Andrea Rocchelli. Inizia a Milano il processo di appello per la sua uccisione nel Donbass
Si apre domani, martedì 29 settembre, a Milano, il processo di appello ai responsabili della morte del fotoreporter italiano Andrea Rocchelli, ucciso insieme al giornalista russo Andrej Mironov il 24 maggio 2014, in Donbass, mentre insieme a lui documentava gli scontri armati fra indipendentisti ed esercito ucraino.
A presiedere la Corte d’Appello di Milano ci sarà Giovanna Ichino e, per l’accusa, il sostituto procuratore Nunzia Ciaravolo. Accanto alla famiglia di Andy Rocchelli, la Federazione Nazionale della Stampa Italiana, parte civile assistita dall’avvocato Giuliano Pisapia.
IL PROCESSO DI PRIMO GRADO – La Corte d’Assise di Pavia il 12 luglio del 2019, in primo grado, ha condannato per concorso in omicidio l’unico imputato, Vitaly Markiv, a 24 anni di reclusione e a versare un risarcimento di 1,8 milioni di euro ai familiari di Andy (leggi). Vitaly Markiv, 30 anni, è attualmente detenuto per scontare la pena. Ha la doppia cittadinanza, italiana e ucraina. Viveva in Italia nel 2014, quando si arruolò come volontario nella Guardia Nazionale Ucraina. Quel tragico giorno era schierato sulla collina da cui partirono i mortali colpi di mortaio. Al processo di Pavia la pubblica accusa, rappresentata dal Pm Andrea Zanoncelli aveva presentato le prove e chiesto di condannarlo a 18 anni di reclusione. La Corte ha emesso una condanna ancora più pesante. La motivazione esprime il principio che neppure in una situazione di conflitto armato si possono uccidere dei civili, e segnatamente dei giornalisti, usare le armi senza identificare attentamente i bersagli. La condanna è stata criticata dalle autorità ucraine.
REAZIONI DALL’UCRAINA – Il 24 luglio 2019, il neo eletto presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, al telefono con il premier italiano Giuseppe Conte, disse che confidava nel processo di appello per un verdetto del tutto diverso nei confronti di Vitaly Markiv. (leggi)
Dopo queste dichiarazioni, il ministro dell’Interno ucraino, Arsen Avakov, ha dato ordine alla polizia nazionale di svolgere indagini indipendenti, affermando di voler collaborare in questo modo con le autorità italiane. Esponenti dei Radicali Italia e della FIDU (Federazione Italiana Diritti Umani) hanno espresso forti critiche alla sentenza di condanna del Tribunale di Pavia e ai giudici che l’hanno emessa e hanno svolto una loro inchiesta, raccogliendo testimonianze e presentando i risultati di questa contro-inchiesta nel documentario video “The wrong place”.
LA DIFESA – Vitaly Markiv è attualmente detenuto nel carcere di Opera. I suoi difensori sono gli avvocati Raffaele della Valle e Donatella Rapetti, che sperano di ribaltare la sentenza di primo grado, ottenendo l’assoluzione del loro cliente. Sono diversi gli elementi sui quali la difesa è pronta a combattere. «Il nostro è un appello di critica alla sentenza, e in questo appello chiediamo l’acquisizione di prove che sono state ignorate durante il primo grado – spiega l’avvocato Rapetti –. Durante le indagini e durante il primo grado abbiamo chiesto alla Corte un sopralluogo sul posto della sparatoria, perché solo recandosi sul posto è possibile comprendere qual era la visuale di Markiv e la situazione generale».
La difesa aveva svolto un sopralluogo nel Donbass prima dell’apertura del processo di primo grado, e ne aveva affermato l’importanza nell’udienza del novembre 2018, dicendo: «Solo un sopralluogo sulla cima della collina può permetterci di capire la dinamica dei fatti e la visibilità reale di Markiv, perché dalla cima della collina la strada dista ben 2 chilometri».
La distanza tra la postazione di Markiv e il luogo dove Andy e Andrej sono stati uccisi, quella porzione di terra ad Andreyevka, tra la collina Karachun e la fabbrica di ceramica Zeus, è rimasta per tutto il processo una questione centrale. «Chiediamo l’esperimento giudiziale sul fucile che aveva Markiv», continua l’avvocato Rapetti.
IL DOCUMENTARIO – È uscito intanto il documentario video che racconta la vicenda dal punto di vista della difesa. Titolo: “The Wrong Place”.
Per realizzare il documentario, un team di giornalisti indipendenti è andato in Ucraina, sul luogo dove sono stati uccisi Andy Rocchelli, Andrej Mironov e dove è stato ferito gravemente il giornalista francese William Roguelon. Il team è composto da Olga Tokariuk, Cristiano Tinazzi, Danilo Elia e Ruben Lagattolla.
“Noi – annuncia l’avvocato Rapetti – chiediamo che questo documentario sia acquisito agli atti perché contiene elementi importanti».
I FAMILIARI – Le valutazioni e le aspettative dei familiari di Andy Rocchelli e dei loro avvocati sono in netta contrapposizione. Gli avvocati Alessandra Ballerini ed Emanuele Tambuscio hanno dichiarato a Ossigeno: «La sentenza di primo grado è precisa e dettagliata. Noi auspichiamo che venga confermata. Riguardo l’acquisizione di nuove prove, e del documentario “The Wrong Place”, che indipendente non è, riteniamo che tutta questa attività la difesa avrebbe dovuto farla durante il processo di primo grado. L’attività istruttoria, comprendente anche le prove balistiche, doveva essere condotta in contraddittorio in primo grado. Così come la collaborazione delle autorità ucraine, che non c’è stata».
A PAVIA LE FOTO DI ANDY- Intanto, a Pavia, l’associazione Volpi Scapigliate, nata per ricordare Andy, organizza una mostra diffusa in vari luoghi espositivi. Dal 29 settembre al 2 ottobre, 12 diverse sedi pavesi (scuole, librerie, ristoranti) esporranno le fotografie del fotoreporter: «L’obiettivo di questa iniziativa è quello di far conoscere Andy e il suo lavoro – spiega Roberto Ferrari, presidente dell’associazione –, grazie al quale tanti hanno potuto conoscere ciò che accadeva in diverse aree del mondo. L’operato dei fotoreporter è essenziale, perché permette di dare voce a chi non ne ha».
* Fonte: Ossigeno per l’Informazione
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