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Palermo, ex giudice Saguto condannata a 8 anni e mezzo di carcere

Elvira Terranova * il . Economia, Mafie, Sicilia

silvana saguto“Colpevole dei reati a lei ascritti” anche se i capi di imputazione sono stati ridimensionati. Dopo quasi cinque ore di camera di consiglio, il Tribunale di Caltanissetta ha condannato l’ex giudice Silvana Saguto a otto anni e mezzo di reclusione, dimezzando quasi la pena chiesta dalla Procura nissena al termine della requisitoria. I pm Claudia Pasciuti e Maurizio Bonaccorso avevano chiesto la condanna a 15 anni e 4 mesi di carcere.

Cade il reato di associazione per delinquere per Saguto. Restano, invece, la corruzione, anche se non tutti i capi di imputazione, e l’abuso d’ufficio. Dunque, anche per i giudici, Silvana Saguto, avrebbe gestito i beni sequestrati e confiscati alla mafia “con interessi familistici” per “favorire amici e parenti”, come dice la Procura.

L’ex presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo è stata condannata anche a risarcire 500mila euro alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, costituitasi parte civile nel processo. Un risarcimento compreso tra 50mila e 400mila euro in favore della Presidenza del Consiglio dovrà essere versato anche da altri 6 imputati: tra questi il marito della Saguto, Lorenzo Caramma, e l’avvocato Gaetano Cappellano Seminara. Saguto dovrà anche risarcire con 50mila euro la Regione Siciliana, con 30mila il Comune di Palermo, con 30mila l’universita’ Kore di Enna, tutti parti civili. L’ex giudice è stata poi condannata al risarcimento del danno di 10mila euro a titolo di provvisionale anche nei confronti dell’imprenditore palermitano Filippo Rappa verso il quale il collegio presieduto dall’imputata aveva emesso un provvedimento di sequestro di beni.

Un duro colpo al ‘cerchio magico’ di Silvana Saguto. Sette anni e 6 mesi all’avvocato Gaetano Cappellano Seminara, il “re” degli amministratori giudiziari per i quali la Procura aveva chiesto la condanna a 12 anni e tre mesi. Sei anni e 10 mesi per l’ex professore della Kore Carmelo Provenzano. Tre anni per l’ex prefetto di Palermo Francesca Cannizzo. “Un sistema perverso e tentacolare”, lo avevano definito i pubblici ministeri Maurizio Bonaccorso e Claudia Pasciuti nel corso della requisitoria. Assolti invece Vittorio Saguto, padre dell’ex magistrato, Aulo Gigante e Lorenzo Chiaramonte, ex giudice della sezione Misure di prevenzione.

Questi gli altri condannati dal Tribunale di Caltanissetta: all’ingegner Lorenzo Caramma, marito di Silvana Saguto sei anni e due mesi di carcere; a Roberto Nicola Santangelo, amministratore giudiziario, sei anni e due mesi; all’avvocato ed ex amministratore giudiziario Walter Virga, un anno e 10 mesi; Emanuele Caramma, figlio di Saguto, che era presente in aula, sei mesi; Roberto Di Maria, preside della facoltà di Giurisprudenza di Enna, due anni e otto mesi; Maria Ingrao, moglie di Provenzano, quattro anni e due mesi; Calogera Manta, cognata di Provenzano, quattro anni e due mesi; il colonnello della Dia Rosolino Nasca, quattro anni. Per l’ufficiale della Dia la Procura aveva chiesto la condanna a 8 anni e mezzo. Assolto il giudice Lorenzo Chiaramonte, per il quale la Procura aveva chiesto 2 anni e 6 mesi di reclusione. “Il Tribunale ha restituito dignità a un magistrato serio e onesto che si è trovato al momento sbagliato nel posto sbagliato”, ha detto all’Adnkronos l’avvocato Fabio Lanfranca, legale del giudice Lorenzo Chiaramonte assolto nel processo sul ‘cerchio magico ‘ di Silvana Saguto.

Lapidario il Procuratore aggiunto di Caltanissetta Gabriele Paci. Che si limita a dire, prima di lasciare l’aula bunker: “C’e’ una sentenza, finalmente. Parla la sentenza”. E nient’altro.

Hanno parlato, invece, i legali dei condannati. “Rispettiamo la decisione del tribunale dopo un lungo dibattimento, però registriamo un dato numerico: sono più le assoluzioni che le condanne. Quindi, l’unico dato che mi sento di dire in questo momento è che si è molto ridimensionato il quadro indiziario, quanto meno per questo siamo fortemente soddisfatti”, ha detto Giuseppe Reina che, con il padre, Antonino Reina, difende l’ex giudice. “L’ipotesi accusatoria ha retto solo in parte e vi sono state assoluzioni rispetto a diversi capi di imputazione. C’è stata l’assoluzione in relazione al reato associativo. Comunque leggeremo le motivazioni”, ha invece detto l’avvocato Sergio Monaco, legale delll’ex ‘re’ degli amministratori giudiziari Gaetano Cappellano Seminara, condannato per corruzione, dai giudici di Caltanissetta, a 7 anni e 6 mesi. Per l’avvocato la procura aveva chiesto 12 anni e 3 mesi.

Silvana Saguto ha atteso la sentenza a casa, a Palermo, insieme con il marito Lorenzo Caramma. In costante contatto con i suoi legali, gli avvocati Ninni e Giuseppe Reina. Non ha voluto esserci, nell’aula bunker del carcere Malaspina di Caltanissetta, alla lettura del dispositivo. Dove invece c’era il Procuratore aggiunto Gabriele Paci, insieme con i pm Maurizio Bonaccorso e Claudia Pasciuti. In quasi tre anni di processo l’ex giudice si è fatta vedere in aula solo poche volte, quando ha reso dichiarazioni spontanee e quando ha parlato il suo legale, durante le arringhe difensive.

Secondo la Procura Silvana Saguto, accusata di abuso d’ufficio e corruzione, “era a capo di un sistema perverso e tentacolare” nella gestione dei beni sequestrati al tribunale di Palermo. Un sistema che, per i pm sarebbe stato composto da magistrati, avvocati, prefetti, vertici delle forze dell’ordine. Tutti alla sbarra. Erano più di 70 i capi di imputazione a suo carico. Alla fine della requisitoria fiume i pm Maurizio Bonaccorso e Claudia Pasciuti, alla presenza dell’allora Procuratore Amedeo Bertone, ora in pensione, avevano chiesto per l’ex giudice la pesante condanna a 15 anni e 4 mesi di carcere, oltre che l’interdizione per 5 anni dai pubblici uffici.

Per la Procura nissena, l’ex giudice “era la figura centrale di un vincolo associativo stabile” comprovato dalla “frequenza dei rapporti dei soggetti”. Accuse contestate dalla difesa del giudice, rappresentata dall’avvocato Ninni Reina. Il legale, durante l’arringa difensiva, ha invece respinto ogni accusa per Saguto parlando di un “processo anomalo, sia per quantità che per qualità”. Per i pm, invece, Silvana Saguto avrebbe “sfruttato e mortificato il suo ruolo di magistrato”. Ma “è sbagliato parlare di processo all’antimafia”, avevano detto. Già, quell’antimafia rappresentata da Silvana Saguto, sempre presente ai convegni, e che dopo il suo rinvio a giudizio è stata sconquassata. L’accusa, descrivendo quanto emerso nelle intercettazioni, aveva parlato di “un quadro desolante” in cui “ci sono pubblici ufficiali e magistrati che hanno tradito la loro funzione per interessi privati”.

Non sono mancati i colpi di scena, durante il processo. Come quella volta in cui Silvana Saguto, rendendo dichiarazioni spontanee aveva agitato un’agenda blu contenente, a suo dire, le segnalazioni fattele dai magistrati . Ma il pm Bonaccorso tagliò corto e disse: “I magistrati non hanno motivo di essere terrorizzati dal contenuto dell’agenda di Silvana Saguto, che ha portato in aula”. Già nei mesi scorsi Saguto aveva portato in aula l’agenda elencando i nomi dei colleghi che le avrebbero segnato quei nomi per le amministrazioni giudiziarie. “Qualcuno ha insinuato in maniera vergognosa – diceva Bonaccorso – che dopo che la dottoressa Saguto ha agitato l’agendina, questo processo è cambiato. Si deve solo vergognare chi ha detto questo. Il processo non è cambiato e non può cambiare”. E aveva aggiunto: “Avrei preferito che l’agenda oggi venisse depositata al ricordo ma così non è stato. Sarebbe stato più elegante che agitarla…”.

Per l’accusa “L’ufficio della sezione di Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo” “è stato trasformato in un ufficio di collocamento”, sottolinea il magistrato. E “gli amministratori giudiziario hanno avuto un comportamento predatorio”. Parole durissime, quelle del pm.

Ma in aula, durante una udienza, Silvana Saguto, rendendo dichiarazioni spontanee aveva detto: “Ho gestito le misure di prevenzione con il massimo della diligenza possibile. Gli errori sono sempre possibili”, aveva sottolineato. Saguto aveva anche criticato aspramente il modo in cui la Guardia di Finanza ha condotto l’inchiesta che ha portato al processo. “Mi sono sempre chiesta come mai hanno fatto il decreto di perquisizione solo un mese dopo la presunta dazione di denaro di Cappellano Seminara e l’hanno eseguita un altro mese dopo – diceva facendo riferimento all’accusa secondo cui avrebbe ricevuto 20 mila euro dall’amministratore giudiziario Cappellano Seminara -. Si sono presentati a casa dei miei anziani genitori vestiti tutti di nero come se dovessero prendere Matteo Messina Denaro. Hanno buttato a terra persino il libretto delle preghiere di mia madre”.

Ma, secondo il legale di Silvana Saguto, Giuseppe Reina, questa accusa, sarebbe caduta. “Deduciamo che è caduta l’imputazione che riguarda il famoso episodio della consegna di denaro avvenuta all’interno dell’abitazione della dottoressa Saguto. Questo è un dato processuale: che non è mai avvenuta alcuna consegna di denaro”.

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