La destinazione delle imposte
Dove vanno a finire i soldi delle tasse che pago?
Credo che ogni contribuente italiano si sia posto almeno una volta questa domanda. E probabilmente è capitato anche che questo interrogativo sia stato posto pubblicamente da non pochi evasori fiscali, quasi a giustificare il proprio comportamento non del tutto esemplare nei confronti del fisco.
Di conseguenza, bene ha fatto l’Agenzia delle Entrate a dare una risposta precisa ad ogni contribuente interessato a conoscere l’esito del proprio contributo economico. Infatti, accedendo al sito dell’Agenzia per visualizzare la dichiarazione dei redditi precompilata, è ben visibile il link “destinazione imposte”.
Il risultato è immediato: si può vedere la cifra delle imposte sui redditi effettivamente pagate, ripartita nei principali capitoli di spesa pubblica.
Per esempio, se un contribuente ha versato 5.000 euro di imposte, il sito dell’Agenzia delle Entrate indica questa ripartizione: 1.010 euro per la protezione sociale (previdenza e assistenza), 989 euro per la sanità, 569 euro per l’istruzione, 474 euro per i servizi generali della pubblica amministrazione, 448 per la difesa, l’ordine pubblico e la sicurezza, 305 euro per l’economia e il lavoro (comunicazioni, agricoltura, manifattura), 243 euro per i trasporti, 121 euro per la protezione dell’ambiente, 111 euro per la cultura e lo sport, 67 euro per le abitazioni e l’assetto del territorio.
In questo elenco si trovano anche due voci particolari: 133 euro come contributo al bilancio dell’Unione Europea e soprattutto 530 euro per gli interessi sul debito pubblico.
Il contributo al funzionamento dell’Europa è in realtà in buona parte una “partita di giro”, perché dall’Europa ritornano in Italia finanziamenti in vari settori.
Il vero spreco sta nelle imposte che finiscono nel buco nero del debito pubblico: soltanto per pagare gli interessi viene utilizzato oltre il 10% delle imposte sui redditi. Senza il debito pubblico avremmo il 10% in più di risorse da impiegare o potremmo pagare il 10% in meno di imposte.
Ad uno sguardo complessivo non sfugge anche la scarsità di risorse che vengono destinate alle case e alla tutela del territorio in un Paese con molte zone a rischio sismico elevato.
Sarebbe interessante poter avere ulteriori dettagli: per esempio quanto si spende per la difesa e quanto per l’ordine pubblico? Quanto per la cultura e quanto per lo sport? Il totale aggregato non consente di comprendere la realtà in modo adeguato.
In ogni caso occorre esprimere un plauso all’iniziativa dell’Agenzia delle Entrate, che ha reso trasparente l’utilizzo delle risorse che ogni contribuente versa per le spese collettive.
Sarebbe interessante se fosse data la possibilità a ciascuno di proporre una modifica delle ripartizioni nei vari settori, aumentando le cifre che finanziano alcune voci e diminuendone altre. Sarebbe un piccolo esercizio di democrazia economica, che andrebbe nella direzione già avviata con la possibilità di scelta introdotta nelle dichiarazioni dei redditi con l’8 per mille e altre opzioni simili.
Infine, sarebbe interessante proporre al contribuente di esprimersi su alcune ipotesi di riforma fiscale, con lo scopo di ridurre il debito pubblico e la disuguaglianza sociale: ad esempio, con un’imposta patrimoniale per i più abbienti, con l’introduzione del criterio di progressività anche per le imposte sugli utili delle società, con l’aumento della progressività delle aliquote dell’imposta sui redditi, con l’utilizzo di una base imponibile che comprenda tutti i tipi di reddito, con una drastica riduzione dell’uso dei contanti per contrastare l’evasione fiscale, ecc.
Alla fine il compito di decidere la politica economica e fiscale spetta al legislatore, ma non è vietato chiedere il parere dei contribuenti. Sarebbe anche un modo per aumentare la consapevolezza e la partecipazione ai problemi che riguardano tutti.
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