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Sulla mafia giapponese

Piero Innocenti il . Internazionale, Mafie, Società

yakuzaIl Giappone (oltre 126milioni di abitanti) è certamente conosciuto come potenza economica di primo piano e anche come società organizzata, efficiente, tecnologizzata.

Nel settore del controllo sociale, di polizia e dell’amministrazione della giustizia si rilevano alcuni record positivi tra cui un tasso di criminalità basso, una percentuale di risoluzione dei casi giudiziari superiore al 60%, una fitta rete di stazioni di polizia capaci di intervenire in pochi minuti dalla richiesta di soccorso, un sistema scolastico di buon livello, un reddito medio pro capite tra i più elevati del mondo con un 90% circa di famiglie che appartengono alla classe media.

C’è, tuttavia, una presenza radicata e ingombrante rappresentata da una imponente rete di organizzazioni criminali conosciute genericamente con il nome di Yakuza.

Le origini storiche dei gruppi con questo nome risalgono al Medioevo. La parola deriverebbe dalla sequenza di tre numeri (8-9-3 che si pronunciano, appunto, Ya-Ku-Za) che costituivano il punteggio più basso, perdente, in un gioco di carte chiamato Hanafuda. La combinazione sta ad indicare i perdenti, dunque, gente senza valore, che non conta nulla. Gli antenati degli Yakuza erano i giocatori d’azzardo o i venditori ambulanti che frequentavano le case da gioco dislocate lungo i percorsi frequentati da questi o gli individui che le gestivano. Gruppi di emarginati, dunque, e sembra che anche oggi i componenti delle gang criminali – almeno nei livelli più bassi – siano reclutati spesso tra i ceti che subiscono forme di discriminazione, come le minoranze coreane o i lavoratori della macellazione o della concia di pelli (i burakumin), considerati “impuri” per motivi religiosi o culturali.

Un’altra tradizione attribuisce alla Yakuza origini più nobili quando, nella seconda metà dell’Ottocento, alla caduta del sistema feudale giapponese, alcuni samurai sarebbero diventati banditi per rubare ai ricchi e donare ai poveri. Se nobili possono essere state le sue origini (e il codice degli Yakuza si ispira ancora oggi ai valori della giustizia, della fraternità, dell’amore, del dovere), bisogna dire che, ormai, è andato completamente perduto il fine della solidarietà sociale e rimane, invece, il carattere violento e la rigida struttura verticistica, al servizio dell’efficienza criminale.

Ogni gruppo Yakuza è composto da diverse decine di  membri ed è una organizzazione indipendente con a capo un boss. Il rapporto che lega il capo ai suoi affiliati è tipicamente giapponese, di fedeltà e obbedienza assolute come di un figlio (kobun) verso un padre (oyabun) e anche più stretto.

Chi commette un errore può, a volte, rimediare riconoscendolo e autopunendosi con il taglio della falange del mignolo, che è un segno di pentimento e sottomissione ancora più assoluti. L’estremità recisa viene offerta al boss avvolta in una pezzuola. La mancanza della falange e i tatuaggi sul corpo sono un segno inconfondibile di appartenenza alla Yakuza dove è sempre previsto il rito di iniziazione con il giuramento di fedeltà al capo e lo scambio di coppe di sakè con significato sacrale.

Gli Yakuza operano soprattutto nel campo del traffico di amfetamine (in Giappone sono indicate come le “droghe del risveglio”) e di altri tipi di droga, nello sfruttamento della prostituzione, nel commercio di materiale pornografico, nel gioco d’azzardo e nel racket dei trasporti, nell’usura, nell’estorsione, nel traffico di immigrati; controllano il settore dell’edilizia, della speculazione immobiliare e finanziaria, dello sport, del divertimento, riuscendo a condizionare molte aziende sia con estorsione che con la gestione di scioperi e proteste (un volume di affari stimato in oltre venti miliardi di dollari).

Negli ultimi anni, accanto al modello verticistico-familiare si è venuto affermando quello federativo, dell’alleanza tra più gruppi o famiglie, più adatto alle esigenza di una società avanzata in cui devono operare entità di dimensioni più ampie con capacità d’intervento variegate e sofisticate.

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