I sequestri e le confische di beni alle mafie
Alcuni giorni fa il Gip di Napoli, su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, ha emesso un provvedimento di sequestro preventivo di beni ex art.321 del codice di procedura penale nei confronti di una persona collegata al clan camorristico Mallardo e indagata per associazione di tipo mafioso ed altri gravi reati.
La Guardia di Finanza ha, così, proceduto, in sei province, al sequestro di 112 immobili, 15 società, conti correnti, 4 autovetture di grossa cilindrata, 2 scuderie, per un valore complessivo di circa 50 milioni di euro.
Si tratta di un ingente patrimonio che va ad aggiungersi a quelli sequestrati alla camorra che ammontano, secondo i dati della DIA, nel periodo 1992/2019, a complessivi 5.849.209.967 euro di cui soltanto 1.526.152.985 confiscati in base a normative del 1992 e del 2011, riguardanti provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa.
La camorra, peraltro, è stata, tra le mafie, quella oggetto di particolare attenzione investigativa, se si pensa alle 3.192 ordinanze di custodia cautelare – il numero maggiore – emesse nel suindicato arco temporale nei confronti di persone accusate di appartenere al sodalizio criminale.
La ‘ndrangheta, con 2.797 provvedimenti di custodia cautelare si posiziona al secondo posto seguita da cosa nostra con 2.182 e dalla criminalità organizzata pugliese con 808.
Sono, infine, 1.599 le custodie in carcere emesse dall’autorità giudiziaria nei confronti di appartenenti ad “altre organizzazioni criminali” (incluse quelle straniere), per un totale complessivo di 10.578. Non poche anche se il dato del 2019 si discosta solo di poche unità rispetto al dato riepilogativo del periodo 1992/ 2018.
Tornando alla montagna di beni sottratti alle mafie, un totale di oltre 17,5 miliardi di euro di cui 10,5 confiscati secondo il codice delle leggi antimafia del 2011 e 8,2 miliardi di cui oltre 1 miliardo confiscato in applicazione di norme del 1992, la porzione maggiore di beni accumulati illecitamente ha riguardato cosa nostra. Alla mafia siciliana, infatti, sono stati sequestrati beni per oltre 13 miliardi di euro di cui circa 7,3 miliardi confiscati.
Un lavoro complesso per l’Agenzia nazionale (ANBSC, istituita una decina di anni fa) che deve amministrare questi beni (circa settantamila tra mobili, immobili, beni finanziari e aziende) e la cui sede principale è a Roma ma con sedi secondarie a Milano, Napoli, Palermo e Reggio Calabria.
Ci sono ancora oltre 17mila immobili in “sospeso”, perché la confisca non è definitiva o perché non si è riusciti ancora a dare una destinazione definitiva (al patrimonio dello Stato, da vendere, da trasferire agli Enti per la collettività).
Sarebbe stata un’iniziativa apprezzabile se il Governo, ogni eccezione rimossa, con provvedimenti straordinari (come ha giustamente fatto in questo lungo periodo di emergenza sanitaria), per bloccare lo sperpero di ricchezza, avesse dato un input definitivo a questo settore che pure era stato “ritoccato” già nel 2017 dopo alcuni episodi di mala gestione e di corruzione.
Tornando al valore dei beni sottratti alle mafie nei ventisette anni sopraindicati, alla mafia calabrese, la più pericolosa e quella con maggiori proiezioni in UE e nel mondo, sono stati tolti beni per circa 3,7 miliardi di euro di cui poco più di 2 miliardi confiscati. Circa 255milioni di euro il valore dei beni sottratti alla criminalità organizzata pugliese di cui circa 225 milioni confiscati mentre alle “altre” organizzazioni criminali sono stati confiscati 475 milioni di euro sul totale di 1,5 miliardi sequestrati.
Una sollecita definizione delle pratiche relative a questa “ricchezza” in parte “immobilizzata” (in qualche caso deteriorata irrimediabilmente) da troppo tempo servirebbe a far entrare nelle casse dello Stato qualche soldo in più di cui c’è un gran bisogno.
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