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Andrà tutto bene? Gli scenari possibili del domani

Francesco Breviario * il . Istituzioni, Società

mediciLa pandemia mondiale che stiamo vivendo ha travolto la quotidianità, creando nuove e terribili immagini e pensieri, riflessioni sulla società che viviamo e quella in cui vorremmo vivere. In queste righe, cerco di riportare quello che mi ha suscitato soffermandomi sull’organizzazione del Sistema Sanitario, sapendo che è un punto di vista personale e parziale, nella speranza che possa contribuire alla riflessione collettiva.

Da un punto di vista simbolico, trovo molto d’impatto il paradosso pieno/vuoto che si palesava nel momento in cui venivano varcate le soglie di una struttura ospedaliera: da una parte percepivi, risuonavano nella mente e nei racconti i reparti stracolmi all’inverosimile dove la dedizione e la presenza del personale impegnato era sottoposto a turni massacranti con uno stress psico/fisico al limite della resistenza umana; dall’altra parte, però, eri immerso in un vuoto surreale nel resto della struttura: vuoti i corridoi, gli ambulatori, l’ufficio prenotazioni, il servizio prelievi e altro. Reparti pieni, in cui però l’emergenza arrogante imponeva una legge di distacco forzato da parenti e amici, fino ad arrivare alla solitudine estrema nella morte. Corridoi vuoti ma colmi dell’assenza dei pazienti affetti da altre patologie, interdetti all’accesso perché non COVID.

Sorgono spontanee domande sul come è possibile che sia avvenuto questo e altri paradossi. Nella consapevolezza che la pandemia causata dal SARS-CoV-2 è stato un acceleratore, si potrebbe dire un pettine che ha evidenziato dei nodi già presenti e non li ha creati. E in questo tentativo, proporre una chiave di lettura parziale ma che ponga una prospettiva per far tesoro di questa esperienza dolorosa.

Innanzitutto bisogna partire dalla fragilità e frammentarietà di un Sistema Sanitario Nazionale (SSN) che non può aspirare ad essere la sommatoria dei 21 Servizi Sanitari Regionali (SSR). Il Diritto alla Salute, riconosciuto e sancito dalla nostra Costituzione, va garantito in tutto il Paese uniformemente non solo stabilendo i principi che valgano da Aosta fino a Trapani (i cosiddetti LEA, i Livelli Essenziali di Assistenza), ma anche nelle sue strategie di attuazione. Altrimenti continueremo ad avere Regioni che agiscono in modo scoordinato di fronte a malattie che non si curano di confini provinciali, regionali o nazionali.

Inoltre il SSR Lombardo ha una struttura peculiare, in cui Pubblico e Privato convivono come in nessun’altra regione. Qui non si tratta di cadere nella trappola di schierarsi per l’uno o per l’altro sistema ma, seriamente e non pregiudizialmente, bisogna rivedere per il futuro questo rapporto partendo dal fatto che la presenza del Privato in un territorio ha senso di esistere nella misura in cui risponde alla domanda di un bisogno esistente in quella determinata popolazione. Non può essere il Privato a dettare o creare la domanda, come in una qualsiasi altra economia: il bene salute non è produzione di bulloni e chi meglio lo fa o lo vende più si aggiudica il mercato. Va quindi ripensata la logica dell’accreditamento che non dev’essere una semplice equivalenza tra prestazioni e conseguente pagamento. Il termometro vero risiede nella programmazione e quindi nell’accreditamento delle strutture che intendono erogare quel tipo di progettualità.

Un capitolo a parte ma non estraneo al problema riguarda la fiscalità.

Se lo Stato deve essere il primo attore a garantire il diritto costituzionale alla salute, il sistema deve trovare le risorse economiche per poter realizzare ciò e quindi la fiscalità generale diventa elemento essenziale a questa realizzazione. Un esempio su tutti: a chi ha beneficiato di cure in questa emergenza non è stato richiesto di esibire la cartella del pagamento delle tasse, pertanto anche se evasore fiscale è stato curato da un Servizio sanitario pubblico pagato con i contribuenti in regola. Tutto questo deve finire. La lotta all’evasione fiscale se non è fatta per eticità e giustizia, che basterebbe già di per sé, venga fatta almeno per l’interesse economico di finanziamento al costo di un servizio sanitario degno di una nazione come l’Italia.

Altro scenario, gli investimenti.

Negli ultimi decenni abbiamo assistito a un taglio evidente del SSN sotto ogni punto di vista: anche questo deve finire. Servono nuove politiche radicali sulla sanità, investimenti che vanno dal personale sanitario alle attrezzature; dalla ricerca alla creazione di nuovi posti letto di Terapia intensiva; dalle strutture specializzate per epidemie alle specializzazioni professionali; dalla prevenzione alla cura nel territorio. Preme in particolare di sottolineare l’importanza di investire nella rete dei servizi distrettuali, come la medicina generale. Un territorio che passa da spettatore a protagonista della cura prima che si debba ricorrere alla terapia intensiva e dopo l’evento acuto, garantendo riabilitazione motoria, cardiologica, respiratoria e sostegno psicologico al paziente e ai famigliari. Un ruolo centrale di questa erogazione territoriale diventano le figure mediche infermieristiche e di supporto per un rilancio senza induci di una assistenza domiciliare vera ed effettiva. Sostenendo il territorio attrezzandolo di dispositivi di sicurezza, farmaci, strumenti e competenze per ora arroccate negli ospedali. Insomma una programmazione ribaltata rispetto al passato.

Ultima considerazione: attenzione alla corruzione.

Non possiamo immaginare per il futuro immediato che le scelte fatte continuino a essere prese in deroga a qualsiasi regolamento, perché in emergenza. Se sono sopportabili alcune necessarie e veloci scelte fatte in questi momenti particolari, è altrettanto auspicabile che la normalità non diventi una scusa per bypassare normative di controllo e di efficacia che devono rimanere azione di prassi normale.

La sanità, infatti, rappresenta ancora oggi un investimento pubblico di rilevanza imponente nel nostro Paese. basti pensare al dato che il 70-80% di un bilancio regionale riguarda la sanità. E sarebbe ingenuo pensare che questa enorme fetta di soldi non faccia gola alle mafie e ai loro loschi e sporchi affari. Bisogna vigilare e perseguire i malaffari, sapendo che dove sono presenti questi, non c’è garanzia del diritto alla salute di tutti, ma il tornaconto di pochi al discapito di molti. Anche qui vale la stessa logica che richiamavo per la lotta all’evasione fiscale: se il combattere il malaffare non si fa per etica e giustizia si faccia almeno per un tornaconto economico dello Stato, lo Stato controlli ciò che eroga per un servizio al bene dei propri cittadini.

In conclusione, un invito che ha percorso come un filo rosso il ragionamento che ho condiviso con voi: la Politica deve riprendersi a pieno titolo la gestione della sanità del domani, ne va della credibilità della stessa Politica e della Salute di tutti, progettando e programmando senza interessi o seguendo l’umore del momento.

P.S.: un particolare ringraziamento va all’amico Giorgio, giovane medico, per la disponibilità e l’attenzione nel aver condiviso insieme queste idee.

* Referente Libera Bergamo

Fonte: Newsletter settimanale di “LongueloComunità”, mensile della parrocchia di Longuelo, quartiere di Bergamo

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