Le (complicate) procedure per l’emersione dei rapporti di lavoro irregolari
Mancano meno di quarantotto ore dall’avvio delle procedure fissate al primo giugno per favorire l’emersione dei rapporti di lavoro irregolari di cittadini stranieri presenti in Italia nell’ambito delle misure in tema di sostegno all’economia, di politiche sociali adottate con il decreto legge 34/2020.
Il Ministero dell’Interno ha diramato, tramite il Dipartimento della Pubblica Sicurezza e quello per le Libertà Civili e l’Immigrazione, due circolari esplicative indirizzate ai Prefetti e ai Questori, le due figure istituzionali particolarmente interessate dalle nuove procedure.
Gli Sportelli Unici delle Prefetture e gli Uffici immigrazione delle Questure sono, comunque, articolazioni ben rodate e con buone professionalità e siamo certi che, anche in questa circostanza, renderanno un buon servizio. Si tratta, in realtà, non solo di favorire l’emersione di lavoro irregolare, ma anche di rilasciare permessi di soggiorno temporanei (convertibili in permessi di soggiorno per motivi di lavoro subordinato esibendo un contratto di lavoro) di durata di sei mesi ai cittadini stranieri che ne erano già in possesso, scaduti dal 31 ottobre 2019 e non rinnovati né convertiti in altro titolo di soggiorno.
I datori di lavoro – italiani o cittadini di uno Stato membro UE ovvero stranieri in possesso di permesso di soggiorno UE di lunga durata – possono presentare istanza (provvedendo, prima, al pagamento forfettario di 500 euro con mod f24 per ciascun lavoratore dichiarato, somma non ripetibile nel caso in cui la procedura non vada a buon fine) per concludere un contratto di lavoro (sia a tempo determinato che a tempo indeterminato) con stranieri presenti sul territorio nazionale ovvero per dichiarare la sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare in corso con stranieri o italiani.
Per i cittadini stranieri la condizione necessaria è che dimostrino la loro presenza sul territorio nazionale da una data anteriore all’8 marzo scorso, punto verificabile attraverso i eventuali rilievi foto dattiloscopici fatti dalla Polizia, la dichiarazione di presenza ovvero siano in possesso di una documentazione (espressione generica) di data certa proveniente da organismi pubblici.
In quest’ultima categoria di “organismo pubblico” sebbene non ulteriormente specificato, l’Avvocatura Generale dello Stato con un parere espresso nell’ottobre del 2012 ha ritenuto di potervi includere anche i soggetti privati “che istituzionalmente o per delega svolgono una funzione o un’attribuzione pubblica o un servizio di pubblica utilità” (a titolo esemplificativo la certificazione medica di una struttura pubblica, il certificato di iscrizione scolastica dei figli,certificazioni provenienti dalle forze di polizia, tessere nominative dei mezzi di trasporto pubblici ecc..).
Le procedure che, come sopra accennato avranno inizio il primo giugno (nell’arco temporale quotidiano dalle ore 7 alle ore 22) e si concluderanno il 15 luglio 2020 secondo le modalità indicate nel decreto interministeriale emanato in data 27 maggio (su G.U. n.137 del 29 maggio), si applicano esclusivamente ai seguenti settori di attività: agricoltura, allevamento e zootecnia, pesca e acquacoltura e attività connesse (quest’ultimo riferimento dovrebbe consentire una più estesa applicazione di ciascun settore lavorativo); assistenza alla persona per se stessi o per componenti della propria famiglia, ancorché non conviventi, affetti da patologie o handicap che ne limitino l’autosufficienza; lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare.
Non è ammesso alla procedura in questione il datore di lavoro che risulti condannato negli ultimi 5 anni, anche con sentenza non definitiva, per alcuni delitti tra cui quello di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, dello sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite, dell’intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (il c.d. caporalato).
Allo stesso modo sono esclusi da tale procedura i cittadini stranieri che siano considerati una minaccia per l’ordine pubblico e per la sicurezza dello Stato, che risultino condannati, anche con sentenza non definitiva, per alcuni gravi delitti tra cui quelli inerenti gli stupefacenti, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina ecc..
Da rilevare, infine, che sussistendo i requisiti accennati anche i richiedenti asilo possono accedere alla procedura di emersione e questo a prescindere da quanto attiene alla richiesta di protezione internazionale avanzata.
Difficile stimare quante persone potranno emergere ed essere regolarizzate in procedure abbastanza complicate e con una produzione di documenti consistente.
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