La pandemia e il nostro “momento Noè” per sognare e costruire un mondo migliore
La lunga convivenza con il covid-19 ha reso ancor più chiaro a tutti come lo stile di vita e il modello sociale che anima ormai da diversi decenni il mondo Occidentale non sia più conciliabile con l’esistenza stessa del nostro pianeta.
Il nostro modello di sviluppo economico non può garantire a tutti un miglioramento della qualità della vita e rischia di mettere a repentaglio, nel lungo termine la vita stessa della terra. Un modello che, per garantire il benessere di pochi, brucia le ricchezze della natura e rende ancora maggiore il divario tra ricchi e poveri.
In pochi decenni sono crollati i due grandi modelli ideologici che hanno guidato il secolo precedente: da un lato il sistema comunista che di fatto è sfociato in forme di dittatura dello stato limitando le libertà personali, e dall’altro il sistema capitalista basato su un liberalismo incentrato sulla competizione e sull’individualismo con la ricerca della propria personale ricchezza anche a scapito dell’impoverimento di altri.
Occorre costruire un nuovo modello di sviluppo che si muova su un terreno diverso basato sull’idea di bene comune. La pandemia sta facendo riscoprire a tutti quanto è importante poter avere una sanità pubblica efficiente, come sia necessario disporre di un welfare che possa garantire una vita dignitosa, come sia determinante, in un momento di grandi trasformazioni del clima, anche operare per tutelare l’ambiente dove viviamo. Un altro aspetto sta emergendo con forza in questo tempo così difficile è la scuola, perchè solo attraverso lo studio e la creazione di nuove professionalità potremo dar luogo a un processo che porti a dar vita a nuove forme di lavoro, in grado di dare risposte ai bisogni delle persone.
C’è un legame stretto tra tutti questi aspetti che ci porta a pensare come l’individualismo sia di fatto oggi il primo vero nemico per lo sviluppo economico e sociale delle nostre comunità. Si riaffaccia con prepotenza quel “noi” che ci fa capire come le nostre vite siano intrecciate l’una all’altra e che solo nella riscoperta della solidarietà esiste un futuro e un domani.
Basta un modello che rende sempre più ricche poche persone e più povere una moltitudine di uomini e donne, basta con le grandi lobby finanziarie che guidano le scelte politiche, basta con stipendi da sogno per manager e politici a fronte di tantissimi lavoratori il cui stipendio non dà da vivere, basta con le scuole e le università di elite che aprono ai ricchi e non danno possibilità a chi non ha soldi, basta con le cliniche private da migliaia di euro per garantire interventi solo a chi ha le risorse, basta con le ingiustizie sociali che questa società non è più in grado di tollerare.
Bene comune e comunità sono i due nuovi elementi su cui fondare un nuovo modello economico e sociale. In un bellissimo libro dal titolo “Terra Futura” scritto a quattro mani da Carlo Petrini e Papa Francesco, si affrontano in modo approfondito questi due aspetti partendo dal presupposto che la nostra personale vita e il nostro personale benessere si lega a quello delle altre persone per cui il rinunciare ad alcuni privilegi e ad alcuni comportamenti permette un miglioramento della qualità della vita delle nostre società.
E’ il tema dell’evasione fiscale che impedisce per esempio un maggior finanziamento della sanità pubblica per garantire cure efficaci a tante persone, contro invece il personale “piccolo interesse” che porta ad evadere e poi magari a curarsi con i “soldi risparmiati” in una clinica privata. Oppure permette a un evasore, di disporre di soldi “illeciti” a scapito di un welfare che impedisce a tanti poveri di non percepire un aiuto economico efficace in caso di necessità.
Sono i classici casi in cui l’io vince sul noi che invece diventa il presupposto di un modo nuovo di pensare la nostra vita insieme agli altri, di distogliere lo sguardo dal nostro piccolo interesse, per aprirsi anche a chi ci vive accanto a preparare un futuro migliore a chi verrà dopo di noi.
Il nostro sistema e modello di vita, stretto nella morsa della pandemia, ha dimostrato come la “cultura dello scarto” diventa alla fine deleteria anche per i cosiddetti ricchi. Pensiamo per un attimo alle migliaia di cosiddetti “clandestini” resi tali da una legge dello stato, che si muovono senza dimora, senza lavoro, senza un tetto, senza controllo lungo le nostre strade, quanto in questo periodo, anche solo da un punto di vista infettivo, possono essere un pericolo per tutti noi, se privati del controllo sanitario.
Dunque siamo in un momento storico in cui è possibile uscire dagli errori e dai limiti dati dai sistemi che ci hanno accompagnato fino ad oggi.
Due Papi hanno segnato e stanno segnando questi momenti storici: da un lato Papa Giovanni II che ha contribuito alla fine dei regimi comunisti negli anni ’80 e ’90 e dall’altro Papa Francesco che sta portando avanti un processo di contrasto al capitalismo sfrenato, lottando contro le grandi lobbys finanziarie, per la tutela dell’ambiente e delle popolazioni e tribù che oggi rischiano di scomparire, per l’accoglienza verso i migranti, per l’aiuto ai paesi più poveri del mondo.
In un piccolo libretto appena uscito Papa Francesco ci invita a costruire una nuova strada per un mondo migliore diverso da questi due modi di pensare il mondo, che nelle loro applicazioni concrete hanno portato invece a un regresso delle libertà, a un divario sempre maggiore tra i pochi ricchi e i molti poveri, alla nascita di populismi e alla paura dell’altro, a un passo da una crisi ambientale senza ritorno.
“Ritorniamo a sognare” è il suo titolo che è un invito a sentirsi costruttori del mondo in cui viviamo.
Papa Francesco fa l’esempio del diluvio universale, spingendo a paragonare la pandemia che ci sta colpendo come il nostro “momento Noè”; ma è necessario ritrovare e salire sull’arca dei vincoli che ci uniscono, della comune appartenenza, l’arca del “noi” contro l’io che ci sta portando a sbattere contro uno scoglio dove si infrangono i sogni e il nostro futuro.
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