Usa 2020, con Biden e Harris vince il Noi delle solidarietà sull’Io del narcisismo
É il presidente che ha raccolto più voti popolari.
Dopo 25 anni un presidente uscente non è stato rieletto.
Per la prima volta una donna sarà la vicepresidente.
Trump strepita, ma dovrà lasciare la Casa Bianca, dopo aver ripulito le stanze. Le urla di queste ore servono a garantirsi uno scudo fiscale e politico, a mettere in sicurezza i suoi conflitti di interessi e le sue pendenze giudiziarie, secondo uno schema che l’Italia ha già sperimentato.
In Italia festeggiano quasi tutti, anche quelli che avevano plaudito alla rivoluzione populista trumpiana, persino quelli che andavano a lezione da Steve Bannon e compartecipavano plaudenti e in ginocchio alla campagna di fake news contro Papa Francesco.
Fa quasi tenerezza, in questo panorama di squallore etico e politico, il “povero Salvini” con tanto di berrettino pro Trump che denuncia brogli e imbroglio ; quasi un malinconico personaggio dell’ultima notte di Carnevale, quando “gli amici se ne vanno e la musica è finita..” per parafrasare Ornella Vanoni.
Nel centro non manca chi assegna la vittoria a Renzi “perché hanno trionfato i moderati”, chi segnala che ha vinto il modello coalizione caro a Zingaretti e chi ricorda che, senza l’apporto di Sanders, Trump starebbe festeggiando.
E se avesse vinto l’endiadi? L’endiadi é quella figura retorica che preferisce unire le diversità, letteralmente “uno per mezzo di due”, oppure da un inclusivo ‘sia/sia” al contrario delle oppositive segnate da un secco “o/o” che indica la necessità di scegliere in modo secco “Di qua o di lá, o questo o quello..”
Negli Stati Uniti, questa volta, ha vinto l’endiadi e la necessità di unire differenze e diversità.
Forse spinti dalla paura di non farcela, hanno deciso, per amore o per costrizione, di mettere insieme Biden, Sanders, Kamala Harris, moderati e radicali, bianchi, neri, rossi, gialli, credenti, diversamente credenti, non credenti, nord e sud…
Hanno messo insieme, quella che Papa Francesco, non casualmente nel mirino dei Trump e dei Bannon, ha chiamato la nuova alleanza tra i costruttori dei ponti.
In queste elezioni hanno lavorato e votato insieme quanti credono nell’inclusione, nell’accoglienza, nel rispetto delle diversità e vogliono superare i muri dell’odio e del razzismo.
A qualcuno non piacerà, ma ha vinto anche il Noi delle solidarietà sull’Io di un narcisismo nevrotico e impotente.
Magari, prima o poi, sarà il caso di discuterne, invece di continuare a iscrivere Biden e Kamala Harris, a loro insaputa, alle diverse correnti del centro sinistra nostrano.
Un ultima annotazione, infine, sulle giornaliste e i giornalisti che hanno ritenuto di “oscurare” Trump, mentre faceva strage di legalità e incitava alla rivolta contro il libero esercizio del voto.
Sarà appena il caso di ricordare che a nessuno, neppure ai presidenti, può essere consentita l’apologia di un reato.
Si potrà discutere sull’opportunità di farlo durante o dopo, ma non sulla necessità di contrastare affermazioni palesemente false, prive di qualsiasi fondamento.
Che sia prima, durante o poi, sarà il caso di cominciare a farlo in modo abituale anche da queste parti, per esempio quando il politico di turno, qualunque sia il suo colore, inventa i dati su immigrazione, ordine pubblico, pandemia..
Non si tratta di compiere un gesto eroico, ma di interpretare alla lettera i valori racchiusi nelle carte dei doveri, nella legge professionale, nell’articolo 21 della Costituzione.
Nulla di più, nulla di meno..
* Fonte: Articolo 21
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