Una crisi sistemica, nulla dovrà essere come prima
Mistero della politica.
Dicono gli esperti che la discesa della curva dei contagi è lenta e sono preoccupati per le regioni del Nord ma i governatori del Nord e la Confindustria vogliono riaprire subito.
Siamo nel pieno della tempesta, ci ricorda l’Oms. Altro che fase due.
Tutto il dibattito è incentrato però sulla fatidica data della riapertura e poco sul come riaprire. Sappiamo che l’organizzazione del lavoro dovrà cambiare per garantire la salute dei lavoratori ma dovrà cambiare anche l’organizzazione delle città, a cominciare dalla mobilità.
Che senso hanno il distanziamento sociale e le mascherine nei luoghi di lavoro se poi autobus e metropolitane si riempiranno di persone? Il punto non è quando ma come ripartire e soprattutto è ipotizzabile un nuovo modello di sviluppo? È ipotizzabile un intervento attivo dello Stato?
L’errore più grande sarebbe quello di ripartire da dove ci eravamo lasciati. Si è detto, in queste settimane, che nulla sarà come prima: nulla deve essere come prima. Questa è una crisi sistemica. Dobbiamo pensare ad un nuovo welfare.
Le due velocità non sono più immaginabili per il rilancio del nostro Paese. Prima il Nord e poi gli altri. Al Sud non possono bastare redditi di cittadinanza allargati e ammortizzatori sociali. Bisogna investire nel Mezzogiorno come nel Nord. Soldi pubblici per un’economia legale. Ricerca, innovazione, formazione, scuola ma anche impianti produttivi, quella “Green economy”, quell’economia circolare, ecosostenibile, di cui abbiamo urgentemente bisogno.
Sono settimane che ci diciamo “prima del profitto bisogna pensare alle persone”. Ecco, la sfida è proprio questa.
A quelle migliaia di persone che in questi anni sono emigrate al Nord dobbiamo offrire la possibilità di tornare a casa. Dobbiamo dare risposte a quelle migliaia di lavoratori del cosiddetto sommerso che rischiano più degli altri. Regolarizziamo gli irregolari. È tempo che gli invisibili escano dal buio.
Prima che sia troppo tardi.
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