Riorganizzazione delle forze dell’ordine per il post Covid-19
Al termine di un’attività di studio, di proposte e di analisi durata ben 41 mesi e sviluppata da un apposito Gruppo di lavoro istituito nell’ottobre del 2016 dal Capo della Polizia Gabrielli, è stato messo a punto l’Atto Ordinativo Unico (D.M. 6 febbraio 2020) che ridefinisce l’intera struttura del Dipartimento della Pubblica Sicurezza (Ministero dell’Interno).
Si tratta di un corposo decreto ministeriale (ben 114 articoli, suddivisi in sei Titoli) e che è diventato (parzialmente) efficace dal 10 aprile scorso, decorsi i trenta giorni dalla sua registrazione presso la Corte dei Conti ma che necessita di ulteriori 150 giorni (scadenza, quindi, il 10 settembre p.v., termine già prorogato al primo dicembre in relazione alle misure sospensive di provvedimenti amministrativi per la nota emergenza ) per il suo svolgimento attuativo che verrà stabilito da un provvedimento ad hoc del Ministro dell’Interno su proposta del Capo della Polizia-Direttore Generale della Pubblica Sicurezza.
L’esigenza di tale complesso “processo riformatore” è collegata “all’evoluzione del quadro degli “agenti” della minaccia che, sia sul versante della criminalità, sia su quello del terrorismo, si sono rivelati capaci di saper sfruttare le nuove opportunità che si presentano in una società aperta, caratterizzata da un’informatizzazione spinta”.
La rimodulazione del Dipartimento della Pubblica Sicurezza è avvenuta per tappe con altri decreti ministeriali del 2017 e 2018 che hanno già interessato alcune Direzioni Centrali e uffici equiparati (tra questi, la Direzione Centrale di Prevenzione, quella Anticrimine, l’Ufficio Centrale ispettivo con la nascita dell’Ufficio Affari Interni, la riorganizzazione del Servizio della Polizia Postale e delle Comunicazioni, la nuova Direzione Centrale per gli Affari generali e le Politiche del Personale della Polizia di Stato).
Altre esigenze naturalmente hanno spinto a questo processo di riorganizzazione come quella di “rilanciare l’immagine del Dipartimento come “casa comune” delle Forze di polizia” (punto sul quale i Carabinieri, in particolare, hanno sempre indugiato), quella di conseguire alti livelli di ottimizzazione negli impieghi delle risorse pubbliche, quella di semplificare i processi decisionali innanzi a “fenomeni emergenti suscettibili di incidere sulla tenuta dell’ordine e della sicurezza pubblica”.
La rapidità delle risposte delle Autorità di pubblica sicurezza, nazionale e provinciali, è un elemento chiave per un’azione adeguata di contrasto ad una criminalità che presto tornerà spavalda con la ripresa di una maggiore circolazione delle persone e delle attività commerciali nella c.d. fase 2 dell’emergenza epidemica.
In questo scenario il Dipartimento della Pubblica Sicurezza, con una compagine organizzativa aggiornata e con “processi decisionali più fluidi del Vertice” (il Capo della Polizia nella sua funzione di Direttore Generale della Pubblica Sicurezza), deve svolgere quel ruolo fondamentale della complessa “macchina” dell’Amministrazione della pubblica sicurezza ripartendo dalle quattro missioni attribuite dalla legge 121/1981 e, in particolare su due di esse e cioè l’attuazione della politica dell’ordine e della sicurezza pubblica ed il coordinamento tecnico operativo delle forze di polizia.
Si insiste, dunque, sulla funzione del coordinamento e della pianificazione interforze (viene anche potenziato l’Ufficio preposto a tali funzioni anche per la realizzazione di progetti per la sicurezza urbana) come modello in grado di assicurare margini di efficienza nella programmazione e gestione dei processi di spesa (e l’attivazione della “centrale unica degli acquisti” per tutte le procedure di appalto, anche di quelle interforze, è una delle interessanti novità per il Dipartimento della Pubblica Sicurezza che deve gestire un budget annuale di circa 8 miliardi di euro.
“Fase 2” e criminalità di strada
Pochi i momenti di inattività per le forze di polizia in questi primi mesi del 2020 in cui la delittuosità (denunciata), soprattutto a marzo ed aprile, è scesa a livelli bassi, quasi insignificanti, mai registrati in passato a causa delle stringenti limitazioni imposte alla mobilità delle persone e dei controlli su tutto il territorio nazionale delle forze di polizia e di quelle locali per verificare l’osservanza delle disposizioni emanate per contenere l’epidemia da Covid-19.
E sotto questo aspetto l’impegno è stato davvero notevole per la capillarità e la continuità dei servizi di polizia che, alla fine, hanno contribuito certamente al contenimento del contagio e anche scoraggiato quei pochi delinquenti che avevano avuto la pessima idea di andare lo stesso a rubare o a rapinare e che sono stati neutralizzati rapidamente.
Ma, in previsione della cosiddetta “fase 2”, di riapertura cioè, sia pure graduale come il buon senso suggerisce, delle molteplici attività commerciali e produttive, c’è da starne certi riprenderanno anche quelle della criminalità di strada (quelle della criminalità organizzata non si sono mai fermate) che dovrà anche “recuperare” il tempo perduto durante l’inattività forzosa.
Torneranno, così, a lievitare le segnalazioni sui mattinali di buona parte degli uffici/comandi delle forze di polizia con l’auspicio che possano essere di più anche gli autori scoperti dei delitti denunciati.
Un punto quest’ultimo sul quale fare qualche riflessione perché un rapporto molto basso tra delitti denunciati e scoperti influisce sulla fiducia dei cittadini nelle istituzioni e li scoraggia a denunciare. Senza contare la baldanza che cresce nei malviventi che sentono, sostanzialmente, di non rischiare quasi nulla.
Così, esaminando alcuni dati riportati nel report elaborato dagli uffici del Dipartimento della Pubblica Sicurezza in occasione del 168mo anniversario della fondazione della Polizia di Stato (aprile 2020), si rileva che sul totale dei furti in generale denunciati (263.355) nel 2019 su tutto il territorio nazionale, quelli i cui autori sono stati scoperti (e quindi denunciati all’autorità giudiziaria) sono stati soltanto 18.491, il 7% circa.
La percentuale, poi, scende addirittura al 5% se riferita ai furti in abitazione (1.501 scoperti sul totale di 30.048 denunciati), al 4% dei furti con destrezza (i borseggi) ossia 1.606 scoperti sul totale di 40.509 denunciati, al 10% di quelli con strappo (scippi) e cioè 447 sul totale di 4.329 denunciati.
Maggiore attenzione investigativa, basata anche su elementi raccolti in sede di sopralluoghi della polizia scientifica, sembra rilevarsi nelle rapine in abitazione (fenomeno che suscita sempre grande allarme sociale), atteso che sul totale di 604 eventi, nel 45% dei casi (284) sono stati identificati gli autori e anche nelle rapine in strada la percentuale è del 32% ossia 1.797 delitti scoperti sul totale di 5.613.
Risultati molto soddisfacenti relativamente alla scoperta delle associazioni per delinquere, 126 su 130, e su quelle di “tipo mafioso”, 119 su 119, mentre quel modesto 11% circa di danneggiamenti seguiti da incendi scoperti (171 su 1.477), nei contesti ambientali in cui si sono sviluppati, sono un brutto segnale di presenze ingombranti della criminalità organizzata e mafiosa.
Molto bassa, infine, la percentuale (3%) dei delitti informatici scoperti (330) sul totale (9.005) dei denunciati, ambito nel quale il Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni, riorganizzato con un provvedimento ministeriale del maggio 2018, saprà sicuramente incidere maggiormente con l’utilizzo di strumentazioni sempre più sofisticate anche in sinergia con organismi di polizia internazionali.
Già a fine maggio prossimo, se ci sarà stato ai primi del mese, un allentamento delle restrizioni sulla mobilità delle persone e della ripresa delle attività commerciali, si potranno rilevare gli aumenti dei livelli di criminalità comune che riporteranno la media giornaliera dei delitti denunciati intorno ai valori, circa 6.500, degli ultimi anni.
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