Colombia, minacce al senatore Cepeda, difensore dei diritti umani
Libera: “Siano attivate tutte le misure necessarie per garantire la protezione della vita e l’integrità di Ivan Cepeda e della sua famiglia”
Libera si unisce all’allarme lanciato dalla società civile colombiana, a fronte delle crescenti minacce di morte contro il Senatore colombiano, difensore dei diritti umani e familiare di vittima Iván Cepeda Castro, portavoce dell’organizzazione MOVICE – Movimiento de Victimas contra los Crimines de Estado.
Le minacce e i pedinamenti stanno mettendo a serio rischio la vita del Senatore Ivan Cepeda, della sua famiglia, del suo avvocato Reynaldo Villalba (membro del Colectivo José Alvear Restrepo) e dei suoi collaboratori, estendendosi anche contro i magistrati della Corte Suprema di Giustizia, che lo scorso 3 agosto hanno ordinato la detenzione ai domiciliari dell’ex presidente Álvaro Uribe in un processo penale in cui Cepeda si è presentato come parte offesa. Fa riflettere che tali pressioni si siano fatte più frequenti e violente proprio a seguito della suddetta sentenza. Siamo convinti che siano azioni tipiche dell’agire mafioso contro il quale da anni ci battiamo come società civile in Italia ed all’estero.
Ivan Cepeda, figura di spicco per il ruolo cruciale che ha assunto per la difesa dei diritti umani e per il suo impegno nel processo di pace in Colombia, ha un legame con Libera da oltre 10 anni. Invitato a partecipare ad iniziative nazionali ed internazionali in più occasioni, Cepeda è stato uno dei primi e principali fautori del percorso avviato da Libera in Colombia e da Alas, la rete promossa in America Latina.
Le prese di posizione del Governo colombiano e degli Stati Uniti a favore dell’ex-presidente Alvaro Uribe e contro la decisione della Corte Suprema, le oltre 50 minacce di morte e le calunnie dell’ex-presidente contro il senatore Cepeda attraverso le reti sociali, sono un forte indizio della volontà di creare le basi per un nuovo omicidio nel Paese. Chiediamo pertanto, come esponenti di una comunità internazionale vigile, da sempre impegnata a fianco delle vittime e promotrice del processo di pace in Colombia, che siano attivate tutte le misure necessarie per garantire la protezione della vita e l’integrità di Ivan Cepeda, della sua famiglia e della sua equipe, così anche dei magistrati che hanno emesso la sentenza nel processo contro l’ex presidente Alvaro Uribe.
Sintesi del caso
Il 3 agosto 2020 la Corte Suprema di Giustizia ha preso una decisione senza precedenti storici in Colombia, ordinando gli arresti domiciliari nei confronti dell’ex presidente Álvaro Uribe, all’interno di un processo per reato di corruzione di testimoni e frodi procedurali. Tutto è iniziato nel 2011 con la registrazione della testimonianza dell’ex paramilitare Juan Guillermo Monsalve. Monsalve, infatti, fa menzione del coinvolgimento di Uribe e di suo fratello Santiago Uribe nel massacro di San Roque, Antioquia, come anche nei crimini nella finca Guacharacas di sua proprietà, nella creazione del blocco paramilitare conosciuto come “Metro”, in affari legati al narcotraffico e nell’appoggio dei paramilitari durante le sue elezioni presidenziali.
Le dichiarazioni di Monsalve sono state raccolte dalla Procura Generale della Nazione e dalla Corte Suprema di Giustizia, provocando diverse conseguenze nei confronti del testimone: un tentativo di avvelenamento, un tentativo di omicidio con arma da fuoco e l’esilio della sua famiglia, fatti che hanno portato lo Stato a rinforzare le misure di protezione, a fronte anche del fatto che già erano stati assassinati altri testimoni riportanti casi simili contro l’ex presidente Alvaro Uribe e la sua famiglia.
Uribe nel 2012 ha denunciato alla Corte Suprema, senza esito, il senatore Ivan Cepeda, accusandolo di manipolare le dichiarazioni dei testimoni contro di lui. Il tribunale ha invece riscontrato una realtà ben diversa: era stato l’ex-presidente Uribe che aveva provato a manipolare i testimoni, tra cui Monsalve, per far cambiare le versioni dei fatti emerse e così poter avviare una denuncia contro Cepeda. Il 16 febbraio 2018 inizia quindi un’indagine contro Uribe, che prova un ulteriore tentativo ormai disperato di far ritrattare i testimoni, attraverso diversi mezzi di costrizione, rivelati dalle indagini del giornalista Daniel Coronell. Tale vicenda ha quindi portato la Corte Suprema ad avviare il processo per il 24 luglio contro l’ex-presidente. Il 3 agosto 2020 la sentenza della Corte Suprema ha ordinato la detenzione ai domiciliari dell’ex presidente Álvaro Uribe in un processo penale in cui Cepeda si è presentato come parte offesa.
A seguito della sentenza l’attuale Presidente dello stato colombiano Iván Duque Márquez, così come altre alte cariche pubbliche, si è espresso contro la decisione della Corte, chiedendo la libertà per l’ex-presidente. Non sono mancate anche le pressioni del Governo statunitense affinché fosse revocata la sentenza e definendo “eroe” l’ex-presidente, che ha intanto a suo carico decine di processi giudiziari aperti per gravi violazioni dei diritti umani nel Paese. Inoltre, dopo pochi giorni dalla sentenza, Uribe ha lanciato pubblicamente accuse, senza fondamento, contro Cepeda e contro la Corte Suprema, alimentando un clima di tensione e violenza.
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