Decreto Semplificazioni: “nascosti sintomi, intatte disfunzioni”
Le oltre 100 complicate pagine di un decreto che mira a “semplificare” si limitano a nascondere i sintomi, lasciando intatte le disfunzioni.
La versione definitiva del cosiddetto “decreto semplificazioni”, entrato in vigore il 16 luglio, purtroppo conferma tutte le riserve e le preoccupazioni già espresse sul potenziale criminogeno di alcune sue disposizioni.
Per almeno anno – ma è facile profezia la prospettiva di proroghe future – la pubblica amministrazione sarà vincolata ad operare in una condizione di emergenza permanente, sancita per decreto, nella gestione degli investimenti pubblici.
Si tratta a tutti gli effetti di un azzardo: il provvedimento, nelle mani di pochi malintenzionati, può fare il gioco di comitati d’affari e organizzazioni mafiose a caccia di facili profitti. La cristallizzazione dell’emergenza si traduce infatti nell’attribuzione di poteri straordinari ai responsabili delle stazioni appaltanti in tutti quegli affidamenti di lavori, forniture e servizi, che servano a far fronte alla crisi sanitaria ed economica.
Si pone in essere una deregolamentazione selvaggia degli appalti, che renderà possibile l’affidamento diretto al di sotto dei 150 mila euro di controvalore delle opere, ossia nella stragrande maggioranza dei casi. Si mortificano trasparenza e concorrenza anche nelle gare fino a 5 milioni di euro, consentendo di assegnare i lavori senza bando e senza gara, dietro “consultazione” di pochissime imprese, con un blando vincolo di turnazione, facilmente aggirabile da cartelli di imprenditori organizzati, specie se rinsaldati dall’ombrello protettivo delle mafie.
Si attribuisce all’esecutivo il potere di nominare una pletora di commissari straordinari che “in deroga a tutte le norme e disposizioni vigenti” assegnino e gestiscano i lavori pubblici relativi alle più rilevanti opere infrastrutturali: qui prevale la sensazione di déjà-vu, trattandosi di una fotocopia del modello “cricca della Protezione civile” elevato all’ennesima potenza, lo stesso che in un recente passato si è dimostrato vulnerabile a ingenti sprechi, abusi, ritardi, corruzione. Purtroppo le patologie di fondo delle scelte amministrative che si vorrebbero sanate con un tratto di penna non vengono toccate che in modo marginale dal provvedimento
La lentezza e la complessità bizantina delle procedure, le troppe nome, ambigue, mal scritte e di difficile interpretazione, la cultura burocratico giuridico-formalistica dominante tra i funzionari sono la causa di fondo del loro atteggiamento “difensivo”, che nel migliore dei casi li porta a privilegiare l’inerzia alla qualità dell’azione amministrativa, nel peggiore è propedeutico al malaffare. Le oltre 100 complicate pagine di un decreto che mira a “semplificare” si limitano a nascondere i sintomi, lasciando intatte le disfunzioni.
Vanno nella stessa direzione la revisione delle norme su abuso d’ufficio e danno erariale, che di fatto depenalizzano gli atti illegittimi dei funzionari, lasciandoli impuniti anche quando sprecano risorse in acquisti inutili, o assegnano consulenze ad “amici” anziché valorizzare competenze interne. Se i funzionari sono riluttanti ad assumersi responsabilità, non è dotandoli di poteri arbitrari e rendendoli irresponsabili che li si indirizza verso la cura del bene comune, bensì motivandoli eticamente e rafforzandoli con adeguate competenze tecniche.
Il decreto-semplificazione punta al condivisibile obiettivo di sbloccare i cantieri e sburocratizzare il Paese, favorendo l’auspicata ripresa post pandemia, ma cancellare o aggirare gli strumenti di tutela, controllo e garanzia dei diritti – in primis quelli della sicurezza dei lavoratori e dell’ambiente – e i necessari strumenti di trasparenza contro le infiltrazioni mafiose e corruttive significa imboccare un vicolo cieco.
Rafforzare e qualificare centrali uniche di committenza le competenze professionali, applicare gli strumenti di assegnazione semplificata già previsti dal Codice, rafforzare l’Autorità nazionale anticorruzione, assicurare la “trasparenza integrale” della spesa pubblica e dei criteri di nomina: queste sono alcune tra le componenti di una politica di riforma semplificatrice lungimirante e sostenibile.
* Ufficio Presidenza di Libera
Trackback dal tuo sito.