“Passo avanti” anche della criminalità romena in Italia
Pare che la criminalità romena, a Bari, stia sgomitando alla ricerca di spazi maggiori nel traffico di auto rubate, stupefacenti e prostituzione e per questo motivo si teme che possa entrare in conflitto con gli albanesi e i georgiani che pure fanno “affari” in questi settori.
In realtà nel nostro Paese, pur nelle complicate dinamiche interne al mondo criminale, c’è “spazio per tutti” come lo sottolineava, nel febbraio 2018, la relazione conclusiva della Commissione Parlamentare antimafia presieduta da Rosy Bindi.
Sta di fatto, comunque, che la DIA, sin dalla data della sua istituzione (1991), nelle relazioni semestrali presentate al Parlamento dai Ministri dell’Interno che si sono succeduti nei vari governi, non abbia annotato, negli anni iniziali della sua attività, nessun problema particolare riferito alla criminalità romena e solo nel 2004 vi abbia dedicato appena sei righe affermando, genericamente, “che è rappresentata da gruppi nati spontaneamente o per legami di famiglia, che si aggregano per commettere vari tipi di reati..” (elencandone alcuni).
Sei anni dopo, nel 2010, è sempre la DIA a segnalare (stavolta dedicando cinque pagine alla criminalità romena) che “ai numerosi episodi microcriminalità diffusa (…) ad opera di singoli o piccoli gruppi che agiscono in pena autonomia..” si rilevano “strutture organizzative sempre più orientate verso modelli criminali di tipo associativo, “con un fenomeno che investe tutto il territorio nazionale ma “con una maggiore pervasività nel Nord e nel Centro del Paese, in particolare in Lombardia e nel Lazio” dove sono risultati concentrati, rispettivamente, il 32,5% e il 16,2% dei cittadini romeni denunciati per reati associativi (in particolare connessi allo sfruttamento della prostituzione e alla riduzione in schiavitù).
L’evoluzione della criminalità romena verso “strutture organizzative sempre più evolute” è annotata ancora dalla DIA nel 2015 con il dato, emblematico di quanto stava accadendo, di 331 romeni denunciati per reati associati nel secondo semestre, il numero più alto a livello nazionale di cittadini stranieri, dopo gli albanesi (471).
Una spiegazione di come sia stata possibile questa evoluzione e insediamento lo fornisce sempre la Commissione Parlamentare Antimafia nel 2108 parlando di “come il territorio, specie in certe aree urbane, sia stato spesso lasciato in balia di differenti gruppi criminali, ai quali le condizioni di accoglienza dell’immigrazione, anche regolare, hanno messo a disposizione la forza di lavoro più disperata..” aggiungendo il dettaglio su cui si sarebbero dovute fare le opportune considerazioni, di come “la quotidianità delle situazioni sia stata fatta ciclicamente marcire abdicando a un esercizio sistematico del controllo del territorio ( prima e fondamentale risorsa contro ogni tipo di criminalità)”.
Le analisi più recenti della DIA (2018) anche sulla scorta di operazioni svolte dalle forze di polizia, si sono limitate a evidenziare che “la criminalità romena ha continuato a prediligere il traffico di sostanze stupefacenti (anche se con ruoli marginali, ndr), lo sfruttamento della prostituzione, il caporalato, nonché i reati contro il patrimonio ricordando anche come la Corte di Appello di Torino, nel gennaio 2019, sulla scorta di un parere della Cassazione, ha riconosciuto le connotazioni tipiche mafiose alla organizzazione criminale romena Brigada Oarza.
L’operazione denominata, appunto, Brigada, si era conclusa nel 2013 con l’arresto di 21 romeni dediti alla commissione di vari delitti con una struttura gerarchica e metodi nella gestione delle molteplici attività criminali simili alle mafie di casa nostra. E di tutto abbiamo bisogno tranne di avere altre mafie e mafiette che presidiano il nostro Paese.
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