che i confini nazionali possano esser limite alla nostra vocazione autenticamente europea.

La Corte di Cassazione, dove svolgi attualmente le funzioni di Consigliere, rappresenta uno snodo nevralgico per la effettiva tutela dei diritti delle persone, ponendosi al centro del dialogo con le altre Corti Supreme nazionali e sovranazionali. Cosa potrà fare l’Associazione Nazionale Magistrati per migliorarne l’efficienza senza mettere a rischio la qualità delle sue decisioni?

La pluralità di Corti supreme, conseguenza della complessità dell’ordinamento in cui siamo collocati, nazionale e sovranazionale, potrebbe far pensare ad un declino della Corte di Cassazione, in crisi di senso, stretta tra Corte Costituzionale, Corte di Giustizia, Corte Europea, e affiancata dal Consiglio di Stato e dalla Corte dei Conti nella sua alta funzione di nomofilachia. Non è così! La Corte di Cassazione ha chiaro il suo ruolo e lo sta svolgendo al meglio delle possibilità: essere fattore di stabilizzazione democratica, entro la strutturale complessità del nostro tempo, della interpretazione del diritto. Attraverso due percorsi: il confronto con le alte Corti e l’ascolto delle istanze di innovazione che provengono dai Tribunali e dalle Corti di merito. La Corte di Cassazione non è momento di conservazione ma di stabilità, non è il luogo in cui si frena il cambiamento, ma quello in cui lo si elabora criticamente, lo si verifica, lo si affina, ponendoci al riparo dal pericolo che esso rechi incertezza e imprevedibilità. In questa direzione adempie compiti di primaria importanza per la tutela dei diritti e si ripropone con rinnovata attualità come attore essenziale di una società democratica, aperta e sovranazionale.

Durante la prima fase della pandemia la raccolta fondi per l’emergenza Coronavirus, promossa dall’Associazione Nazionale Magistrati, ha raggiunto la cifra complessiva di euro 300.000,00. Quali iniziative possono adottarsi sul versante della solidarietà nel perdurare della crisi nel Paese?

Ne discuteremo alla prossima riunione. È un tema importante. Sono certo che l’Associazione saprà dare prova della solidarietà dei magistrati.

Grazie Presidente, non ci resta che formulare i migliori auguri di buon lavoro a te e a tutta la Giunta!

* Fonte: Giustizia Insieme

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Anm, Giuseppe Santalucia eletto presidente

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