“Amministratori sotto tiro”: 559 minacce nel 2019, coinvolte tutte le regioni
È stata presentata questa mattina, in videoconferenza in diretta sui canali Facebook e Youtube di Avviso Pubblico, la nona edizione del Rapporto “Amministratori sotto tiro”, che censisce gli atti di minaccia e di violenza nei confronti degli amministratori locali e dei funzionari della Pubblica amministrazione.
Sono 559 gli atti intimidatori censiti da Avviso Pubblico nel 2019, uno ogni 15 ore. Sono state 83 le Province coinvolte – oltre il 75% del territorio nazionale – e 336 i Comuni colpiti, il dato più alto mai registrato. Per la seconda volta nella storia di questo Rapporto sono stati censiti atti intimidatori in tutte le regioni d’Italia.
“Il fenomeno delle minacce agli amministratori locali è diventato una questione nazionale – ha dichiarato Roberto Montà, Presidente di Avviso Pubblico e Sindaco di Grugliasco – Il Rapporto Amministratori Sotto Tiro mira a far crescere questa consapevolezza e la percezione della gravità nell’opinione pubblica e al mondo politico. La crisi sanitaria generata dal Covid sarà accompagnata da una forte crisi economica e sociale che le mafie stanno già cercando di sfruttare per accumulare consenso sociale sui territori ed espandere la loro presenza nel nostro sistema produttivo e all’interno degli Enti locali. Le pressioni non mancheranno, così come il tentativo di corrompere amministratori, funzionari e dirigenti pubblici”.
“Gli atti intimidatori contro gli amministratori locali costituiscono una tematica attuale di estrema delicatezza, specie in questa fase dell’emergenza Covid – ha evidenziato il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese – Il fenomeno è in crescita e richiede attenzione perché i sindaci e gli amministratori rappresentano il punto di riferimento immediato per le comunità provate dagli effetti della pandemia. L’intimidazione contro un sindaco non solo è un’offesa alla comunità, ma è una lesione dei valori alla base del vivere civile, del principio democratica. Invito chi è vittima di tali atti a denunciare gli episodi per erodere la cosiddetta cifra oscura: noi dobbiamo conoscere per poter intervenire”.
“Un aspetto del fenomeno particolarmente delicato è relativo alle Elezioni locali: da sempre il numero delle minacce tende a crescere nei mesi primaverili, periodo di campagna elettorale – ha sottolineato Claudio Forleo, responsabile Osservatorio Parlamentare di Avviso Pubblico e curatore del Rapporto – E’ il momento in cui l’attenzione su ciò che accade nei territori deve essere massima. Le intimidazioni sono uno strumento che può essere utilizzato sia per costringere persone perbene a farsi da parte, il che accade fin troppo spesso, sia, talvolta, per agganciare candidati che, successivamente, potrebbero essere propensi a stringere rapporti collusivi e corruttivi”.
“Dal Rapporto di Avviso Pubblico emerge la presenza ingombrante dell’anti-Stato, che non è più soltanto rappresentato dalla criminalità organizzata, ma da vere e proprie forze che, attraverso la corruzione e il disprezzo delle regole, alimentano sentimenti eversivi nei confronti dei valori democratici su cui si basa la nostra Costituzione – ha evidenziato Antonio Decaro, Sindaco di Bari e Presidente di ANCI – Non è un caso che la maggior parte delle minacce venga rivolta nei mesi che precedono le Elezioni Amministrative e che i Sindaci, tra gli amministratori locali, siano i più bersagliati”.
“Temo che i numeri non miglioreranno nei prossimi mesi – ha dichiarato Matteo Ricci, Sindaco di Pesaro e Presidente Ali-Autonomie – Già prima il sindaco era il terminale di qualsiasi richiesta. Con l’emergenza Covid ha rafforzato il suo ruolo, dai cittadini è visto come riferimento quotidiano dello Stato. E a lui si attribuisce la responsabilità di qualsiasi cosa. Se le risorse europee e i fondi importanti stanziati dal governo non arriveranno v elocemente nelle tasche di lavoratori, imprese e cittadini, la rabbia sociale potrebbe avere il sopravvento. Ripercuotendosi ancora su chi è in prima linea, ovvero sui sindaci”.
AMMINISTRATORI SOTTO TIRO, RAPPORTO 2019
Campania “maglia nera” per il 3° anno consecutivo. Al Nord il primato della Lombardia
Per il terzo anno consecutivo la Campania si conferma la regione in cui si è registrato il maggior numero di intimidazioni a livello nazionale, con 92 casi censiti. Segue la Puglia che, con i suoi 71 casi, ha fatto segnare il maggior incremento di tutto il territorio nazionale rispetto al 2018. Terzo posto per la Sicilia con 66 casi censiti, regione in cui emerge un dato in netta controtendenza rispetto al recente passato (-24%).
Si conferma sui livelli dell’anno precedente la Calabria, con 53 casi. Quinto posto per la prima regione al di fuori del Mezzogiorno: 46 atti intimidatori registrati in Lombardia, che rappresentano un nuovo record per le regioni del Centro-Nord Italia. In calo i casi censiti in Sardegna (38), stabile il Lazio (36). A chiudere le prime 10 posizioni ci sono l’Emilia Romagna (29, in aumento), la Toscana (24, in netto calo) e il Veneto (23).
A livello provinciale si registra un’altra conferma: anche nel 2019 il territorio più colpito è Napoli con 41 casi, seppur in calo del 13% rispetto al 2018. Seguono Roma (24 casi), Cosenza (22), Foggia (21), Palermo e Torino (18), Salerno e Lecce (17), Milano (16) e Avellino (15).
Picco di intimidazioni in campagna elettorale
Nel 2019 è stato il mese di aprile quello in cui si è riscontrato il maggior numero di intimidazioni: 58 casi. Una conferma di come il periodo della campagna elettorale – nel maggio 2019 sono stati chiamati al voto il 48% dei Comuni italiani – sia in assoluto il più difficile. Tra marzo e maggio infatti la media delle intimidazioni settimanali raggiunge quota 12 (a fronte di una media annuale di 10,7).
Preoccupa il raddoppio della percentuale di minacce rivolte ai candidati alle elezioni amministrative (10% del totale, rispetto al 5,4% fatto registrare nel 2018). In più di un’occasione le intimidazioni hanno indotto le vittime a decidere di rinunciare alla candidatura.
Minacce sempre più dirette: sotto tiro soprattutto i sindaci
L’ 87% delle intimidazioni censite nel 2019 sono state di tipo diretto (percentuale più alta di sempre, +6% rispetto al 2018). Questo significa che gli amministratori locali e il personale della Pubblica amministrazione – dirigenti e impiegati comunali, presidenti di enti e aziende partecipate, personale di altre strutture locali – sono stati minacciati direttamente come persone. Nel 13% dei casi le minacce sono state di tipo indiretto. In questo caso sono stati colpiti municipi, uffici, strutture e mezzi adibiti al ciclo dei rifiuti, a servizi sanitari, idrici, elettrici e del trasporto pubblico. Tra le minacce di tipo indiretto, vanno annoverate anche le intimidazioni rivolte a collaboratori e parenti, come ad esempio genitori, mogli, mariti, fratelli e sorelle.
Particolarmente significativo il numero di minacce e aggressioni nei confronti del personale della Pubblica amministrazione: il 27% del totale (in leggero calo rispetto al record del 30% fatto registrare nel 2018). Tra i soggetti maggiormente presi di mira da minacce e intimidazioni dirette si confermano gli amministratori locali (56% dei casi, stabile rispetto al 2018). Tra questi, in particolare i Sindaci (57,3%), seguiti dai consiglieri comunali (22,5%, in aumento), assessori (12,8%) e Vicesindaci (5,2%).
Come si intimidisce: differenze tra Nord-Sud
e piccoli-grandi Comuni
Le aggressioni e gli incendi rappresentano le due principali tipologie di intimidazione messe in atto nei confronti degli amministratori locali (18.6% del totale dei casi censiti per ciascuna tipologia). In continuità con un trend emerso negli ultimi anni, si conferma l’aumento dei casi registrati sui social network (15% del totale), seguiti da minacce verbali (12.6%) e invio di lettere, biglietti e messaggi minatori (11.6%). Seguono i danneggiamenti (8%), le scritte offensive o minacciose (6%), l’invio di proiettili (4%), l’utilizzo di ordigni, molotov ed esplosivi (2%) e l’invio di parti di animali (1.6%).
Nel corso del 2019 ha trovato conferma un’altra tendenza, già emersa nel precedente Rapporto: una diversificazione nella tipologie di minacce utilizzate fra Nord e Sud del Paese. Gli incendi, prima tipologia di minaccia al Sud e nelle Isole (un caso su quattro), si trovano solo al 7°posto nell’area Centro-Nord (6% dei casi). Analogamente i social network, nel frattempo diventati il mezzo più utilizzato per intimidire al Centro-Nord (22.6% dei casi), scendono al quarto posto nell’area Sud-Isole (10%). La tipologia di intimidazione che “unisce” il Paese sono le aggressioni: è la seconda più utilizzata tanto nel Sud-Isole (il 19.6% dei 342 casi censiti nell’area) che al Centro-Nord (18% dei 217 casi censiti).
Un’altra evidenza che viene ribadita dai dati del 2019 è che nell’area del Mezzogiorno si intimidisce in modo più evidente, senza preoccupazione di destare allarme sociale né di subire sanzioni: il 46% delle minacce si concentra infatti nelle categorie incendi e aggressioni. Un dato che scende al 24% nell’area Centro-Settentrionale, dove l’azione cede il passo alle minacce verbali o scritte (64% dei casi), attraverso i social, le lettere minatorie e altri canali.
Suddividendo e analizzando le tipologie di minacce tra piccoli/medi Comuni (fino a 50mila abitanti) e grandi Comuni (oltre i 50mila) emerge che nei grandi Comuni – dove si concentrano oltre un terzo di tutte le intimidazioni – l’aggressione fisica è il mezzo più utilizzato (28.5% dei 200 casi censiti), mentre nei Comuni più piccoli è l’incendio (20.6% dei 359 casi censiti).
Insoddisfazione, intolleranza, estremismi:
una minaccia su tre non ha una matrice criminale
Da alcuni anni il Rapporto si sofferma anche su quelle intimidazioni che giungono agli amministratori locali e al personale della Pubblica Amministrazione da parte di comuni cittadini. Episodi e situazioni che pesano notevolmente sul numero complessivo delle intimidazioni: nel 2019 sono stati 161, il 28.8% del totale (erano il 29.5% nel 2018).
Un terzo (il 33,6%) trae origine dal malcontento suscitato da una scelta amministrativa sgradita. Un altro 18% è riferibile ad un vero e proprio disagio sociale, come la richiesta di un sussidio economico o problemi legati al tema del lavoro. Il 17% si riferisce invece a casi di “violenza politica”, estremismi di entrambe le sponde politiche. Il 13% di minacce è strettamente collegato a casi di intolleranza connessi al tema dell’immigrazione e all’accoglienza dei rifugiati.
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