Agro Pontino, la ribellione dei braccianti
Per la terza volta i lavoratori agricoli delle campagne dell’Agro pontino si fermano e scendono in piazza.
La protesta indetta da Flai Cgil, Fai Cisl e Uila Uil contro caporalato e sfruttamento è stata decisa dopo l’ennesimo infortunio mortale costato la vita a un ragazzo di 26 anni
Si sono fermati i braccianti dell’Agro pontino. E hanno manifestato oggi (28 settembre) sotto la prefettura di Latina, per chiedere “un’agricoltura di qualità, lavoro regolare e sviluppo nella legalità”.
Lo sciopero è stato proclamato congiuntamente da Flai Cgil, Fai Cisl e Uila Uil, e la manifestazione è stata organizzata insieme alle confederazioni, alla comunità sikh e all’associazionismo locale. Piazza della libertà, nonostante la pioggia intermittente e le restrizioni anti-covid, s’è comunque riempita. I turbanti variopinti dei braccianti, solo parzialmente nascosti da ombrelli e cappucci, l’hanno tinteggiata di colori accesi. Le bandiere dei sindacati si sono incrociate con quelle della comunità indiana, di Legambiente, dell’Anpi e delle altre associazioni del territorio.
È la terza volta che succede. La prima era stata per la grande manifestazione del 2016, organizzata dalla Flai Cgil con l’associazione Tempi moderni di Marco Omizzolo, che svelò al Paese intero il volto dello sfruttamento nell’agroalimentare laziale. Poi i sikh sono tornati in questa stessa piazza il 21 ottobre 2019, per un presidio contro lo sfruttamento nei campi con Flai, Uila e Fai. Oggi, sono qui per gli stessi motivi, perché poco è cambiato nel frattempo, nonostante la legge regionale contro il caporalato sperimentata nell’ultimo anno proprio nell’Agro pontino.
La scintilla che ha dato il via a quest’ultimo sciopero è stata l’ennesimo incidente nei campi. L’8 settembre scorso, un ragazzo di ventisei anni è morto in una serra a San Felice Circeo. Il datore di lavoro invece di chiamare l’ambulanza lo ha portato in ospedale, dove è deceduto. Una settimana prima, in un altro incidente, un bracciante era rimasto paralizzato. I sindacati quindi sono tornati in piazza per chiedere sicurezza e piena applicazione dei contratti e delle leggi. Prima della manifestazione. una delegazione è stata ricevuta dal prefetto Maurizio Falco. “È stato un incontro interessante – ha commentato Tina Balì, segretaria Flai Cgil nazionale, appena uscita dalla Prefettura -. Latina è un territorio particolare, e noi abbiamo chiesto garanzie. Bisogna coordinare le forze ispettive e il prefetto, in questo, deve assolutamente avere un ruolo attivo. Deve non solo ascoltare il sindacato, ma stimolare le parti datoriali affinché assumano un ruolo decisivo in questo processo. Il prefetto Falco, anche forse perché appena insediato, sembra aver capito questa esigenza. Ora ci aspettiamo atti materiali”.
Per Roberto Iovino, della segreteria Cgil Roma e Lazio, resta inoltre fondamentale “la riattivazione della task force prefettizia sulla legalità e la piena operatività della cabina di regia territoriale della rete del lavoro agricolo di qualità prevista dalla legge contro il caporalato, per favorire un incrocio trasparente tra domanda e offerta di lavoro in agricoltura”.
Gli interventi dal palco, tutti tradotti in punjabi, hanno infatti sottolineato come lo sfruttamento dei braccianti sia ancora un problema drammatico e molto diffuso da queste parti, soprattutto per la comunità sikh. Molti dei lavoratori che hanno incrociato le braccia hanno anche subito pressioni o vere e proprie intimidazioni per non partecipare. Non è un caso se, dal 7 al 20 settembre, la task force voluta dall’Ispettorato del lavoro provinciale abbia messo in atto un programma di controlli nel settore agricolo: in sole due settimane sono stati scoperti 144 lavoratori in nero, o per i quali sono stati riscontrate irregolarità. Per 98 braccianti, comunitari ed extracomunitari, è emerso un sistema di sfruttamento lavorativo che li ha visti vittime di intermediazione illecita di manodopera, e cinque aziende sono state sequestrate.
A detta del sociologo Marco Omizzolo, questo sciopero può essere un modo per stimolare le aziende sane a imporsi: “Deve essere l’ennesima occasione per stabilire una relazione con il mondo delle imprese virtuose. Ma anche l’occasione per denunciare padroni e padrini, che da troppi anni fanno fortuna sulle schiene piegate dei lavoratori. Serve una rete che coinvolga le istituzioni, l’unica strada per uscire da questa situazione”.
Della stessa opinione è Hardeep Kaur, della Flai Cgil Frosinone e Latina, che da anni si occupa di mediazione culturale e sindacato di strada nei campi dell’Agro pontino. “Servono più controlli – dice – che oltre alla funzione repressiva abbiano un valore preventivo. Serve maggiore sicurezza, è impensabile che si continui a lavorare nei campi senza alcuna protezione e formazione”.
“Siamo convinti che la legalità sia un presupposto imprescindibile per uno sviluppo di qualità – afferma invece Giuseppe Cappucci, segretario generale della Flai Cgil regionale -. Lo sciopero non serve solo a ribadire la nostra ferma lotta contro il caporalato, ma anche a protestare contro le condizioni in cui si lavora da queste parti. Nelle ultime settimane si sono susseguiti gravi incidenti di cui l’ultimo mortale. Gli episodi di infortuni, intimidazione e minacce non sono più accettabili. In una provincia che vive di agricoltura come questa bisogna puntare sul lavoro dignitoso per un’agricoltura di qualità”.
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