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Referendum costituzionale, la nota e il dibattito di Città per l’Uomo

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Verrebbe quasi da dire: «Dove eravamo rimasti?». Un pensiero che sembra appropriato condividere nell’imminenza del referendum dei prossimi 20 e 21 settembre, riguardante l’approvazione della legge di revisione costituzionale sulla riduzione del numero dei parlamentari.

Poco meno di quattro anni sono trascorsi dalla precedente consultazione referendaria, con la quale fu respinto il disegno di riforma Renzi/Boschi, ed eccoci nuovamente chiamati a confermare o meno una nuova proposta di modifica della Costituzione.

Si tratta del quarto referendum costituzionale della storia repubblicana. Tutti indetti e tenuti nell’ultimo ventennio, precisamente nel 2001, 2006, 2016 e 2020.

Come si sa, l’iniziativa è dotata di un’inequivocabile traccia identitaria e rimonta a quella “cultura politica” che ha elevato l’antipolitica a paradigma fondante della propria azione movimentista, in funzione della presunta rigenerazione della stessa dinamica politica del nostro Paese.

La legge di revisione sulla quale gli elettori sono chiamati ad esprimersi concerne gli articoli 56 e 57 della Costituzione repubblicana, riducendo rispettivamente da 630 a 400 il numero dei deputati e da 315 a 200 i senatori elettivi: una diminuzione pari al 36,5% dei membri attualmente eleggibili. Inoltre, verrebbe sostituito il secondo comma dell’art. 59, prevedendo che il numero complessivo dei senatori a vita nominati dal Presidente della Repubblica non possa in ogni caso essere superiore a 5. Quest’ultima disposizione formalizzerebbe l’orientamento (prevalente) della dottrina costituzionalistica che già da tempo aveva attribuito all’ufficio del Capo dello Stato, non già al singolo Presidente in carica, tale prerogativa.

Siamo tutti ben consapevoli che, come nelle altre tornate referendarie su materia costituzionale, valutazioni di carattere tecnico-giuridico si giustappongono ad apprezzamenti di natura politica, condizionati dall’appartenenza (o dalla preferenza) partitica. Probabilmente, ciò è inevitabile. E così sembra accadere anche in questa circostanza. All’avvicinarsi della data della consultazione si stagliano all’orizzonte scenari assai fluttuanti, in cui vanno progressivamente allargandosi le spaccature all’interno degli stessi gruppi convergenti su culture e sensibilità omogenee.

È vero che la proposta di modifica, toccando solo tre disposizioni della Carta costituzionale, configura un intervento puntuale, ristretto e mirato, rispondente, secondo l’opinione diffusa tra i costituzionalisti, alla ratio dell’art. 138 della Costituzione. Però, non si può fare a meno di rilevare l’incidenza che la riduzione del numero dei membri elettivi, in entrambi i rami del Parlamento, potrebbe produrre rispetto alla qualità della rappresentanza, già messa a dura prova da una cangiante quanto malferma legislazione elettorale. Questa, da tempo, ha finito per precludere agli elettori un potere diretto di scelta dei candidati, i quali spesso sono sconosciuti, perché catapultati dall’alto nei collegi elettorali.

Ulteriore impoverimento della capacità rappresentativa del Parlamento deriverebbe dall’aumento significativo del numero di abitanti corrispondente a ciascun parlamentare: da 96.006 a 151.210 per la Camera dei Deputati, da 188.424 a 302.420 per il Senato.

È per altro da supporre (e da auspicare) che, in caso di prevalenza dei voti favorevoli, la promulgazione della legge di revisione possa innescare processi virtuosi di ripensamento della rappresentanza parlamentare, impegnando le nuove assemblee al riordino dell’organizzazione interna di ciascuna Camera, mediante la modifica dei regolamenti, nonché attraverso la disciplina di un nuovo sistema elettorale.

D’altra parte, non si può poi fare a meno di osservare che lo snellimento e l’efficienza delle procedure parlamentari si sarebbero potuti conseguire anche con la sola modifica dei regolamenti interni, i quali sono le uniche fonti deputate, per Costituzione, a determinare l’organizzazione, i modi e le tempistiche dei processi deliberativi di ciascun ramo del Parlamento. E per far questo non sarebbe evidentemente necessario ridurre il numero dei parlamentari.

Si può anche ritenere, come taluni osservano, che l’abbassamento numerico dei componenti delle Camere possa concorrere a migliorare il livello della classe politica, inducendo i partiti a una selezione più attenta dei candidati. Ma, all’opposto, sembrerebbe concreto il rischio che proprio la diminuzione dei seggi parlamentari rafforzi le dirigenze dei partiti stessi nella preselezione del personale politico, facendo leva su una sorta di potere di ricatto dovuto al fatto che si ridurrebbe in proporzione il numero dei candidati certi di essere eletti.

A favore della riforma ricorre un argomento spesso rilanciato anche nell’opinione pubblica, vale a dire che l’abbassamento dei membri delle Camere allineerebbe l’Italia agli altri Stati europei. Ma anche questa motivazione soggiace alla prova contraria. Basti osservare che nella madre del parlamentarismo moderno, l’Inghilterra, la Camera dei Comuni è composta da 650 membri elettivi.

Infine, il problema finanziario, sul quale molto insistono i sostenitori della riforma. A tale proposito, da fonti autorevoli si fa notare che il risparmio annuale per la riduzione dei parlamentari equivarrebbe, grosso modo, al costo di un caffè per ciascun abitante nel territorio nazionale. La domanda diventa: vale la pena procedere con il taglio numerico drastico e lineare, alla ricerca di un risparmio, tutto sommato, modesto, ma a fronte di un indebolimento della capacità rappresentativa del Parlamento?

Ecco, molto in sintesi, il quadro delle principali ragioni intorno alle quali si è addensato il dibattito tra i sostenitori del sì (approvazione) e quelli del no (rigetto) circa la legge sottoposta a referendum.

Tramite questo sintetico documento, «Città dell’uomo» intende soltanto offrire elementi conoscitivi essenziali di tale legge – con relativi vantaggi e criticità ‒ per un discernimento consapevole. A ciascun elettore/elettrice, come sempre, la responsabilità della scelta. 

Il Consiglio Direttivo di «Città dell’uomo»

5 settembre 2020

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Dibattito sul referendum costituzionale per la riduzione del numero dei parlamentari

Venerdì 11 settembre 2020, ore 18:30

Saluto
Luciano Caimi, Presidente di Città dell’uomo

Introduce e modera:
Guido Formigoni, Università IULM – Milano

Intervengono:
Camilla Buzzacchi, Università degli Studi di Milano – Bicocca
Filippo Pizzolato, Università degli Studi di Padova

L’incontro si svolgerà online.
Da computer, tablet o smartphone è sufficiente collegarsi al link: https://meet.google.com/seh-foqm-xsi

Il video dell’incontro sarà poi caricato nella pagina You Tube dell’Associazione.
Per informazioni: info@cittadelluomo.it

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