Una riforma digitale contro mafie e corruzione
Tra furbastri e distratti vince la mafia, ma ormai il “Re” è nudo e chi non coglie l’occasione rischia di essere complice.
Mi spiego. La situazione vede da un lato schierate le mafie pronte a fare affari sfruttando l’emergenza Covid-19, dall’altro schierati gli imprenditori che per ripartire hanno bisogno degli aiuti di Stato e ne hanno bisogno al più presto, diversamente la tentazione di cedere alle lusinghe del denaro criminale sarà per molti irresistibile.
Di fronte a questo tema il dibattito pare polarizzato tra chi, come Forza Italia (!), dice (tenetevi forte!): sostituiamo le procedure antimafia e antiriciclaggio con autocertificazioni e chi dice: sarebbe una follia rinunciare a questi presidi di legalità proprio ora che il rischio è maggiore. Che fare?
Abbiamo letto sui giornali che la “app” che dovrà tracciare in tempo reale i movimenti ed i contatti di milioni di individui per tutelare la salute pubblica dai contagi è stata individuata in una (1) settimana: ecco il “Re” nudo.
L’epidemia, ci piaccia o no, ci dimostra la potenza del digitale, la tecnologia informatica è in grado di farci vivere in una “second life” permanente (google in 0,39 secondi mi trova oltre 4 miliardi e 600 milioni di risultati se digito “second life”, chiaro?) e noi stiamo ancora a discutere di certificati contro autocertificazioni?! Stiamo ancora ad auspicare l’unificazione delle banche dati a fini investigativi, la razionalizzazione delle stazioni appaltanti, una maggiore trasparenza amministrativa…
Al magistrato Gian Carlo Caselli sono debitore di tante lezioni, ma tra tutte una mi torna utile ora, quella sulla “inefficienza efficiente” cioè sulla perversa capacità di chi, avendo il potere di risolvere situazioni complesse, le lascia sapientemente ingarbugliate perché proprio nel mantenimento della inefficienza del sistema sta la possibilità di lucrare e accumulare rendite di posizione: potere.
Contro mafie e corruzione lo Stato è come un congegno dal quale spuntano fili che dovrebbero collegarsi ed invece si sfiorano soltanto facendo scintille: penso alla UIF, al Comitato per la sicurezza economica del MEF, alla Guardia di Finanza, agli ispettori, alla DIA, alla DNA, al DIS, alla cabina di regia presso il Viminale, al DAP, ai Tribunali per le misure di prevenzione, a quanto previsto dal d.Lgs 231 del 2007 (che per altro recepiva normativa europea!) eccetera, eccetera.
Chi potrebbe con pazienza ed intelligenza collegare questi fili per riformare una volta per tutte la capacità digitale del nostro Paese nel contrasto a mafie e corruzione?
La Commissione parlamentare antimafia.
Perché? Perché è il naturale luogo di ascolto e sintesi tra i vari “pezzi” dello Stato, perché è l’Istituzione più autorevole in materia che, non dovendo gestire l’emergenza, potrebbe occuparsi del futuro. Un futuro migliore, più libero e giusto, dove mafiosi e corrotti non abbiano ossigeno per trafficare.
Non sarebbe bella una politica così?
* Consulente della Commissione parlamentare antimafia
Vittime di mafia, racket e usura: lo Stato non perda questa occasione, forse l’ultima
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