Il farmaco della legalità
I preti di Trinitapoli, comune di 14mila abitanti nella provincia di Barletta-Andria-Trani, domenica scorsa, Festa del Corpo e sangue di Cristo, hanno diffuso una riflessione che sembra contemporaneamente un’esortazione e un appello.
Si rivolgono innanzitutto ai malavitosi protagonisti di una faida tra clan che negli ultimi anni ha falciato la vita di sette persone e ne ha feriti altri undici. E, ancor di più, sembra tenere sotto scacco la vita e l’attività della gente che abita da quelle parti.
Da qui nasce “il grido di una comunità ferita” che dà il titolo all’appello e invita alla conversione. Un grido che però non si rivolge solo ai delinquenti e agli omicidi ma anche alla “gente perbene” che troppo spesso si rintana dietro le persiane di casa con la facile scusa che tanto si tratta di un regolamento di conti tra loro. Non esiste “loro” e “noi” quando si tratta di una comunità.
Ed è per questo che i preti della cittadina arrivano ad affermare che “la comunità necessita del farmaco della legalità, della cura da parte di tutti e di una coscienza formata al bene comune”.
Niente di particolarmente audace e innovativo. Se non fosse che ci troviamo a parlare di Modello-Trinitapoli per dire ciò che le chiese dovrebbero dire e fare per loro stessa missione normalmente e sempre.
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